Nel silenzio, a 640 metri di profondità, il robot sottomarino Multipluto-2 rivela improvvisamente un piccolo tesoro: anfore, marmi e laterizi di epoca romana perfettamente conservati all'interno di una fossa nelle acque dell'isola di Pianosa, nell'Arcipelago Toscano.
Tecnologie per gli abissi. Un grande risultato di archeologia subacquea reso possibile dalla collaborazione tra università e privati: la competenza scientifica del Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università Ca' Foscari e Guido Gay, l'ingegnere titolare della Fondazione Azionemare, nonché produttore e pilota in remoto di robot sottomarini in grado di esplorare relitti in profondità. La missione è così partita, con la collaborazione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Pisa e Livorno.
Le immagini di questo tesoro archeologico, che era il carico di un trasporto romano datato al II o al I secolo a.C., sono state realizzate grazie a una tecnica di fotogrammetria automatica: il ROV (Remotely Operated Vehicle) ha catturato migliaia di fotogrammi per mostrare nel dettaglio un grande numero di reperti decisamente ben conservati.
Archeologia marina. Questa preziosa documentazione all'isola di Pianosa è la seconda realizzata da Multipluto. La prima, nell'estate del 2019, era servita per mettere a punto la fotogrammetria di un altro relitto di epoca romana, datato al I secolo d.C.. Si trattava di una nave che trasportava un importante carico di marmi e anfore, affondata a nord-ovest dell'isola della Gorgona, a 34 km dalla costa toscana, a 280 metri di profondità. In quella prima missione erano state recuperate due anfore che, portate sull'isola di Capraia, sono poi state ripulite e classificate.