Resistere alle condizioni estreme dell'Antartide non è cosa da tutti: lo sapevano bene Roald Amundsen e Robert Falcon Scott, che si sfidarono per la conquista del Polo Sud agli inizi del secolo scorso. Il norvegese Amundsen ebbe la meglio sul britannico Scott, che in quella spedizione morì di freddo, fame e stanchezza, indebolito dallo scorbuto (malattia dovuta alla carenza di vitamina C). Che cosa permise ad Amundsen di rimanere in vita e arrivare per primo al Polo Sud, il 14 dicembre 1911? Secondo quanto racconta Julian Sancton nel suo libro Madhouse at the End of the Earth, Amundsen riuscì a non contrarre lo scorbuto e a sopravvivere grazie alla carne di pinguino.
Carne cruda. Tredici anni prima di imbarcarsi per il Polo Sud, l'esploratore norvegese sperimentò per la prima volta le insidie dell'inverno antartico durante una spedizione belga: in quell'occasione lui e il resto dell'equipaggio contrassero lo scorbuto e rischiarono di morire. Il dottore a bordo della nave, Frederick Cook, aveva passato del tempo con gli Inuit (abitanti dell'Artide), e si era reso conto che non si ammalavano mai di scorbuto e si cibavano quasi esclusivamente di carne cruda appena cacciata. Unendo le due informazioni, Cook ebbe un'intuizione: la soluzione per non ammalarsi doveva essere mangiare la carne cruda degli animali che si potevano cacciare tra i ghiacci, ovvero pinguini e foche. Grazie a Cook, l'equipaggio riuscì a salvarsi: «Qualunque tipo di carne, se è cruda a sufficienza, fornisce al corpo la vitamina C necessaria a proteggersi dallo scorbuto», spiega Sancton in un articolo pubblicato sul Guardian.
Questione di scelte. Fu così che Amundsen nel 1911 si imbarcò verso i ghiacci antartici con una consapevolezza in più di Scott, che infatti morì nel 1912, indebolito dallo scorbuto. «La dieta di Amundsen fu sicuramente la carta vincente che gli permise di battere il rivale», afferma Sancton. Il norvegese non si limitò a nutrirsi di pinguini e foche, ma uccise e mangiò anche i cani da slitta più deboli.
Scott, dal canto suo, scartò la possibilità di cibarsi di carne di cane, definendo l'idea "crudele e antisportiva": «Non posso contemplare l'assassinio di animali così intelligenti e pieni di qualità, che vedo come amici e compagni», scrisse. La sua scelta gli costò la vita, e Amundsen tornò in patria come un eroe, ricordando per sempre Cook, che definì come "colui che gli salvò la vita".