Olimpia, estate del 548 a. C., cinquantottesima edizione dei Giochi. Migliaia di spettatori affollano le tribune dello stadio. All’improvviso alcuni dei presenti si alzano, facendo spazio attorno a un anziano, in fin di vita. Lo sventurato è Talete, celebre matematico e filosofo. Proprio in quel momento il vincitore della gara taglia il traguardo.
Così, mentre un nuovo eroe dello sport nasceva, moriva una “colonna” della civiltà greca. Causa: una micidiale insolazione. I colpi di sole non dovevano essere rari, negli stadi dell’antica Grecia. Sia perché le tribune non erano coperte, sia perché durante le gare gli spettatori dovevano stare a capo scoperto, in segno di rispetto.
In onore degli dèi. Infatti i giochi antichi erano prima di tutto una manifestazione religiosa, che solo più tardi divenne sportiva.
Lo prova appunto lo stadio di Olimpia, il primo della Storia, costruito nella zona sacra della città (chiamata altis), circondato da palestre e alloggi per gli atleti, ma anche da templi, tra cui quello a Zeus, il signore degli dèi a cui le Olimpiadi erano dedicate.
Pancia piena e giochi. A Roma gli stadi potevano anche essere temporanei: le rare gare di atletica venivano disputate ad esempio in piccoli stadi di legno, montati per l’occasione e smontati subito dopo. Se ne ricordano appena due, il primo fatto erigere da Giulio Cesare nel 46 a. C. e l’altro voluto da Augusto nel I secolo d. C.
Poi arrivò l’imperatore Domiziano, che nell’86 costruì l’unico vero stadio dell’antichità fuori dalla Grecia, che si distingueva dai circhi e dalle arene (come il Colosseo) per la mancanza della “spina” (il muro divisorio attorno al quale correvano i cavalli) e per le dimensioni relativamente ridotte (265 per 106 metri, con tribune capaci di “appena” 30 mila spettatori). Ma la vera anima di Roma continuò a esprimersi nei combattimenti dei gladiatori e nei giochi delle arene.
Fine dell'impero (e dello sport). L’instabilità del IV secolo, con l’Impero romano al disfacimento, ebbe riflessi anche sportivi. Teodosio, nel 392, mise fuorilegge i culti pagani e con essi i giochi olimpici, che finirono in soffitta per 15 secoli. Fu solo nel diciottesimo secolo che lo sport rifiorì.
Dapprima si recuperarono gli antichi ideali dell’atletismo. Poi, nell’800, dagli ambienti scolastici inglesi venne un impulso alla formazione dello sport moderno. Il prete anglicano Thomas Arnold, per esempio, si inventò giochi di squadra per i ragazzi disagiati del suo college. E le sue idee condizionarono positivamente anche il barone Pierre De Coubertin, il padre delle Olimpiadi moderne.
Perfezionati. Da allora gli stadi conobbero una nuova rinascita. Fu proprio per disputarne la prima edizione delle Olimpiadi che, nel 1896 ad Atene, nacque il Kallimarmaro, il “papà” degli stadi di oggi. Seguì il White City Stadium (1906), a pianta ellissoidale, capace di 150mila spettatori e dotato di una rudimentale tribuna coperta, la prima della Storia.
Nel corso del Novecento gli stadi si sono ulteriormente evoluti tanto che l’Allianz Arena di Monaco del 2006, colpì l'immaginario di tutti sfoggiando pareti con cuscinetti di gas fluorescente che cambiavano colore.
Eppure il futuro sembra riservare soprese ancora più sensazionali: gli Arabi del Qatar per i mondiali di calcio 2022 hanno progettato infatti dei veri capolavori architettonici. Cattedrali sportive pensate con l'obiettivo di rispettare l'ambiente (per esempio, hanno sofisticati impianti di climatizzazione con emissioni contenute) e con una imponenza decisamente faraonica.