Storia

Ellis Island, triste porta di accesso per i migranti al sogno americano

La storia di Ellis Island: isola nata come centro di coltivazione delle ostriche e diventata centro di smistamento dei migranti in arrivo a New York.

Il 29 novembre 1954 chiudeva dopo 62 anni di attività Ellis Island, il centro di controllo dei migranti di New York. Principale frontiera d'ingresso per gli immigrati che sbarcavano negli Stati Uniti, il centro di smistamento, inaugurato il 1° gennaio 1892, aveva accolto più di 12 milioni di persone e raggiunto il picco di arrivi nel 1907, con un milione e 4.756 immigrati. Ellis Island era tristemente famosa per il severo regolamento, che rifiutava l'ingresso negli Usa a "vecchi, deformi, ciechi, sordomuti e a tutti coloro che soffrono di malattie contagiose, aberrazioni mentali e qualsiasi altra infermità". Vediamo come l'isola per la coltivazione di ostriche, si è trasformata nel più grande centro d'immigrazione degli Stati Uniti.
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"Succedeva sempre che a un certo punto uno alzava la testa… e la vedeva. È una cosa difficile da capire. Voglio dire… Ci stavamo in più di mille, su quella nave, tra ricconi in viaggio, e emigranti, e gente strana, e noi… Eppure c'era sempre uno, uno solo, uno che per primo… la vedeva. Magari era lì che stava mangiando, o passeggiando, semplicemente, sul ponte… magari era lì che si stava aggiustando i pantaloni… alzava la testa un attimo, buttava un occhio verso il mare… e la vedeva. Allora si inchiodava, lì dov'era, gli partiva il cuore a mille, e, sempre, tutte le maledette volte, giuro, sempre, si girava verso di noi, verso la nave, verso tutti, e gridava (piano e lentamente): l'America". (Novecento, Alessandro Baricco). A quel punto New York era lì, a portata di mano, ma prima bisognava superare un ostacolo non indifferente: le ispezioni sanitarie e gli interrogatori di Ellis Island, la porta (poco) dorata dell'America.

Casa di accoglienza-prigione. Quest'isolotto che si trova nella Upper New York City, all'ombra della Statua della Libertà, deve la sua fama al fatto di essere stato, a partire dal 1892, la sede della stazione federale per l'immigrazione degli Stati Uniti d'America, una "casa di prima accoglienza-prigione" rimasta attiva fino al novembre del 1954. Durante gli anni in cui era in funzione più di 12 milioni di emigranti da tutto il mondo sono passati di qui, portando con sé generazioni di storia e pratiche culturali che hanno arricchito non solo New York e il New Jersey, ma gli interi Stati Uniti d'America.

L'isola delle ostriche. Originariamente Ellis Island era uno dei tre isolotti (che sarebbero poi diventati Black Tome Island e Liberty Island) circondati dai redditizi banchi di ostriche che da secoli sfamavano la popolazione locale.

I primi coloni olandesi che s'insediarono nella regione le battezzarono Oyster Islands (Isole delle ostriche) e le sfruttarono fino a quando lo scarico di rifiuti proveniente dalla costa ne distrusse le coltivazioni. In seguito la costruzione della linea ferroviaria smosse le acque della baia cancellando una delle tre isole e portando la costa del New Jersey più vicina alle restanti due. Ma Ellis Island, o Little Oyster Island, come era nota fino al suo acquisto alla fine del '700, riuscì a sopravvivere. L'uomo che la comprò nel 1785 era un certo Samuel Ellis, mercante e colono newyorkese originario del Galles.

Lo Stato di New York invece entrò in possesso dell'isola solo nel 1794, usandola prima come arsenale federale, poi come base militare per ottant'anni. Dopo la fine della Guerra di Secessione, gli Stati Uniti, usciti provati ma rafforzati dal conflitto, cominciarono ad attirare un flusso enorme di immigrati da oltreoceano. Nei tre decenni antecedenti l'apertura del centro di Ellis Island, più di 8 milioni di migranti erano stati identificati e vagliati dallo Stato di New York nel Castle Garden Immigration Depot che si trovava a Manhattan, ma a partire dal 1880, dato il grande afflusso, la questione divenne di competenza federale.

Ellis Island - Immigrati clandestini
Un gruppo di immigrati clandestini saluta la Statua della Libertà, prima di essere rimpatriato (1952). © Everett Collection / Shutterstock

New York: miraggio di una nuova vita. Era ormai chiaro che la grande città sulla costa orientale era un miraggio di libertà in grado di attirare rifugiati da tutto il mondo, quindi il governo federale decise di costruire una nuova stazione per il controllo dell'immigrazione, pensata per arginare l'arrivo dei potenziali cittadini provenienti dal mare. Per la costruzione del sito venne accantonata una cifra enorme per l'epoca: 75mila dollari (che oggi corrisponderebbe a un milione e mezzo di dollari). Per la sua posizione ideale, fra New York e il New Jersey, Ellis Island divenne subito candidata a ospitare un centro di smistamento immigrati, ma le dimensioni dell'isola non bastavano a ospitare l'imponente struttura che aveva in mente il governo americano.

