Uno dei popoli che per primo ha conosciuto "il terrore" è stato quello dell'antica Roma: il loro nemico pubblico erano i Sicarii, ala estremista dei già radicali Zeloti, un gruppo politico-religioso ebreo ortodosso sostenitore dell'indipendenza politica della Giudea.
Con il pugnale. Secondo lo storico Tito Flavio Giuseppe (nato Yosef ben Matityahu, 37-100 d.C.), i Sicarii si servivano di tattiche assai "poco ortodosse". Attaccavano in pieno giorno e colpivano alla cieca in mezzo alla folla, uccidendo con una spada corta (la sica) nascosta sotto le vesti. Erano il terrore degli abitanti (romani) dei villaggi ebraici e nel contesto della Seconda guerra giudaica portarono a compimento veri massacri, come a Ein Gedi, dove uccisero 700 tra donne e bambine che avevano la sola colpa di avere origini romane. Publio Cornelio Tacito (55-120 d.C.) li riteneva responsabili di incendi ai granai e del sabotaggio alle riserve idriche della Giudea.


Sicarii suicidi. Il loro estremo fanatismo si manifestò durante l'assedio di Masada, roccaforte che un migliaio di Sicarii avevano conquistato nel 66 d.C. e dove si erano insediati con le loro famiglie. Nel 73, tre anni dopo la caduta di Gerusalemme, Masada era assediata dall'esercito romano e prossima a cadere: senza via di fuga, i Sicarii optarono per il suicidio di massa, uccidendo tutte le donne e i bambini nella fortezza, poi loro stessi. È l'episodio che pose fine alla Prima guerra giudaica.
La setta degli assassini. Il fanatismo di matrice islamica nasce tra l'VIII e il XIV secolo, quando nel Vicino Oriente si diffusero sette come quella dei nizariti. Si dichiaravano ismailiti, una corrente dell'islam sciita, e sono noti come Setta degli Assassini, dal sostantivo plurale arabo al-Hashishiyyun, ossia "coloro che sono dediti all'hashish" (si tratta molto probabilmente di voci diffuse per screditarli). Per affermare le loro idee i nizariti ricorrevano a omicidi politici mirati, specialmente contro i sunniti.
Terrorista. L'espressione "terrorista" nasce invece in età moderna, durante il cosiddetto periodo del Terrore (1793-94) seguito alla Rivoluzione Francese, quando il potere finì nelle mani dell'ala più radicale dei rivoluzionari, i Giacobini, che non esitarono a mettere in scena esecuzioni di massa servendosi della famigerata ghigliottina. Secondo alcuni storici l'espressione fu introdotta nel lessico politico da Jean-Lambert Tallien e "Gracco" Babeuf, entrambi protagonisti della Rivoluzione, che per primi parlarono di terrorisme e terroristes indicando esplicitamente "la volontà di ispirare il terrore".


Metodo di lotta. Da allora "terrorista" è un'etichetta, usata a volte nel corso della Storia in modo ambiguo, e "terrorismo" (un'altra etichetta) è un metodo adottato sempre più spesso dalla seconda metà del XIX secolo anche come uno strumento di lotta sistematico, per esempio con i moti rivoluzionari russi (1878-1881) e le attività dei gruppi nazionalisti radicali irlandesi, macedoni, serbi, armeni.
Fino ai nostri giorni, passando per vicende che hanno segnato gli ultimi 100 anni: dalle vicende di Sacco e Vanzetti (lucidamente sacrificati nel 1927, negli Usa, per mettere alla prova la politica del terrore contro gli avversari del Governo) all'attentato di Sarajevo del 28 giugno 1914 (la scintilla che molti aspettavano per scatenare la Prima guerra mondiale), dagli Anni di Piombo all'ETA (i baschi), dall'esercito di liberazione irlandese (l'IRA) agli attentati sugli aerei, alle Torri Gemelle...