La parola conclave (dal latino “cum clave”, ovvero, letteralmente, sottochiave) per indicare il luogo e il consesso cui è affidata l’elezione dei papi, fa la sua apparizione ufficiale nel 1274: ma la sua origine è da ricercare in un bizzarro episodio di alcuni anni prima. La vicenda aveva avuto inizio il 29 novembre 1268 a Viterbo (dove era da poco spirato il 183° successore di Pietro, Clemente IV) e si era conclusa il 1° settembre 1271 con l’elezione di Gregorio X dopo il più lungo periodo di sede vacante nella storia del papato (33 mesi). Motivo del ritardo: la maxima discordia tra i 19 cardinali (poi ridottisi a 17 per la morte di 2), dovuta principalmente a disaccordi politici.
Speciale Conclave
Sotto la pioggia
Dopo settimane di dibattiti interni e di pesanti pressioni esterne, i cardinali decisero di rinchiudersi nella grande sala del palazzo papale di Viterbo, sotto la protezione delle autorità comunali. Nell’autunno del 1269 (quando era già trascorso un anno intero) il podestà decise di inasprire la reclusione per indurre i cardinali a sbrigarsi, ma il tempo continuò a trascorrere senza frutto e il 1° giugno 1270 la popolazione locale, spazientita, diede l’assalto al palazzo papale, scoperchiandolo.
Abiti stretti, gabinetti affollati, divergenze politiche... anche l’elezione dei papi deve fare i conti con le debolezze umane.
Probabilmente l’intervento rese inagibili solo alcune stanze (tra cui i servizi igienici) e comunque il tetto fu riparato già dopo qualche settimana... e così lo stallo andò avanti fino al 1° settembre 1271, quando un collegio ristretto a 6 soli cardinali elesse infine un arcidiacono piacentino estraneo ai giochi politici in corso. L’episodio, però, lasciò il segno e nel 1274 furono ufficializzate le nuove regole del conclave, rimaste in vigore fino a oggi (benché con molti “alleggerimenti”, soprattutto nell’ultimo secolo): nessun contatto con l’esterno, pena la scomunica, vita comunitaria in un salone, un unico piatto sia a pranzo sia a cena e, dopo cinque giorni, solo pane, acqua e un po’ di vino.
Non buttiamola in politica
Queste regole resero forse più rapide le decisioni, ma certo non fecero cessare le pressioni dei potenti. Il più sfacciato fu Filippo II, re di Spagna, che nel 1590 pose il suo veto su ben 30 cardinali, e arrivò a ordinare che il nuovo papa fosse scelto in una rosa di 7 nomi da lui esplicitamente citati. L’arroganza di Filippo II creò una consuetudine detta “diritto di esclusiva”: in pratica si trattava di un potere di veto sui nomi sgraditi, concesso alle grandi potenze cattoliche. Una consuetudine che durò fino al 1903, quando il cardinale Jan Puzyna (principe-vescovo di Cracovia) si alzò durante il conclave per annunciare il veto dell’imperatore austriaco Francesco Giuseppe sul cardinale Mariano Rampolla, notoriamente filofrancese e ostile alla Triplice Intesa Austria-Germania-Italia. Il veto fu respinto dai cardinali indignati ma, dopo alcune votazioni, venne eletto un candidato politicamente più sbiadito, come il patriarca di Venezia Giuseppe Sarto (Pio X). Può darsi quindi che il veto qualche effetto l’abbia avuto. Da allora, tuttavia, l’usanza fu considerata abrogata “de facto”.
Uno strano processo
Tra le tante modifiche regolamentari introdotte nel secolo scorso, ce n’è una particolarmente curiosa: nel 1962 Giovanni XXIII introdusse il divieto di fotografare la salma dell’ex pontefice prima della vestizione con abiti vescovili. Tutta colpa dell’invadenza dei giornali che, nel 1958, avevano comprato dall’archiatra (medico) pontificio, e pubblicato con grande evidenza, le immagini di Pio XII sul suo letto di morte. Un brutto episodio senza dubbio, ma neanche paragonabile allo sfregio che nell’896 fu imposto a papa Formoso, colpevole di aver incoronato un imperatore sgradito al suo successore Stefano VI: quest’ultimo ordinò di riesumare il cadavere mummificato di Formoso, rivestirlo dei paramenti pontificali e sistemarlo su uno scranno per essere interrogato (!) e sottoposto a processo. Al termine del quale, non essendosi difesa adeguatamente, la salma fu condannata a essere gettata nel Tevere dopo aver subìto l’amputazione delle tre dita usate per le benedizioni. Proprio “roba da Medioevo” come si usa dire.