Una struttura imponente. Iniziarono quindi tutta una seria di interramenti tramite lo scavo di pozzi artesiani che venivano riempiti di detriti per estendere artificialmente la superficie dell'isola (la maggior parte della terra proveniva dallo scavo dei tunnel per la metropolitana di New York). I lavori richiesero anni, ma quando furono terminati l'area dell'isola era raddoppiata.

Il primo edificio eretto era un'ampia struttura su tre piani, e non appena venne inaugurato, il 1° gennaio del 1892, più di 700 immigrati passarono subito da lì per essere controllati prima del loro ingresso negli Stati Uniti.

Alla fine del primo anno di attività, già 450mila persone erano sbarcate sui moli di Ellis Island. Ma il severo sistema di controlli non fermò il flusso di migranti che decidevano di correre il rischio di attraversare l'Atlantico per reclamare una nuova vita negli Usa.

Ellis Island - Il centro di smistamento migranti nel 1919
L'edificio principale del centro smistamento immigrati nel 1919. © Everett Collection / Shutterstock

Migrazione di massa. Che cosa spingeva milioni di persone a sradicare le proprie famiglie e affrontare un pericoloso viaggio via mare alla volta dell'America? Molti fuggivano da guerre, siccità, fame e persecuzioni religiose o politiche. Gli ebrei, per esempio, erano migrati qui in massa dall'Europa orientale e dalla Russia zarista, fuggendo da un brutale regime antisemita (solo nel 1910, arrivarono a Ellis Island 500mila ebrei).

Man mano che si affievoliva il flusso di immigrati dalla Gran Bretagna e dalla Scandinavia, aumentava l'immigrazione da Paesi come Italia, Polonia, Ungheria, Grecia, Turchia, Armenia, Serbia e Siria. Come facevano ad approdare fin qui queste famiglie disposte ad abbandonare la loro terra per una patria adottiva che conoscevano solo per "sentito dire"? Non sempre viaggiavano unite. Fra il 1900 e il 1910, quasi il 95% delle persone che arrivava aveva già un parente a New York.

In terza classe. Un viaggio per l'America aveva costi proibitivi, quindi di solito un membro della famiglia veniva mandato in avanscoperta a lavorare per racimolare i soldi necessari a pagare il viaggio agli altri parenti. Questi biglietti prepagati divennero un modo molto in uso per finanziare l'arrivo di nuovi cittadini, arrivando a rappresentare il 50% di tutti gli sbarchi nel 1890. Gran parte degli immigrati viaggiava in terza classe, detta steerage class (sotto la cabina di guida), dove i biglietti erano meno costosi. Questi passeggeri dovevano sopportare un viaggio stipati nell'angusta stiva, dove mancava persino la toilette.

I nuovi arrivati dovevano affrontare già in nave la prima barriera posta all'immigrazione: un questionario di 31 domande che indagava ogni aspetto del migrante: dalle informazioni personali a quelle sanitarie, dal grado di alfabetizzazione alla specializzazione professionale. Questi questionari sarebbero diventati negli anni successivi la base degli archivi dell'Ellis Island Immigration Center.

Il sacrificio delle famiglie. Ma cosa si trovava davanti chi era riuscito a portare a termine l'avventuroso viaggio oltreoceano? Per l'ebrea ucraina Bessie Akawie (1910-1993), che arrivò nel 1921 a Ellis Island all'età di 11 anni, l'esodo era cominciato con la partenza del padre, che aveva compiuto il viaggio anni prima per riuscire a finanziare l'arrivo dell'intera famiglia. «Mio padre partì quando io avevo tre o quattro anni», ricorda Bessie in un'intervista fatta nel 1986.

«C'era stata una tempesta di neve improvvisa e tutte le piante si erano congelate. Avevamo perso tutto. Quindi mio padre chiese in prestito del denaro per arrivare in America e qui divenne pellicciaio».

Bessie non riuscì a dire addio al padre la notte in cui partì, ma sapeva che aveva fatto la scelta giusta, anche se non tutto andò come si aspettava. «Sapevamo che New York era una miniera d'oro e che avrebbe guadagnato un po' di soldi. Quello che non sapevamo è che la Prima guerra mondiale sarebbe scoppiata e che nostro padre non sarebbe tornato indietro a prenderci».

Migrazioni per motivi religiosi. Per Bessie, la madre e i cinque fratelli, la vita stava diventando troppo dura. La Russia, di cui l'Ucraina faceva parte all'epoca, era profondamente antisemita, lascito delle persecuzioni zariste degli ebrei prima della rivoluzione del 1905. Tra i vari intenti della rivoluzione del 1917 c'era anche quello di eliminare l'intolleranza verso gli ebrei, ma il sentimento di ostilità restava comunque forte.

