Storia

Dietro la tuba: il vero Giuseppe Verdi, un gigante da scoprire

Nasceva 210 anni fa Giuseppe Verdi, il musicista che più contribuì all'Unità nazionale: ecco un ritratto autentico del compositore simbolo del melodramma italiano.

Giuseppe Verdi (1813-1901), nonostante la sua celebrità, è un gigante ancora tutto da scoprire. Ne ha tracciato un profilo il musicologo Emilio Sala nell'articolo "Il vero Verdi" di Paola Molfino, tratto dagli archivi di Focus Storia

Come mai Giuseppe Verdi è così importante per l'Italia?

Perché negli anni successivi al 1861, in una sorta di trend a scoppio ritardato, la figura di Verdi è stata identificata con la neonata nazione italiana come cruciale nella costruzione della nostra identità culturale, secondo la formula attribuita a Massimo D'Azeglio: "Fatta l'Italia, bisogna fare gli italiani".

Perché Verdi è cruciale per il Risorgimento?

Faccio un esempio: il valore simbolico del coro di Nabucco, va pensiero, che è del 1842, data ancora lontana dall'Unità d'Italia. Simbolicamente il popolo ebraico in esilio diventa il popolo italiano che si lamenta del suo mancato riconoscimento di nazione. Quel coro sarebbe quindi portatore di un significato risorgimentale.

Però attenzione: il riconoscimento retrospettivo del significato "nazionalpopolare" del coro del Nabucco esplode il 30 gennaio 1901, quando a Milano durante i funerali di Verdi una enorme folla, Coro della Scala compreso, intona insieme il Va Pensiero. Mentre nel 1842 quello stesso coro non era stato affatto biassato durante le prime rappresentazioni alla Scala, pur fortunatissime. A essere bissato allora era stato: "Immenso Jehova", coro oggi molto meno popolare, che chiudeva l'opera in quell'edizione.

Cosa cambia Giuseppe Verdi nella Storia della musica?

A differenza del coetaneo Richard Wagner, che procede cercando di rifondare ex novo il teatro dell'opera, Verdi agisce all'interno di una grande tradizione fortemente unitaria che è abituata a giocare con le attese del pubblico e ha spazi di manovra limitata. Verdi gioca quindi la sua carica innovativa "usando" le convenzioni.

Ciò premesso, è sicuramente il compositore più innovativo del suo tempo, sia dal punto di vista della scelta dei soggetti, sia dal punto di vista della costruzione musicale e drammaturgica, sia dal punto di vista dell'orchestrazione dello stile. Quello di Verdi è un continuo gioco in contropiede. Da Nabucco e I Lombardi alla prima Crociata in poi, Verdi cerca continuamente e ossessivamente una nuova formula, senza mai ripetere un successo che avrebbe invece potuto sfruttare per la sua carriera. Da Macbeth a Luisa Miller, da Stiffelio a Rigoletto, dal Trovatore a Falstaff, mai Verdi si ripete, sfidando in modo provocatorio e dirompente le attese del pubblico.

Cosa c'è ancora da scoprire su Verdi?

Di Verdi noi italiani crediamo di sapere tutto (un po' come con la nazionale di calcio), ma non è così. La dimestichezza che abbiamo con gran parte del repertorio verdiano crea una sensazione di familiarità che è enormemente superiore a quella che abbiamo con qualsiasi altro autore: Rossini, per esempio.

Familiarità illusoria però, che retrospettivamente ha proiettato sull'opera di Verdi una serie di bisogni e stereotipi che solo in parte le appartengono davvero. Tutti ci riconosciamo nella musica di Verdi e questo è un valore. Credo però che la possibilità di tornare al Verdi, soprattutto preunitario, riscoprendo il punto di vista e di ascolto dei suoi contemporanei, la prassi esecutiva e vocale, la drammaturgia e la dimensione culturale del suo tempo, avrebbe un effetto positivo per tutti. 

Questo articolo è tratto da Focus Storia. Perché non ti abboni?

10 ottobre 2023 Focus.it
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