Storia

Come nacque la leggenda di Tazio Nuvolari, il "mantovano volante"

Ecco come Tazio Nuvolari, passando dalle due alle quattro ruote e sempre sprezzante del pericolo, si guadagnò un posto nell'Olimpo dei piloti automobilistici.

Il 16 novembre 1892 nasceva Tazio Nuvolari. A partire dagli Anni Trenta, il suo nome, in Italia e all'estero, divenne sinonimo di velocità e sprezzo del pericolo. Ripercorriamo come nacque la leggenda del pilota delle due e delle quattro ruote attraverso l'articolo "Nuvolari. Il mantovano volante" di Massimiliano Lorenzon, tratto dagli archivi di Focus Storia.

Un campione memorabile. Gli antichi Greci ritenevano che l'eccesso di superbia e l'insana passione per le sfide impossibili fossero immancabilmente puniti dagli dèi. Lo insegnava la loro mitologia: Icaro, superando i limiti imposti all'uomo, riuscì a volare fin vicino al Sole, ma poi precipitò in mare. Oltre 25 secoli dopo Tazio Nuvolari, il "mantovano volante" (soprannome escogitato negli Anni '30 dal poeta Gabriele D'Annunzio, che fu un geniale pubblicitario ante litteram), dimostrò che non sempre va così.

Spingendosi al limite, infatti, il pilota che sette volte rischiò di morire e 141 fu primo al traguardo divenne una leggenda vivente. «L'espressione "grande pilota" non basta a definirlo» dice Gianni Cancellieri, giornalista e storico dell'automobilismo. «Tazio non solo vinceva, le sue vittorie erano sempre eccezionali: il suo stile di gara usciva dagli schemi. Per questo di altri grandi si è persa la memoria, mentre lui resta un riferimento per gli sportivi». Achille Varzi, suo storico rivale, dirà che Nuvolari era stato "il miglior corridore di tutti i tempi, non poteva essere definito un maestro, ma soltanto un artista del volante. Un maestro potrebbe insegnare. L'arte, invece, non si insegna".

Sulle due ruote. Tazio nacque a Castel d'Adrio, a una ventina di chilometri da Mantova, il 16 novembre 1892. Era il quarto figlio di Arturo, agricoltore e possidente, e di Elisa Zorzi. La velocità (seppure quella moderata delle biciclette) era di casa in famiglia: fin da bambino seguì le imprese dello zio Giuseppe, campione di ciclismo. Fu lui a regalargli la prima motocicletta, a 13 anni. L'amore per i motori tornò utile: nel 1915 partì per il fronte come autista di ambulanze della Croce Rossa.

Tornato a casa, tornò anche alle due ruote. Ottenne la licenza necessaria per gareggiare in moto ed esordì, nel 1920, sul circuito di Cremona con un Della Ferrera: non finì la gara. I primi successi arrivarono solo due anni dopo, quando trionfò al campionato provinciale di Mantova di Harley-Davidson. L'anno seguente, tra marzo e novembre, corse 28 gare di cui 24 in moto e 4 in auto.

«Avrebbe desiderato correre in auto da subito, ma scelse la moto perché era più economica», spiega Cancellieri.

Un vero testardo. Quale fosse lo spirito con cui scendeva in pista, Nuvolari lo fece capire il 2 settembre 1925. Quel giorno ebbe un brutto incidente sul circuito di Monza, provando un'Alfa Romeo. La sua carriera era finita, per i medici. Ma Tazio non volle saperne: si fece bendare e tornò  a gareggiare, questa volta in sella a una moto, la Bianchi 350 "Freccia Azzurra".

Erano passati 12 giorni dall'incidente e vinse in un colpo solo la coppa e il cuore degli italiani. Nessuno se lo sarebbe aspettato da quell'uomo forte di carattere ma di poche parole, semplice e gentile, che mangiava poco e vestiva con eleganza. Basso con i capelli scuri e le sopracciglia folte, Nuvolari nel 1926 era già un volto noto: campione italiano di motociclismo nella categoria 350. Ma non smetteva di sognare le quattro ruote. Così l'anno successivo investì il suo denaro nell'acquisto di una Bugatti e con quella lanciò la sua sfida.

Arriva "Nivola". Non era la prima volta che si metteva dietro a un volante da corsa. A parte l'incidente di Monza, aveva già vinto nel 1921 a Verona e nel 1924 a Rapallo. In quest'ultima gara finì in un fosso a pochi chilometri dall'arrivo, mentre era in testa. Rimise in pista l'auto con l'aiuto degli spettatori e tagliò per primo il traguardo usando una chiave inglese al posto del volante, senza seggiolino e senza sospensioni. "Nivola", come iniziarono a chiamarlo i suoi fan, partecipò alla Mille Miglia. E tre anni dopo l'Alfa Romeo lo chiamò al volante delle sue vetture: non doveva più comprarsi di tasca sua i mezzi da corsa.

Al suo fianco, nella stessa scuderia, c'era Achille Varzi, l'unico capace di tenergli testa. In una delle tante sfide tra i due nella Mille Miglia, all'alba e a pochi chilometri dall'arrivo, Nuvolari si trovò vicino all'auto del rivale: per sorprenderlo spense i fari, si avvicinò a Varzi, che non si accorse di lui, e lo superò. Nessuno dei due smentì questa versione dei fatti, che alimentò le voci su quel pilota temerario. "Nuvolari, a differenza di quasi tutti i piloti di ieri e di oggi, non ha mai sofferto per l'inferiorità del mezzo, non è mai partito battuto, ha sempre lottato anche per il settimo, il decimo posto in classifica", dirà di lui Enzo Ferrari, fondatore dell'omonima casa automobilistica.

