Chi fra i banchi di scuola non ha mai provato pena per quei poveri bambini spartani che, nati imperfetti, venivano abbandonati o buttati giù dal monte Taigeto? Quando gli insegnanti suscitavano in noi diffusa indignazione, l'archeologia non aveva ancora verificato la fondatezza del racconto. In particolare quella del filosofo Plutarco: nella Vita di Licurgo, scritta nel 100 a.C., Plutarco riferiva che i neonati a Sparta dovevano passare l'ispezione degli anziani. Se erano prematuri, sotto una certa misura o con delle deformità, erano immediatamente scartati e mandati a morte. Una simile ricostruzione, non confermata da altre fonti antiche, fu cara al nazismo per giustificare l'eliminazione sistematica degli handicappati. E fu presa per buona anche nei paesi democratici, come archetipo del cinismo delle dittature.
Ora, però, un'analisi su base testuale e archeologica, apparsa sulla rivista di studi classici Esperia e ripresa da Science, sfata il mito negativo degli spartani, ma anche la generale presunta tendenza all'infanticidio di bambini con difficoltà fisiche o anche solo perché di sesso femminile che si pensa sia esistita nell'intera Grecia antica. L'autrice dello studio, Debby Sneeds, classicista della California University, fa notare che Plutarco parlava di fatti presunti che sarebbero avvenuti sette secoli prima della sua nascita, e che negli stessi suoi racconti un altro re spartano era insolitamente basso di statura, bruttino e con problemi alle gambe - e ciò nonostante divenne un grande capo. Inoltre, in uno scritto del 400 a.C., un medico consigliava ai colleghi come accudire le persone con disabilità alle braccia dalla nascita, testimoniando indirettamente il contrario dell'uso di uccidere o fare morire bambini con problemi fisici.


In diversi luoghi della Grecia sono state trovate fiaschette con beccucci adatte a nutrire bambini con la palatoschisi (malformazione genetica della bocca che provoca problemi di alimentazione e di linguaggio), anche accanto ai loro corpi inumati: non ammazzati, ma defunti per morte naturale. Vicino all'Agorà di Atene sono stati trovati 400 scheletri di neonati, ma nessuno mostra segni d'infanticidio selettivo - rientrando così nel tasso di mortalità infantile dell'epoca, intorno al 40%. Anzi, in una sepoltura è stato trovato lo scheletro di un bambino di 8 mesi affetto da idrocefalia, una condizione di accumulo di liquido spinale nella scatola cranica, allora mortale: prima di morire il bambino era stato alimentato e curato per mesi, non abbandonato.
Alcune figure greche nostrano adulti con disabilità congenite. «Nell'insieme, le prove archeologiche dimostrano che i bambini deboli e disabili venivano accompagnati nella crescita per diventare adulti accettati dalla comunità», afferma Sneeds: «bisognerebbe diffidare dei miti: in assenza di prove, si vogliono vedere nella Grecia antica problemi di accettazione dei disabili che in realtà non esistevano, mentre questi problemi li abbiamo noi, nella società moderna, in cui sono richieste efficienza e apparenza a ogni costo.
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Anche la storica dell'Università di Milano Eva Cantarella è recentemente scesa in campo per sfatare il mito negativo di Sparta. Lo ha fatto con il libro Sparta e Atene. Autoritarismo e democrazia (Einaudi, 2021), dove mostra come l'antitesi Atene-Sparta sia una esagerazione dei nostri tempi, per idealizzare diversi modelli istituzionali. L'opposizione che vuole da una parte gli spartani autoritari, cultori della forza fisica e dell'eugenetica, e dall'altra gli ateniesi, animatori di assemblee e liberi filosofi, non è supportata da prove convincenti, o almeno le differenze non erano così nette. Se, per esempio, consideriamo le donne, queste erano molto più libere e ascoltate a Sparta che ad Atene, dove un signore di nome Aristotele non aveva diritto di voto nell'assemblea cittadina dato che un altro insigne personaggio di nome Pericle, nonostante le belle parole, aveva pensato bene, diversi anni prima, di restringere i diritti politici e la platea dei partecipanti all'assemblea.