Uno studio dimostra che il chocol, deliziosa bevanda a base di fave di cacao (praticamente una cioccolata calda), inventato dai Maya, non era un'esclusiva dell'élite politico-religiosa, ma veniva consumata da tutti i ceti sociali. La convinzione che fosse solo per i ricchi, finora, era stata suffragata dal fatto che si cercavano tracce di cacao solo nei vasi riccamente decorati, ma un nuovo studio ne ha trovato le tracce anche in pezzi di ceramica usati tutti i giorni dalla gente comune.
Origini antichissime. Furono probabilmente gli Olmechi, un'antica civiltà del Messico tropicale, a coltivare per la prima volta, 3mila anni fa, la pianta del cacao (nome scientifico Theobroma cacao, che significa "cibo degli dei"), si attribuisce però ai Maya la sua diffusione come alimento, medicinale, bevanda rituale e persino come moneta. Le civiltà precolombiane usavano principalmente il baratto, ma avevano un primordiale "sistema monetario" basato proprio sulle fave di cacao.
Fu il conquistador Hernán Cortés a notare in Messico, nel 1519, i magazzini della capitale ricolmi di fave di cacao. Era considerato un bene così prezioso che si usava come moneta: uno schiavo valeva 100 chicchi, una notte d'amore con una cortigiana 12. E la bevanda che se ne otteneva, il chocol (la cioccolata), era considerata una vera prelibatezza.
Antiche civiltà precolombiane in mostra al Mudec
La mostra "Machu Picchu e gli Imperi d'oro del Perù. In mostra 3.000 anni di civiltà dalle origini agli Inca" al Museo delle Culture di Milano (8 ottobre-19 febbraio), parte dal Perù per raccontare la fine dei grandi regni andini. In particolare da Machu Picchu, la cittadella di pietra Patrimonio culturale e naturale Unesco, costruita nel 1450 all'apice dell'Impero degli Inca. Invisibile dal basso, Machu Picchu rimase una fortezza nascosta agli occhi dei conquistadores e, in seguito, venne inglobata dalla foresta pluviale, fino a quando lo storico di Yale Hiram Bingham la rivelò al mondo nel 1911.
Proprio da questo scrigno di tesori, rimasto indenne alla sanguinosa conquista spagnola del 1572, e dimenticato per secoli, emergono i 170 manufatti in mostra, come opere in terracotta, ori, argenti, tessuti, oggetti rituali e a maschere funerarie. Inoltre grazie a un'esperienza immersiva, sarà possibile sperimentare una simulazione di volo sopra la città sacra di Machu Picchu.
Più cioccolata per tutti. Finora gli archeologi avevano sempre ritenuto che la preziosa bevanda, preparata sin dal periodo tardo-classico Maya (600-900), usando i semi dell'albero del cacao Thebroma, fosse destinata esclusivamente all'élite politico-religiosa. La bevanda a base di semi di cacao, infatti, era sempre stata associata a ricchezza e potere, perché i suoi residui erano stati ricercati dagli archeologi solo in vasi cerimoniali riccamente decorati, appartenenti dunque agli alti ranghi della società maya: clero e aristocrazia.
Tuttavia, un nuovo studio pubblicato dalla National Academy of Sciences, la gazzetta ufficiale dell'Accademia nazionale delle Scienze negli Usa, dimostra che anche tra gli strati più bassi della popolazione la preziosa bevanda veniva preparata e consumata.
Un nuovo studio. Gli autori dello studio hanno esaminato 54 frammenti di ceramica raccolti in una vasta area (tra monti e valli) abitata da agricoltori all'interno dell'antico insediamento maya di El Pilar, al confine tra Belize e Guatemala. Hanno analizzato cocci di pentole e padelle, oggetti di uso comune tra la popolazione, utilizzando la tecnica della ionizzazione multifotone potenziata dalla risonanza (REMPI), scoprendo così la presenza di residui di cacao sul 56% di questi utensili da cucina.
Lo studio dimostra, quindi, che la bevanda a base di cacao nonostante fosse effettivamente considerata sacra e rappresentasse uno status symbol, veniva impiegata da tutti i ceti sociali per compiere rituali religiosi.