"Vi amo alla follia. Non c'è momento in cui io non vi adori". È un messaggio scritto dalla regina Maria Antonietta (1755- 1793), solo recentemente venuto alla luce grazie al team della scienziata Anne Michelin, del Museo nazionale di Storia naturale di Parigi. Il destinatario della corrispondenza era il conte Hans Axel von Fersen (1755-1810), che rispondeva: "Vivo ed esisto solo per amarvi. Adorarvi è la mia sola consolazione". Maria Antonietta fece distruggere la fitta corrispondenza con il conte, mentre lui la conservò, cancellando le frasi più piccanti per non compromettere la regina e realizzando una copia di ogni lettera inviata all'amata. Così i discendenti del nobile svedese hanno deciso di donare queste preziose testimonianze agli archivi nazionali francesi che, a loro volta, li hanno messi a disposizione di una squadra di scienziati in grado di fornire, attraverso la tecnica della fluorescenza di raggi X, una testimonianza concreta della leggendaria relazione tra i due, decifrando le frasi censurate. Ecco la prova storica, dunque, di un amore clandestino che attraversò la storia della Francia in uno dei suoi momenti più drammatici, quelli della Rivoluzione.
attrazione fatale. Tutto era iniziato nell'inverno del 1774, quando la futura regina di Francia e Fersen, appena diciottenni, si incontrarono per la prima volta. L'occasione, un gran ballo in maschera all'Opéra di Parigi. Lei indossava il "domino", un lungo mantello con cappuccio, una sottile mascherina a coprire gli occhi e la voglia di innamorarsi, come ogni ragazza della sua età. Lo svedese era arrivato in città nell'ambito del Grand Tour, viaggio d'istruzione che facevano tutti i giovani del suo lignaggio. Alto un metro e novanta, i lineamenti regolari, gli occhi azzurri orlati da scure ciglia nere: per le dame di corte divenne presto le beau Fersen, Fersen il bello.
Raramente i matrimoni dinastici sono felici, ma quello celebrato a Versailles il 16 maggio 1770 tra Maria Antonia Giuseppa Giovanna d'Asburgo Lorena figlia di Francesco I imperatore del Sacro romano impero, e il delfino di Francia Luigi Augusto, fu decisamente infausto. A dettarlo, d'altronde, erano state mere questioni politiche, ovvero cementare la ancora fresca alleanza tra le storiche nemiche Francia e Austria in funzione antiprussiana (1756). La prima notte di nozze fu un disastro, ma era solo l'inizio: l'unione rimase "bianca" per i primi sette anni. E fu in questo infruttuoso ménage che Fersen divenne il favorito di Maria Antonietta, quello che più spesso e facilmente poteva accedere al suo cospetto.
Il 10 maggio 1774 Luigi XV morì di vaiolo e la delfina divenne la nuova regina di Francia, con la responsabilità e la condotta che questo implicava. Fersen capì che era meglio cambiare aria. Con sollievo dei cortigiani, ingelositi dalla sua rapida ascesa.
Passarono anni prima che i due si rivedessero: Fersen era diventato un uomo e faceva i primi passi in politica sotto l'ala del suo sovrano, Gustavo III. Maria Antonietta era una giovane regina finalmente incinta. Anche questa volta Fersen non si trattenne a lungo sul suolo francese. Gli americani si battevano per la loro indipendenza dall'Inghilterra e Parigi, nemica naturale di Londra, inviò oltreoceano un contingente ad appoggiare i ribelli.
La passione a corte. All'inizio del 1779, Fersen si aggregò. Al ritorno, re Gustavo lo portò con sé in un lungo giro diplomatico in Europa, fatto di serate danzanti, cene e incontri galanti. Nell'estate del 1784, Gustavo e Fersen fecero tappa a Versailles: non ci volle molto perché lo svedese e la regina si lasciassero risucchiare da quel parco dei divertimenti per adulti concepito dal Re Sole oltre un secolo prima. Fersen fece di tutto per rimanere in Francia: sapeva che il legame con la regina poteva giovargli. E non si sbagliava: Maria Antonietta convinse il marito a prestargli il denaro necessario per comprare il comando nel Régiment Royal Suédois, formato quasi esclusivamente da svedesi, che gli avrebbe fruttato una generosa rendita annuale.