Una passione e un orgoglio che fecero una presa enorme sulle folle. E il cui effetto fu amplificato dalla spavalderia nella guida.

Massimo controllo. Tazio inventò un modo nuovo di curvare, spettacolare e apparentemente pericolosissimo: la sbandata controllata. Ecco come la descrisse nel 1931 lo stesso Ferrari, per averla sperimentata in prima persona sull'Alfa Romeo 1.750 (la scuderia di Maranello non aveva allora auto proprie): "Alla prima curva ebbi la sensazione precisa che Tazio l'avesse presa sbagliata e che saremmo finiti nel fosso, mi sentii irrigidire nell'attesa dell'urto. Invece ci ritrovammo all'imbocco del rettilineo successivo con la macchina in linea. Lo guardai: il suo volto scabro era sereno, normale, non di chi è fortunosamente scampato a un testacoda. Alla seconda e alla terza curva l'impressione si ripeté. Alla quarta e alla quinta cominciai a capire: intanto, con l'occhio di traverso, avevo notato che per tutta la parabola Tazio non sollevava il piede dall'acceleratore, e che anzi lo teneva a tavoletta. E di curva in curva scoprii il suo segreto. Nuvolari abbordava la curva alquanto prima di quello che l'istinto di pilota avrebbe dettato a me. Ma l'abbordava in modo inconsueto, puntando cioè, d'un colpo, il muso della macchina contro il margine interno, proprio nel punto dove la curva aveva inizio".

Vanto dell'Italia fascista. Dopo la prima vittoria alla Mille Miglia (nel 1930) Nuvolari divenne una celebrità anche tra i vip. Nell'aprile di quell'anno Gabriele D'Annunzio lo invitò alla sua villa di Gardone Riviera (Bs). Gli regalò una tartaruga d'oro con la dedica "All'uomo più veloce, l'animale più lento", divenuta poi suo amuleto.

Ma anche Mussolini si appassionò alle imprese sportive di quell'italiano esemplare: nel 1932 lo invitò, e gli chiese di presentarsi con l'ormai celebre Alfa Romeo, facendosi poi fotografare con il pilota e l'auto. A beneficio della propaganda, ovviamente. La stessa propaganda che aveva trovato nello sport uno strumento per alimentare il consenso popolare: "Le prodezze sportive accrescono il prestigio della nazione e abituano gli uomini alla lotta in campo aperto, attraverso la quale si misura non soltanto la prestanza fisica, ma il rigore morale dei popoli", diceva Mussolini. Nuvolari venne così scelto come simbolo dell'Italia sportiva. E nel 1933, con il duce all'apice del consenso, conquistò Mille Miglia e 24 ore di Le Mans.

Portabandiera dell'Italia sportiva. C'era solo un rovello che tormentava gli sportivi e i gerarchi: Nuvolari sarebbe stato in grado di competere anche con gli eroi della "grande Germania"? Lì si sarebbe davvero misurato il suo valore, pensavano tutti.

Nel giro di due anni lo strapotere delle vetture germaniche (Mercedes e Auto Union) finanziate da Hitler rivoluzionò gli equilibri: Nuvolari e l'ormai vecchia Alfa Romeo P3 sembravano destinati al declino.

La risposta di "Nivola" arrivò a luglio del 1935, con il Gran premio di Germania sul circuito del Nurburgring. Nonostante la superiorità delle auto tedesche, Nuvolari quella volta fece quello che i giornali non esitarono a definire un miracolo, vincendo dove sembrava impossibile vincere. Tazio aveva perso oltre 70 secondi durante il rifornimento e all'ultimo giro seguiva di 30 secondi Manfred von Brauchitsch, che guidava la Mercedes e aveva dominato la gara.

A quel punto, con un colpo di scena, Nuvolari recuperò il distacco e superò il rivale, vincendo la gara tra lo stupore di pubblico e politici, tra cui lo stesso Hitler. «Quella in Germania è considerata la vittoria delle vittorie di Nuvolari», commenta Cancellieri. «Quel giorno, con un mezzo di potenza inferiore alle auto tedesche, strapazzò gli avversari». Nel 1936 il "mantovano volante" volò negli Usa, dove vinse la Coppa Vanderbilt, che si correva a New York. Un trionfo che riempì d'orgoglio Nuvolari e  che gli procurò l'ennesimo soprannome da prima pagina: "Eroe automobilistico dei due mondi".

Tazio Nuvolari - Francobollo
Un francobollo stampato a Torino nel 1892 per commemorare la nascita di Tazio Nuvolari . © Roberto Lusso / Shutterstock

Sul viale del tramonto. Ma gli anni delle vittorie a ripetizione erano agli sgoccioli. Nel 1937 morì il primo figlio Giorgio, di 18 anni. Nel 1948, alla stessa età il secondogenito Alberto. Tra lutti e problemi di salute (l'inalazione dei gas di scarico minava l'apparato respiratorio dei piloti del tempo), Nuvolari affrontò la sua parabola discendente, durante la quale non mancarono però alcuni acuti, come i trionfi a Monza e in Inghilterra nel 1938, al volante dell'ex auto rivale, la Union tedesca.

I fan lo amavano e lui continuò a gareggiare finché poté. L'ultima corsa arrivò nel 1950, nella gara del Monte Pellegrino, a Palermo. Trionfò, ma la salute lo stava per fermare. Nuvolari morì l'11 agosto del 1953 nel letto di casa, per un ictus. Al suo funerale c'erano 50mila persone, fra tifosi, amici e colleghi. Fu sepolto con la "divisa" da gara: l'inseparabile maglia gialla, i pantaloni azzurri, la tartaruga d'oro al petto e il nastrino tricolore al collo.

Questo articolo è tratto da Focus Storia. Perché non ti abboni?

16 novembre 2022 Focus.it
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