Piante, animali, un ghiacciaio in Groenlandia, una catena di montagne in Antartide, perfino un cratere sulla Luna portano il suo nome. Eppure oggi, a parte gli specialisti o gli appassionati di storia della scienza, pochi ricordano Alexander von Humboldt. Quest’anno si celebrano i 250 anni dalla nascita di questo esploratore, geografo, scienziato che ha compiuto osservazioni ed elaborato riflessioni ancora fondamentali in tanti campi della ricerca, dalla geologia allo studio del clima.
Scienziato star. Quasi sconosciuto oggi, ai suoi tempi Humboldt era una celebrità, al punto che i suoi contemporanei lo definirono l’uomo più famoso al mondo dopo Napoleone. Nacque a Berlino il 14 settembre 1769, in una ricca famiglia aristocratica, e morì nella stessa città, nel 1859. L’inaugurazione del busto in bronzo che lo ritrae, nel Central Park di New York, dieci anni dopo la sua morte, fu annunciata con affissioni e bandiere per tutta Manhattan, e a presenziare alla cerimonia si affollarono migliaia di persone. Durante la sua vita, Humboldt ebbe relazioni con i più importanti uomini del suo tempo, da letterati come Goethe al presidente americano Thomas Jefferson.
L'inventore della natura. Fu una figura eclettica, con tantissimi interessi. Gli studiosi concordano sul fatto che il suo contributo più importante sia l’aver intuito e compreso la profonda interconnessione dei sistemi naturali, dal clima alla natura fino alle società umane.
Come scrive per esempio la storica Andrea Wulf nel libro che ha dedicato alla sua figura (in italiano L’invenzione della natura, Luiss University Press) a lui dobbiamo il concetto di “natura” come lo intendiamo oggi, e le origini del pensiero ecologista. A settembre, la rivista Science gli ha dedicato una serie di articoli ricordando l’attualità e la rilevanza dei suoi contributi.
A Humboldt si deve per esempio l’introduzione di un concetto per noi oggi scontato, quello delle “isoterme”, ovvero le linee che appaiono comunemente sulle carte delle previsioni del tempo e che indicano le regioni del globo con le stesse temperature medie. Come oggi sappiamo, il clima locale e le temperature sul pianeta non dipendono principalmente dalla latitudine, ma da vari altri fattori geografici, come la presenza di correnti oceaniche o catene montuose.
Sul vulcano. Una delle imprese di Humboldt rimaste più celebri e quasi leggendarie fu l’ascesa, in compagnia del botanico francese Aimé Bonpland, al vulcano Chimborazo, in Ecuador, ritenuto ai tempi (con i suoi oltre seimila metri) la montagna più alta del mondo. I due documentarono nel corso della loro impresa i cambiamenti della vegetazione via via che l’altitudine aumentava, dalle foreste tropicali alla base della montagna, fino al punto in cui gli alberi lasciavano il posto a rocce e licheni.
In questo modo gettarono le basi all’idea che il principio che dà forma alle diverse comunità di piante e animali alle diverse altitudini e latitudini è il clima, un concetto per niente scontato ai tempi. Per illustrare questo concetto Humboldt fece delle spettacolari tavole illustrate - che chiamava Tableau Physique - con la rappresentazione delle diverse varietà di piante che crescevano alle varie altezze lungo le pendici del vulcano, e che comprimevano la diversità dei climi nell’arco di poche migliaia di metri.
Memento. Oggi, queste tavole bellissime permettono agli studiosi di fare anche un confronto tra la distribuzione attuale delle specie e quella di 200 anni fa, una testimonianza ulteriore, se ce ne fosse bisogno, dei cambiamenti climatici in atto.
Sebbene, come alcune ricerche recenti hanno mostrato, il lavoro classificatorio di Humboldt e Bonpland non sia preciso per gli standard di oggi (secondo uno studio recente la maggior parte dei campioni di piante non sarebbero stati raccolti sul Chimborazo ma su un altro vulcano, l’Antisana, distante circa 130 chilometri), il paragone serve comunque una volta in più a stabilire una conclusione di fondo: in 200 anni gli effetti indotti dai cambiamenti climatici sono visibili e impressionanti. Piante che all’inizio della prima rivoluzione industriale si trovavano a quote basse, ora, con il riscaldamento indotto dai gas serra, prosperano centinaia di metri più in alto.
Ma soprattutto, nell’epoca dell’Antropocene, in cui diventa sempre più inevitabile confrontarci con l’impatto drammatico dell’uomo sull’ambiente e sulla natura, pare davvero premonitore il contenuto centrale del pensiero di Humboldt, ricordato anche in uno dei contributi apparsi su Science: tutto è connesso, e nella rete di relazioni che contraddistingue la vita sul pianeta Terra, niente di quello che facciamo rimane senza conseguenze.