Moriremo tutti, e questo è pacifico, è il nostro destino e non possiamo sfuggirgli. Ma chi si ricorderà di noi, e come? Non stiamo parlando dei nostri figli e nipoti, ma di qualcosa di più a lungo termine: quali fossili lasceremo sulla Terra come traccia del nostro passaggio? Se lo sono chiesti i paleontologi Karen Koy, della Missouri State University, e Roy Plotnick, della University of Chicago, che sulla rivista Anthropocene hanno pubblicato uno studio che prova a immaginare che aspetto avranno i fossili della nostra civiltà, e come verranno interpretati dagli uomini del futuro (o da una razza aliena in visita al nostro pianeta).
Addio digitale. Lo studio nasce da una considerazione ispirata, secondo gli autori, dalla lettura di "un sacco di fantascienza post-apocalittica": la gran parte delle tracce che stiamo lasciando sul pianeta sono digitali, conservate su supporti che tra qualche migliaio o milione di anni saranno impossibili da decifrare (se pensate che già oggi è complicato far girare un programma di vent'anni fa su un computer moderno). Cosa rimarrà quindi della nostra civiltà? Secondo gli autori, "quello che abbiamo messo sotto terra": le tracce delle nostre attività, e soprattutto noi stessi, o meglio i nostri corpi, ordinatamente sepolti nei cimiteri di tutto il mondo. «Immaginatevi una specie aliena che arriva sulla Terra e scopre che il nostro mondo è coperto ovunque di resti ossei disposti in un ordine facile da interpretare come tale»: secondo gli autori, i nostri metodi di sepoltura e conservazione dei cadaveri saranno il primo particolare che salterà all'occhio degli archeologi del futuro.
Ode a cani e gatti. Al nostro fianco, poi, questi ipotetici studiosi troveranno i resti di molti animali: cani e gatti, ma anche maiali, mucche e galline; nello studio si legge che non sarà difficile per i ricercatori distinguere tra animali domestici (con caratteristiche fisiche adatte al loro compito) e selvatici, e anche intuire il loro ruolo sociale: la morte di un animale da compagnia viene trattata in modo diverso da quella di uno da allevamento, tanto che secondo Koy e Plotnick i nostri successori potrebbero pensare che un tempo la nostra specie attribuisse un ruolo religioso a cani e gatti e li adorasse come divinità.