L'insurrezione di Varsavia contro i nazisti, iniziata nell'agosto del 1944, fu un fallimento: una delle pagine più nere della Seconda guerra mondiale.
Resistenza. Il 1° agosto 1944, con l'esercito tedesco in ritirata, i polacchi trovarono la forza di ribellarsi. Furono innalzate le bandiere bianche e rosse sugli edifici più alti mentre gli uomini dell'Armia Krajowa, il movimento di resistenza polacco, attaccarono gli occupanti tedeschi per la liberazione di Varsavia.
Speranze vane. La rivolta, che durò due mesi, all'inizio ebbe successo e le speranze in una sua riuscita erano alimentate anche dall'esercito sovietico ormai alle porte. Quest'ultimo però, contro ogni previsione dei ribelli, si fermò sul fiume Vistola, scegliendo di non intervenire.
Il ruolo dell'Urss. Secondo i sovietici, dietro la decisione ci furono ragioni tattiche: la ribellione avrebbe potuto, a detta dei generali russi, trasformarsi per loro in una trappola. Per altri l'atteggiamento dei russi fu più che altro dettato da un calcolo politico. I sovietici sapevano che dalla lotta tra tedeschi e polacchi, entrambi nemici storici dei russi, avrebbero potuto trarne solo vantaggi.
Una città distrutta. Comunque sia, una cosa è certa, l'atteggiamento sovietico decretò il fallimento dei rivoltosi. I tedeschi reagirono con furia, Hitler ordinò di impiegare le migliori truppe per sedare la rivolta e interi quartieri furono distrutti. Le vittime civili furono tra le 180mila e le 200mila e 15mila i miliziani morti. La resa degli insorti avvenne il 2 ottobre. I sovietici entrarono in una Varsavia ormai ridotta in macerie, su ordine di Hitler, solo il 17 gennaio 1945.