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Chi ha inventato le padelle antiaderenti?

Le prime padelle antiaderenti hanno almeno 2.000 anni. Non erano in teflon, ma funzionavano lo stesso.

Le padelle antiaderenti sono nate nell'antica Roma. Se ne parla in antichi testi, ma adesso gli archeologi le hanno anche ritrovate. Apicio, un "masterchef" dell'antichità, raccomandava per alcune sue ricette le teglie con il fondo rosso, dette cumanae testae, cioè padelle di Cuma, le cui rinomate officine le esportavano in tutto l'Impero, dall'Africa alla Britannia. Proprio a Cuma gli archeologi hanno ritrovato depositi con queste ceramiche (risalenti al I sec. d.C.), vicino agli stabilimenti che le producevano.

cottura a fuoco lento. Il fondo antiaderente era ottenuto grazie a un particolare rivestimento che creava una superficie abbastanza spessa e liscia da evitare ai cibi cucinati di attaccarsi. Queste erano utilizzate per la cottura a fuoco lento soprattutto di stufati a base di carne, ma anche di formaggi e di verdure.

La scoperta di una antica discarica romana di ceramica nei pressi del sito archeologico di Cuma ha rivelato che i romani usavano padelle antiaderenti. Gli archeologi hanno portato alla luce frammenti di vasi - con uno spesso rivestimento scivoloso di colore rosso (nella foto) - che si pensa siano stati utilizzati per cucinare stufati di carne circa 2.000 anni fa. © Università di Cambridge

Tempi moderni. Le pentole antiaderenti che usiamo oggi sono realizzate con un fondo di politetrafluoroetilene (comunemente noto come teflon), un materiale plastico idrorepellente che permette di cuocere i cibi senza che questi si attacchino durante la cottura.

Il teflon venne scoperto casualmente nel 1938 dal chimico americano Roy Plunkett, che stava lavorando per la DuPont su un nuovo refrigerante. Durante i suoi esperimenti notò che uno dei gas utilizzati si era rappreso in una sostanza cerosa, resistente al calore e antiaderente: era il politetrafluoroetilene.

Il teflon è un polimero (vale a dire una lunga molecola composta da unità che si ripetono), formato da “mattoni” che contengono due atomi di carbonio (C) e quattro di fluoro (F). È proprio quest'ultimo a fornire la proprietà di essere inerte e inattaccabile.

L'era del teflon. Il teflon iniziò a essere utilizzato per le pentole antiaderenti soltanto negli anni '60. Per questo impiego (ma non è l'unico), ne vengono commercializzati diverse qualità differenti: quanto più è alto il numero di strati che rivestono il metallo e il loro spessore, tanto più il tegame è resistente all'uso, di maggior durata, più liscio, e più facilmente pulibile.

All’origine il teflon è una polvere bianca e leggera che galleggia sull’acqua, non può essere sciolta da nessun solvente, è resistente a ogni sostanza chimica ed è inodore. Non conduce l’elettricità, non è infiammabile e resiste inalterato fino a 300 gradi centigradi. Per queste sue caratteristiche viene utilizzato, oltre che per rivestire le pentole, per filtri, guarnizioni, premistoppa, valvole e protezioni anticorrosive o antiadesive.

Righe pericolose. Qualora il rivestimento di teflon sia rigato, conviene sostituire la pentola, intanto perché l'antiaderenza è compromessa ma soprattutto perché lo strato diventa sempre meno coerente ed è facile che se ne stacchino foglie e frammenti anche di una certa consistenza.

L'eventuale danno alla salute non sarebbe però causato dalla pellicola di teflon (teoricamente inerte), ma piuttosto dall'alluminio sottostante. A volte, infatti (soprattutto con pentole di scarsa qualità), il materiale sottostante non ha i requisiti idonei al contatto con gli alimenti.

Il tipico rivestimento in teflon delle padelle è stato sostituito in anni recenti da rivestimenti in ceramica (dunque in un certo senso con un ritorno al passato romano) anche in risposta al fatto che alcune ricerche hanno evidenziato come alcuni emulsionanti utilizzati nella produzione di teflon (in particolare il PFOA, l'acido perfluorottanico) siano potenzialmente dannosi per la salute. Questi emulsionanti oggi non sono più utilizzati.

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8 maggio 2017
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