Ci vollero due anni prima che la famiglia di Bessie riuscisse a imbarcarsi per gli Stati Uniti. Solo dopo aver attraversato le frontiere di Romania, Cecoslovacchia e Belgio, poterono prendere contatto con le persone ingaggiate dal padre per guidarle a destinazione. Poi persero molto tempo nell'attesa di ottenere le carte necessarie a soddisfare il rigoroso programma d'immigrazione statunitense. Il viaggio richiese quasi tre settimane, ma la vista della Statua della Libertà, dei moli in piena attività di Ellis Island e di New York che si stagliava in lontananza conquistò subito il cuore della piccola Bessie.

In gabbia. Una volta arrivati entrarono nel primo stadio del processo di immigrazione. «Ci portarono in quella che sembrava una gabbia», racconta la donna. «I dottori ci visitarono scrupolosamente ma non ci lasciarono entrare perché avevamo il tifo che si prendeva dai pidocchi». Passare attraverso Ellis Island non voleva solo dire un banale controllo documenti e una visita medica. Molti, inclusa Bessie, durante il lungo viaggio dalla Russia erano venuti a contatto con pericolosi parassiti, il che voleva dire finire in quarantena.

«Mi tennero a Ellis Island per otto mesi. Divenni amica di un'infermiera, Miss Hannah. Mi insegnò l'inglese usando le riviste. Così quando finalmente feci ingresso a New York sapevo già parlare la lingua». Proprio come Bessie (che riuscì a riunirsi al padre) i molti emigranti che arrivavano a Ellis Island erano terrorizzati dall'imponente edificio e dalle gabbie sui moli.

Chi arrivava dopo il viaggio in nave in terza classe approdava a Ellis Island con i suoi pochi bagagli improvvisati, i documenti di viaggio e il numero di entrata.

Tolleranza zero. Una volta varcate le porte del centro di smistamento gli aspiranti cittadini americani venivano visitati dai medici del Servizio immigrazione, che marcavano con un segno di gesso sulla schiena tutti coloro che dovevano essere ulteriormente esaminati. Una X stava per problemi mentali, PG per donna incinta e così via. Secondo il vademecum di questi medici, inizialmente vecchi, deformi, ciechi, sordomuti, oltre a chi soffriva di malattie mentali, contagiose e altre infermità, dovevano essere rimpatriati con la stessa nave sulla quale erano giunti. In seguito chi presentava sintomi di malattie o invalidità veniva condotto in un'altra area dell'edificio per essere curato.

Tutti gli altri, invece, venivano registrati dagli ispettori (che annotavano i dati civili, economici e politici) e accompagnati al traghetto per Manhattan. Spesso capitava che non tutti i membri di una stessa famiglia avessero soddisfatto i criteri del servizio immigrazione, allora era qui che venivano separati per un lasso di tempo indeterminato. Ellis Island continuò a operare per ben 62 anni, prima di essere chiusa nel 1954, dopodiché passò sotto il controllo della Guardia costiera americana.

I vip di Ellis Island. Questi sessant'anni videro l'isola accogliere un flusso enorme di immigrati, ma anche di passeggeri regolari, fra i quali vennero registrati molti volti famosi, come il futuro presidente Theodore Roosevelt, il famoso illusionista Harry Houdini e il padre della psicanalisi Sigmund Freud.

Fu anche aumentata la superficie del sito: vennero aggiunti altri due isolotti adottando lo stesso processo di interramento utilizzato per incrementare l'area di Ellis Island. Uno di questi venne impiegato per ospitare un nuovo reparto psichiatrico. Il presidente Theodore Roosevelt si premurò addirittura di nominare personalmente un commissario incaricato di estirpare ogni forma di corruzione nel centro di smistamento.

Monumento alla memoria. L'attività dell'isola subì un drastico crollo dell'afflusso dopo che nel 1917 gli Stati Uniti furono trascinati nella Prima guerra mondiale. Fu trasformata in base dell'esercito americano, punto d'attracco per la Marina e centro di detenzione per i prigionieri di guerra. Dopo la fine del conflitto, Ellis Island divenne un centro di detenzione per immigrati sospettati di voler destabilizzare gli Stati Uniti con idee comuniste. In quel periodo, furono migliaia gli immigrati deportati verso le nazioni d'origine. Più di dieci anni dopo la sua chiusura, il presidente Lyndon Johnson dichiarò il complesso di Ellis Island monumento nazionale.

La zona degli arrivi dal 1990 è stata trasformata nel Museo dell'immigrazione.

Ellis Island - Museo dell'immigrazione
Dal 1990 Ellis Island è stata trasformata in Museo dell'immigrazione. © T photography / Shutterstock
29 novembre 2022 Focus.it
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