Storia

Questa bottiglietta ci svela di che cosa sapevano gli antichi Romani duemila anni fa

In un vasetto sigillato quasi duemila anni fa, è stato trovato un unguento al profumo di patchouli. Una profumazione esclusiva che gli antichi Romani usavano per sedurre.

Di che cosa "sapevano" gli antichi Romani? A rispondere alla domanda è un gruppo di ricercatori che hanno rinvenuto, in una tomba romana dell'antica città di Carmona, vicino a Siviglia, una bottiglia di quarzo sigillata da quasi 2mila anni.

Dentro a questo piccolo unguentarium (alto circa 8 cm) c'era una massa solida che, analizzata dal team guidato da Daniele Cosano dell'Università di Cordoba, si è rivelata essere un unguento al profumo di patchouli. A svelare questa scoperta è uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Heritage.

PROFUMATA OFFERTA. La tomba in questione è stata scoperta nel 2019 durante lavori di ristrutturazione di un edificio a Carmona, che tra il I e il II secolo d.C. era uno dei principali centri della provincia romana di Betica, nella Spagna meridionale. Si tratta di un complesso funerario di famiglia con otto nicchie, due vuote e sei "usate" e occupate da altrettante urne (tre femminili e tre maschili).

In ognuna di queste nicchie erano presenti anche numerose offerte funebri come, per esempio, i resti di una borsa di stoffa, tre perline d'ambra e una scatola di piombo a forma di uovo. La bottiglietta a forma di anfora dal misterioso contenuto era nella nicchia che ospitava i resti di una donna morta a una quarantina di anni d'età.

La tomba di famiglia scoperta nell’antica città di Carmona: aveva otto nicchie, due vuote e sei “usate” e occupate da altrettante urne (tre femminili e tre maschili). In una di queste nicchie è stata trovata la boccetta di profumo.
La tomba di famiglia scoperta nell’antica città di Carmona: aveva otto nicchie, due vuote e sei “usate” e occupate da altrettante urne (tre femminili e tre maschili). In una di queste nicchie è stata trovata la boccetta di profumo. © Juan Manuel Román

SIGILLATO PER l'eternità. Analisi approfondite hanno svelato che il tappo dell'unguentarium era di una pietra calcarea chiamata dolomite (piuttosto insolita per questo utilizzo) ed era stato sigillato con bitume, che ha garantito un eccezionale stato di conservazione.

Per quanto riguarda la realizzazione del profumo - troviamo queste indicazioni anche negli scritti di Plinio Il Vecchio - si utilizzavano due componenti: una base o legante, che facilitava la conservazione degli aromi, e l'essenza. In questo caso, la base era costituita da un olio vegetale, forse di oliva. L'essenza era invece stata ottenuta da una pianta di origine indiana, il Pogostemon cablin (in Malaysia conosciuta con il nome di puchaput).

UNA LUNGA STORIA. Come confermano i rinvenimenti archeologici a Luxor, già gli Egizi, circa 5mila anni fa, facevano largo uso di profumi. E con loro tutti i popoli del Mediterraneo antico. Usavano prodotti a base oleosa a cui aggiungevano aromi vegetali come la mirra, l'incenso e l'aloe. E appunto il patchouli, fragranza particolarmente rara adorata anche da Poppea (30-65).

Si dice che la celebre matrona, seconda moglie dell'imperatore Nerone, avesse fra i segreti della sua seduzione proprio il patchouli, una pianta utilizzata da moltissimi secoli in India, soprattutto come stimolante sessuale.

La fragranza usata da Poppea è stata individuata campionando i residui in 15 boccette restituite dagli scavi della sua villa a Oplontis.

5 giugno 2023 Anita Rubini
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