Nel 1915 iniziarono le "marce della morte", deportazioni di Armeni verso il centro dell'Anatolia, che coinvolsero un milione e duecentomila persone, massacrate dalle milizie turche o sfinite dalle malattie e dalla fame. Ma il popolo armeno, al di là del genocidio, vanta una storia millenaria, che risale alle origini del Cristianesimo, scopriamola attraverso l'articolo "Nel regno degli Armeni" di Piero Pasini, tratto dagli archivi di Focus Storia.
Origini bibliche. Un'isola in mezzo a tre mari: il Mar Nero, il Mar Caspio e il Mediterraneo. Come fosse emersa da tre grandi pozzanghere lasciate da un immenso acquazzone, al ritorno del sole. Non a caso è qui, sulla cima del monte Ararat, che si incagliò, secondo la tradizione biblica, l'Arca di Noè quando si ritirarono le acque del Diluvio universale. Stiamo parlando dell'Armenia, una terra misteriosa dove la Storia ha incrociato i destini di santi e condottieri.
Antiche glorie. L'attuale Repubblica di Armenia occupa però solo una piccola fetta di quello che storicamente fu il territorio di questo popolo. L'antico regno armeno, all'incrocio fra il Caucaso, l'Anatolia e la Mesopotamia, comprendeva vasti territori oggi in Iraq, Iran e soprattutto in Turchia. Proprio per la loro posizione, quelle terre furono territorio di conquista. Il che, paradossalmente, fece in modo che si sviluppasse una profonda identità culturale e religiosa, unica al mondo, forte e fragile allo stesso tempo.
Civiltà anomala. Molti studiosi considerano l'Armenia una delle più antiche civiltà in assoluto, tramandata quasi immutata per lingua, religione e costumi, fino ai nostri giorni. A cosa si deve questa eccezione? Le ragioni sono molte, non ultime la capacità di adattamento dei popoli che l'abitarono, con una circostanza particolare: l'Armenia fu il primo regno della Storia ad adottare, nel 301, il cristianesimo come religione di Stato. Le aspre vette innevate del Caucaso (l'altitudine media è 1.800 metri e il monte Aragac supera di poco i 4mila) e vasti altipiani verdeggianti, con antichissime chiese sopra le quali volteggiano le aquile sono lo scenario rimasto quasi immutato dai tempi del leggendario capostipite, Haik.
A caccia di Dna. Secondo gli antichi racconti, Haik era un discendente di Noè, per l'esattezza di uno dei suoi tre figli, Yafet. E si sarebbe stabilito ai piedi del monte Ararat circa quattro generazioni dopo il diluvio. Sempre secondo il mito, viaggiò fino a Babilonia per assistere alla costruzione della Torre di Babele e una volta rientrato in patria sconfisse il re assiro Nimrod, presso il lago Van, oggi in Turchia.
A lui si deve l'antico nome dell'Armenia, Hayqstan, "Terra di Haik".
Discendenti di Noè. Fin qui il mito. Per gli archeologi, l'origine degli Armeni è invece da individuare nel regno di Urartu, che si formò nel XIII secolo a.C. attorno al lago Van, unendo popolazioni sottomesse all'Impero ittita. Fra queste tribù, nel IX-VII secolo a.C. c'erano anche i proto-armeni. Da dove erano spuntati? Secondo il greco Erodoto, erano coloni mesopotamici, giunti dalla valle dell'Eufrate. Ma studi moderni, che combinano la genetica delle popolazioni e la statistica, compiuti dai neozelandesi Russell Gray e Quentin Atkinson, avanzano l'ipotesi che il popolo armeno sia autoctono. Assumerebbe così un senso la leggenda che vede gli Armeni come discendenti di Noè.
