Il primo atto ufficiale al riguardo, denominato “Bank Holiday Act”, fu approvato in Inghilterra nel 1871 e sanciva quattro giorni di ferie per i dipendenti delle banche in Inghilterra, Galles e Irlanda.
Da lì il modello, che non valeva però per tutte le categorie di lavoratori, fu esportato con successo in Canada e negli Usa.
Lo Stato che per primo ideò un periodo di ferie “pagate” esteso a tutti i lavoratori fu la Francia; il progetto di legge fu presentato e approvato nel 1925; ma la legge venne promulgata dal Front Populaire solo undici anni dopo, il 20 giugno 1936.
Con una certa enfasi Lèo Lagrange, primo segretario di Stato al “tempo libero”, proclamò il 1936 “Anno I° della felicità”, con tanto di biglietto ferroviario popolare. All'inizio i giorni - concentrati d'estate - erano solo 15, ma già nel 1956 erano saliti a 21.
Non si rinuncia. Qualcosa di simile alla legge francese era stato istituito anche in Italia, durante il regime fascista: la Carta del Lavoro del 1927 sanciva infatti il diritto “dopo un anno di ininterrotto servizio” a un periodo di “riposo feriale retribuito” (art. 17).
Nel 1948 la Costituzione repubblicana ribadiva il concetto di “vacanza obbligatoria”: “Il lavoratore ha diritto a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi” (art. 36).