Gli scavi archeologici di Pompei hanno restituito un antico termopolio individuato già nel 2019 e ora riportato alla luce con un bancone a forma di L con le facce dipinte.
La bottega (thermopolium in latino) era molto simile a quella che oggi definiremmo una una tavola calda, con cibo pronto tenuto all'interno del bancone; si affacciava su una piazzetta della Regio V, una delle nove zone in cui era divisa Pomperi, poco distante dal vicolo dei Balconi e dalla via della Casa delle Nozze d'Argento, di fronte alla cosiddetta locanda dei gladiatori.
Non è l'unico termopolio scoperto a Pompei: ce ne sono almeno una decina, ma l'eccezionalità del bancone dipinto e del suo stato di conservazione ha indotto gli archeologi a scavarlo.
Le raffigurazioni sul fronte del bancone da lavoro di un cane a guinzaglio, di un gallo, di due anatre germane a testa in giù – pronte per essere consumate – di nature morte e di anfore non lasciano spazio a dubbi: rappresenterebbero, secondo gli archeologi, una specie di menù sempre a disposizione degli avventori. Sul bancone si legge anche un insulto, probabilmente inciso da un cliente, rivolto a un certo Nicia definito come un "invertito cacatore". Forse il padrone del negozio, un liberto di origine greca come lascia presupporre l'origine del nome.
Una scoperta eccezionale, come dichiara lo stesso direttore del parco archeologico Massimo Osanna, che più che gettare luce sugli insulti del tempo, mostra in modo molto preciso com'era il tipico cibo da strada a Pompei.
Street food. I frammenti ossei degli animali ritrovati nei dolia – i contenitori in terracotta – raccontano che il menù del 24 ottobre del 79 d.C era a base di mammiferi, uccelli, pesce e lumache. E vino corretto con le fave che servivano a migliorarne il gusto e l'aspetto, rendendolo più chiaro, come descritto da Apicio nel de re coquinaria. Una ricetta molto apprezzata in città, visto che non è l'unico ritrovamento del genere. Il vasellame e i recipienti custodiscono ancora parte del cibo con tanto di resti di una specie di paella composta da pesce e carne insieme (ma senza riso che gli antichi romani non mangiavano) pronto per essere consumato.
All'interno della bottega sono stati rinvenuti anche i resti di altre due vittime dell'eruzione. Il primo – forse un cinquantenne – è stato riconosciuto dalle sue ossa rinvenute dietro il bancone e su una branda nel retrobottega, dove è stato sorpreso dalle correnti piroclastiche.
Il secondo invece è stato risistemato all'interno di un grande dolio al centro della locanda, probabilmente durante uno scavo del XVII secolo, quando archeologi e cacciatori di tesori erano interessati ad altro genere di ritrovamenti.
Con loro anche un cane di piccola taglia, di cui si è conservato l'intero scheletro, che attesta una consolidata pratica di selezione intenzionale.