I figli di Aram. L'Hayqstan prese il suo nome attuale nel VII secolo a.C. Deriva da quello della principale tribù che abitava la zona, guidata dal capo Armenak o Aram, discendente di Haik e grande condottiero. A quell'epoca la regione era sotto la dominazione dei cavalieri sciti, ma il popolo di Aram riuscì a conquistare l'indipendenza. Il loro pantheon comprendeva allora divinità indoiraniche, segno di influssi orientali: un frammento poetico tramandato da un manoscritto del V secolo d.C. narra del dio Vahagn, nato dal Cielo e dalla Terra. Vahagn corrisponde all'iranico Verethraghna e all'indiano Vrtrahan (e sarà all'origine della figura dell'Eracle greco).
Minaccia occidentale. Se il mondo armeno guardava a Oriente, era da Occidente che arrivavano le minacce alla sua identità. Nel 331 a.C. anche l'Armenia, come mezzo mondo, finì nel carniere di Alessandro Magno. Come altri regni, rischiava di essere "omogeneizzato" dalla cultura ellenistica. Nel braccio di ferro tra satrapi seleucidi (che si erano spartiti il regno alessandrino), Persiani e Romani, alla fine questi ultimi ebbero la meglio: l'imperatore romano Diocleziano pose sul trono armeno il re Tiridate III (283-330), della locale dinastia degli Arsacidi. Fu la fine dell'unità territoriale. Ma non di quella culturale. Anzi, fu quasi un nuovo inizio.
Culla cristiana. Fu l'introduzione del cristianesimo, nel 301 sotto Tiridate, a dare agli Armeni un nuovo punto fermo alla loro identità. Il merito fu di san Gregorio (257-332). Il santo si meritò l'attributo di Illuminatore quando, giunto dall'Anatolia centrale, "illuminò" le coscienze locali con la sua predicazione. Nel Caucaso del IV secolo, dominato dal paganesimo e dallo zoroastrismo persiano, proclamarsi cristiani significava esporsi a persecuzioni da più fronti.
Ma allo stesso tempo voleva dire cementare la propria identità.
Cultura indipendente. Con il Concilio di Calcedonia del 451 fu così fondata la Chiesa apostolica armena, ancora oggi indipendente sia da quella cattolica sia da quella ortodossa. Ma chi erano questi nuovi cristiani? Li accomunavano soprattutto lingua e scrittura, un caso di longevità linguistica unico al mondo. La prima testimonianza scritta in armeno è una Bibbia del V secolo, ma le radici di quella parlata sono ben più antiche.
Anomalie linguistiche. L'armeno avrebbe infatti radici in comune con il frigio, una lingua estinta, ma condivide alcuni tratti del greco e delle lingue anatoliche. Numerose sono poi le influenze dell'iranico, dell'arabo e del siriaco. Si potrebbe pensare al frutto di migrazioni, conquiste, dominazioni straniere. In realtà, i linguisti hanno dimostrato che l'armeno costituisce un ramo a sé fra le lingue indoeuropee. Esempi analoghi sono l'albanese o il basco, che non sono imparentati con nessuna altra lingua. Ma, a differenza di queste ultime, l'armeno ha un proprio alfabeto. A inventarlo di sana pianta fu un altro santo, Mesrop Mashtoç, nel 405. Servì per tradurre la Bibbia, e per crearlo questo "alchimista della lingua" usò elementi del pahlavi (la lingua liturgica), dell'alfabeto siriaco e di quello greco.
Agricoltori. Benché orgogliosi della propria identità, gli Armeni seppero integrarsi con i loro vicini. L'Armenia era una terra rigogliosa che non spingeva a cercar fortuna lontano da casa, il che non li rendeva pericolosi. I suoi abitanti erano agricoltori sapienti, irrigavano prestando attenzione al fabbisogno locale d'acqua e producevano grano, cereali, frutta, olive e canna da zucchero. Originaria dell'Armenia è anche l'albicocca (che infatti in Veneto si dice armeìn, che significa appunto armeno).