I tempi però stavano per cambiare, e con una velocità che prese tutti alla sprovvista. La presa della Bastiglia (14 luglio 1789) segnò la fine di un'epoca. "Tutte le menti degli uomini sono in fermento", scrive Fersen a un amico: "non si parla di altro che di una costituzione. Le donne in particolare si stanno unendo al frastuono, e tu sai bene quanta influenza hanno in questo Paese. È una mania […] non si fa che parlare di progresso, persino i lacchè nelle anticamere sono occupati nella lettura degli opuscoli". Molti di questi opuscoli, di simpatie giacobine, avevano come bersaglio la regina. Non era mai stata popolare e, per i tempi superstiziosi in cui viveva, essere nata il 2 novembre, giorno dei morti, non era d'aiuto.
la marcia delle donne a Versailles. La dipingevano come una donna frivola e spendacciona che, incurante delle miserie del popolo, intrecciava amori saffici con le dame di corte; un'austriaca che si era impadronita del trono di Francia, obbedendo alle direttive della madre Maria Teresa, per condurre la nazione alla rovina.
Un fondo di verità c'era. Maria Antonietta sperperava cifre favolose a carte e per il guardaroba, e le sue feste a volte duravano giorni. L'odio ispirato dai pamphlet si materializzò il 5 ottobre 1789, quando migliaia di donne marciarono da Parigi a Versailles chiedendo pane per i loro figli.
I loro slogan erano tutti contro la regina, identificata con i mali del Paese. Fersen intervenne in difesa di Maria Antonietta: con una galoppata precedette il corteo e fece appena in tempo a metterla al sicuro. La marcia un risultato lo ottenne: l'indomani il re e la regina furono costretti a trasferirsi a Parigi, alle Tuileries, un palazzo ormai in rovina sulla riva destra della Senna. Per oltre un anno e mezzo il re ingaggiò un braccio di ferro con i suoi avversari, incerto se fare concessioni o chiamare in suo soccorso gli altri monarchi d'Europa. Scomparsi i fasti e gli adulatori, per Maria Antonietta sarebbero rimaste disperazione e solitudine, se Fersen, non avesse continuato a esserle fedele. Non fu una scelta ovvia, neanche per un aristocratico come lui, che poteva in ogni momento essere eliminato come nemico della rivoluzione.
La fuga da Parigi. Solo nella primavera del 1791 Luigi si convinse a tentare la fuga. L'obiettivo era raggiungere una località a est del Paese, dove un comandante militare fedele lo avrebbe atteso con la sua guarnigione. La comitiva doveva apparire come il seguito di una ricca baronessa. Maria Antonietta finse di essere la governante ma il travestimento non funzionò: a Varennes, nelle Argonne, furono riconosciuti e costretti a tornare sotto custodia nella capitale, tra due ali di folla inferocita. Fersen riuscì per miracolo a evitare la cattura e da quel momento cominciò a girare tra le corti europee, facendosi portavoce dei lealisti che speravano di coinvolgere Paesi come l'Austria, l'Inghilterra o la Prussia nel soffocare l'esperimento rivoluzionario francese. Non se ne fece niente.
Il 28 giugno Maria Antonietta scrisse all'amato, rassicurandolo: "Non essere turbato sul mio conto, non mi succederà nulla. L'Assemblea Nazionale mostrerà clemenza. Addio, uomo amatissimo. Stai calmo se puoi. Abbi cura di te stesso, fallo per me. Non posso più scrivere, ma nulla al mondo potrebbe impedirmi di adorarti fino alla morte". Cioè fino al 16 ottobre 1793, quando Maria Antonietta fu condotta al patibolo e ghigliottinata. Fersen apprese la notizia della morte dell'amata mentre era a Bruxelles, dove ancora cercava una soluzione.
"Sebbene fossi preparato per questo e lo aspettassi, fui devastato", annotò nelle sue memorie. Prima del tragico epilogo erano riusciti a vedersi solo un'ultima volta. Lei gli restituì un anello che molto tempo prima lui le aveva donato. E gli consegnò un biglietto su cui era scritta una breve frase, in italiano: "Tutto a te mi guida".
----------
Articolo è tratto da "L'amante della regina", di Massimiliano Griner, pubblicato su Focus Storia 144 (ottobre 2018), disponibile solo in formato digitale. Leggi anche l'ultimo numero di Focus Storia.