Età limite
Le regole più recenti sono più facilmente giustificabili: Paolo VI, per esempio, ha voluto tener conto dell’allungamento della vita umana escludendo dal conclave i cardinali ultraottantenni. E ha facilitato la scelta del nuovo pontefice ammettendo il ballottaggio, oppure la maggioranza semplice, dopo 30 scrutini senza risultato. Anche le novità introdotte da Giovanni Paolo II sono figlie dei tempi: ha stabilito per esempio che l’elezione debba avere luogo nella Cappella Sistina (ciò che è avvenuto dal 1878, ma è stata considerata la possibilità che si possa proporre l’elezione di un pontefice dove è morto il suo predecessore, per esempio durante un viaggio all’estero). Ha inoltre mantenuto come unica procedura valida l’“ordinario modo” cioè lo scrutinio, abolendo due metodi ancora formalmente in vigore: il “compromesso” (come a Viterbo) e la cosiddetta “ispirazione” (cioè l’acclamazione unanime “a viva voce” da parte dei cardinali). Resta confermato il limite di 80 anni d’età per i cardinali. Per i più anziani, tuttavia, c’è la possibilità di far ancora pesare le loro opinioni nelle due riunioni quotidiane del Collegio cardinalizio al completo, nei 15 giorni d’attesa fra la morte del papa e l’apertura del conclave.
La guida per capire come verrà eletto il nuovo pontefice, con una serie di curiosità e informazioni storiche sul capo della Chiesa Cattolica e sulla sua elezione.
Come si elegge il Papa
Sedie troppo vicine
Quanto alle condizioni in cui si vengono a trovare i cardinali nel corso della loro segregazione, non tutto è migliorato rispetto al passato. I tradizionali tronetti con baldacchino per i cardinali votanti, per esempio, sono stati sostituiti, sin dal 1978, con normali poltrone di legno e un tavolino con penne e ceralacca. Durante le elezioni di Giovanni Paolo I e di Giovanni Paolo II, però, le poltrone sono risultate così vicine tra loro che molti porporati sono stati costretti a difendere la segretezza del proprio voto con il braccio sinistro piegato, come scolaretti preoccupati di impedire di copiare al compagno di banco.
Bianco, nero o...?
Resterà invece in vigore l’uso di forare con un ago le schede scrutinate, per poi legarle assieme prima di bruciarle, in modo che non resti traccia dei risultati dei vari scrutini. È questo falò a produrre le famose fumate nere (per le votazioni senza esito) e la finale “fumata bianca”. Sino al 1963 le fumate nere erano state ottenute bruciando anche paglia umida. Negli ultimi tre conclavi, invece, si è proceduto a inumidire le schede con materiale chimico, un procedimento che creava però un fumo poco evidente.
Small, medium, large
Nessuna innovazione, invece, nel rito della vestizione del nuovo papa, che avviene subito dopo la scelta del nome nella stanzetta nota come “camera lachrimatoria”dove è pronto l’abito apostolico (sottana, mantellina e zucchetto bianchi), per la prima apparizione pubblica e la benedizione “Urbi et Orbi” (cioè a Roma e al mondo). L’abito apostolico viene confezionato dalla sartoria pontificia in tre taglie (small, medium e large) per far fronte alle diverse corporature... ma non sempre si è abbastanza previdenti, come testimoniano i problemi che accompagnarono le vestizione di Pio XII e di Giovanni XXIII. Il primo fu costretto a nuotare in una taglia troppo grande mentre il secondo, al contrario, dovette combattere con una troppo stretta. Forse perché – ha osservato uno spiritoso cronista – lo Spirito Santo si incarica di illuminare i cardinali, ma non è obbligato a fare lo stesso con i sarti pontifici.
Basta scomodità!
La riforma del 1996 ha infine sancito l’abbandono definitivo delle dure condizioni di clausura, facendo parecchie concessioni alla modernità. Basta con i cardinali sistemati in scomode celle con tramezzi di legno, ricavate dai saloni di un edificio, il Palazzo apostolico, nella quasi totalità adibito a uffici o saloni di rappresentanza. Basta con le finestre sigillate anche in agosto e i servizi igienici in comune, concupiti da lunghe file di persone anziane, impazienti di trovare sollievo ai travagli dell’età. Basta con le celle stile matrioska, che costringono il cardinale più sfortunato ad attraversarne altre già occupate prima di raggiungere la propria. Basta, infine, alle brande di fortuna e ai catini con le brocche per gli sfortunati cui toccano gli alloggi senza acqua corrente. Oggi i cardinali elettori possono usufruire delle comodità offerte dalla Domus Sanctae Mariae.
Autobus “isolante”
Con oltre cento mini-appartamenti con camera da letto, studiolo con tv (che però sarà tolto per l’occasione, insieme con ogni altra tecnologia che consenta il contatto con il mondo esterno), e – finalmente! – bagno privato. Non per tutti, però; anche ai meno fortunati saranno comunque garantiti una stanza singola, un letto da una piazza e mezzo, e una doccia/wc. Resta il problema del trasporto dalla Domus Sanctae Mariae sino alla Cappella Sistina, garantito da un bus di tipo aeroportuale: l’importante è che l’abitacolo del conducente sia isolato dal resto del veicolo per evitare la possibilità di qualsiasi “contatto esterno”, come previsto dalle regole del conclave.