Scaltri mercanti. Esportavano le loro merci (incluse seta, cotone e tinture, e gli apprezzatissimi vino e miele) fino a Baghdad e Bisanzio. A Bisanzio "esportarono" anche un imperatore: armeno era infatti Eraclio I, il re che completò la conquista bizantina della regione. Era il 629. Solo un paio di decenni dopo, però, l'Armenia passò ai califfi arabi. Con loro, gli Armeni subirono discriminazioni culturali e religiose. Ma non si diedero per vinti. Nell'884 un discendente di una delle più antiche famiglie, i Bagratidi, si fece dapprima nominare emiro, quindi si mise a capo della nobiltà e riconquistò l'indipendenza con le armi un anno dopo. Il suo nome era Ashot.
Rinascimento armeno. Con Ashot e i Bagratidi ci fu un rinascimento culturale, religioso ed economico. Fu fondata una nuova capitale, Ani, che si dice contasse 200mila abitanti e 1.001 chiese, in un periodo in cui in Europa le città arrivavano sì e no a 20mila abitanti. Spodestati gli Arabi, diminuì la pressione fiscale e aumentarono gli scambi e la popolazione. Questo stimolò la trasformazione delle città armene in immensi empori frequentati dai mercanti di tutto il mondo medioevale. I tappeti armeni erano richiesti da emiri e califfi, mentre i Bizantini ricercavano il metallo armeno per forgiare spade e armature. Le rivalità tra i nobili, però, spianarono la strada ai musulmani Selgiuchidi, che piombarono sulla regione nel 1045.
Caos. La situazione di tutto il Caucaso rimase confusa per il resto del Medioevo. Mentre un grosso nucleo di Armeni fuggiva in Cilicia (oggi in Turchia, di fronte a Cipro), l'Armenia subiva invasioni a ripetizione: Selgiuchidi, Mongoli, Tamerlano (1387), Turcomanni... Fino al 1473, quando prevalsero gli Ottomani. La regione si trasformò in campo di battaglia per sultani, scià di Persia e zar di Russia.
La Piccola Armenia. L'Armenia sembrava perduta per sempre. Ma gli Armeni esistevano ancora. Quelli che nell'XI secolo avevano traslocato in Cilicia fondarono un loro Stato all'interno dei confini di Bisanzio: la Piccola Armenia. Quel regno durò tre secoli e fu il baluardo dell'Impero bizantino contro musulmani e crociati. Raggiunse il massimo dello splendore con Leone II (1199-1219), che organizzò i suoi domini sul modello dei principati che i Franchi avevano creato durante le Crociate e difendendo la Piccola Armenia fino al XIV secolo, quando arrivarono i Mamelucchi d'Egitto. Era il 1375 e da quel momento fino al XX secolo non c'è più traccia di uno Stato armeno indipendente.
Epilogo di sangue. I Mamelucchi non riuscirono a mantenere il controllo degli Armeni di Cilicia. Si spalancarono così le porte ai Turchi. Molti Armeni furono uccisi, altri si rifugiarono in Russia, nei Balcani e in Medio Oriente. Fu l'inizio di una diaspora che giunse fino a Venezia attraverso Cipro (veneziana fino al 1489). Solo i più poveri rimasero in Cilicia. E furono i loro discendenti, verso la fine del XIX secolo, a tentare la sollevazione contro l'Impero ottomano. Subirono un primo massacro nel 1894-96, ordinato dal sultano Abdul Hamid, e il primo genocidio in età moderna, organizzato dai Giovani turchi nel 1915-19.
Genocidio. Con le persecuzioni e le deportazioni riaccelerò la diaspora: centinaia di migliaia di persone raggiunsero gli antenati emigrati nel XIV e XV secolo in Europa, mentre altri presero la via delle Americhe. Le persecuzioni, se non altro, servirono a dare agli Armeni una nuova nazione. Una prima repubblica armena fu fondata nel 1918 come conseguenza dello sgretolarsi dell'Impero ottomano. Durò solo fino al 1920, quando fu inglobata nell'Unione Sovietica. E fu quell'Armenia (ex sovietica), con capitale Erevan, a ottenere alla fine la piena indipendenza. Era il 1991, e gli armeni erano sopravvissuti a più di 2.500 anni di Storia.
Questo articolo è tratto da Focus Storia. Perché non ti abboni?