Frammenti di DNA di due ominidi estinti, Neanderthal e Denisoviani, sopravvivono nel corredo genetico degli odierni abitanti della Melanesia. Lo afferma uno studio pubblicato su Science, coordinato da Joshua M. Akey, genetista dell'università di Washington, con la partecipazione di Svante Pääbo ( Max-Planck-Institute di Lipsia, Germania, e università di Ferrara), pioniere degli studi genetici sulle antiche popolazioni estinte.
A confronto. Gli scienziati hanno analizzato il DNA di 1.523 persone provenienti da tutto il mondo, inclusi 35 abitanti dell'arcipelago di Bismarck, un gruppo di isole al largo della Papua New Guinea. Lo hanno quindi comparato con il materiale genetico prelevato dai resti di Homo di Denisova trovati in Siberia e ossa Neanderthal rinvenute in Germania.
Ricordo di famiglia. Studi precedenti avevano dimostrato che le popolazioni non africane presentano circa il 2% di patrimonio genetico Neanderthal, per via degli antichi contatti tra i sapiens e questa popolazione. Ma i melanesiani sono i soli ad aver ereditato anche una percentuale non trascurabile - dall'1,9 al 3,4% - di geni denisoviani, molti dei quali coinvolti nel sistema immunitario.
Grandi migrazioni. I risultati sono per certi versi sorprendenti, perché si pensa che i melanesiani siano rimasti confinati su quelle isole in mezzo al Pacifico per almeno 48 mila anni, vivendo praticamente isolati. Lo studio allarga di molto i confini di azione dell'Uomo di Denisova, vissuto tra i 70 mila e i 40 mila anni fa. I suoi resti sono stati trovati in Siberia, ma se è vero che si incrociò con gli antenati di queste popolazioni dell'Oceania, dovette vivere in un'area ben più ampia.