Churchill l'aveva previsto: sconfitto il nazismo, sarebbe avanzato il comunismo e una "cortina di ferro" sarebbe scesa sul Continente. Infatti l'Urss arrivò al cuore dell'Europa. E dominò i Paesi dell'Est per quasi 45 anni. Vediamo come nell'articolo "Gli oppressori russi" di Simone Cosimelli, tratto dagli archivi di Focus Storia.
Sfera d'influenza. Era il 5 marzo 1946. Al Westminster College di Fulton, in Missouri (Usa), Winston Churchill si rivolge alla platea lanciando l'allarme sull'espansione dell'Urss in Europa. I giornalisti prendono nota, i presenti si interrogano sul futuro. Dietro le quinte il presidente degli Stati Uniti, Harry Truman, già informato sul contenuto del discorso, approva. Secondo Churchill i sovietici, divenuti una grande potenza dopo la sconfitta di Hitler, avrebbero ampliato la propria sfera di influenza.
Iron curtain. Sconfitto il nazismo, il comunismo avanzava: e tutto era destinato a cambiare. "Da Stettino nel Baltico a Trieste nell'Adriatico", disse Churchill in quel discorso poi divenuto famoso, "una cortina di ferro è scesa attraverso il continente. Dietro quella linea giacciono tutte le capitali dei vecchi Stati dell'Europa Centrale e Orientale". L'espressione "cortina di ferro" (Iron Curtain in inglese), già pronunciata da altri, divenne celebre: si riferiva all'impenetrabile linea che separava il blocco occidentale a guida americana dal blocco orientale a guida sovietica. Era l'inizio della Guerra fredda. E l'Europa dell'Est, controllata dall'Urss, ne divenne uno dei centri nevralgici.
L'AVANZATA SOVIETICA. L'Urss aveva dato un contributo determinante alla sconfitta del nazismo. Ma il prezzo era stato alto. Nel 1939 l'alleanza tra Hitler e Stalin (il patto Molotov- Ribbentrop) consentì ai comunisti di occupare Estonia, Lettonia, Lituania, parte della Polonia, della Finlandia e della Romania. Nel 1941, tuttavia, la scelta di Hitler di attaccare l'Urss, con l'operazione Barbarossa, scompaginò le carte. Stalin, colto di sorpresa, dovette affidarsi ai propri ufficiali per divincolarsi dalla morsa nazista: i territori sovietici furono infatti brutalmente occupati e i tedeschi giunsero a un passo dalla conquista di Mosca. Tuttavia, a costo di immani sacrifici materiali e umani, l'Armata Rossa riuscì a ricacciare indietro i nemici, cominciando dal 1943 un'inarrestabile avanzata nel cuore dell'Europa con l'obiettivo di riprendersi le zone perdute e di espandere i domini sovietici.
Patto tra giganti. Alla fine, tra civili e militari, l'Urss contava circa 25 milioni di morti (contro i 7 milioni della Germania e i 300mila degli Stati Uniti). Ma una volta abbattuto il nemico comune, tra i vincitori – Stalin, Churchill e Roosevelt, "i tre grandi" – emersero le rivalità.
Dopo la guerra, in teoria, ogni nazione, con la nascita, nel 1945, dell'Organizzazione delle nazioni unite (Onu), avrebbe dovuto decidere il proprio avvenire democraticamente. In pratica, Stalin, osannato in casa come il "generalissimo", non volle rinunciare all'Europa.
Nasce un IMPERO. Tutti i Paesi europei a est della "cortina di ferro", meno sviluppati rispetto all'Europa Occidentale, rimasero sotto il controllo sovietico: le repubbliche baltiche e l'Ucraina (incorporate nell'Urss), la Polonia, la Cecoslovacchia, l'Ungheria, la Bulgaria, la Romania, l'Albania e la Iugoslavia. Stalin li trasformò in Stati satelliti dell'Unione Sovietica. Quanto alla Germania, venne spartita fra i due blocchi: la parte ovest divenne la Repubblica Federale di Germania (Brd) a guida statunitense; la parte orientale prese il nome di Repubblica Democratica Tedesca (Ddr) sotto il controllo sovietico. Stalin premeva affinché il comunismo si espandesse: dopo la guerra il prestigio dell'Urss, soprattutto in Occidente, aumentò; mentre nei confini sovietici la propaganda nazionalista cercò di convincere la popolazione del successo storico della rivoluzione bolscevica. Bisognava quindi consolidare "l'impero esterno".
Governi fantoccio. Agendo tramite i partiti comunisti dei vari Paesi, l'Urss, anche dove autorizzò libere elezioni, ottenne il controllo della polizia, dei ministeri strategici, colpì gli avversari politici e instaurò governi fantoccio facilmente manipolabili. In Polonia, per esempio, tutti i partiti non vincolati a Mosca vennero indeboliti e alle elezioni del 1947 il partito comunista locale e i suoi alleati stravinsero. In Cecoslovacchia, dove il presidente Edvard Beneš stava promuovendo una politica aperta all'Occidente, Stalin autorizzò un colpo di Stato che portò i comunisti al potere. La stretta sovietica coincise dappertutto con l'inizio della Guerra fredda.
SATELLITI. Gli Stati, sulla carta riconosciuti come "democrazie popolari", furono in realtà assoggettati al volere di Mosca. Nel 1947 venne istituito il Cominform (l'Ufficio informazioni dei partiti comunisti) con il compito di coordinare politicamente i vari Paesi. Nel 1949 nacque il Comecon (il Consiglio per la mutua assistenza) per favorire l'integrazione tra l'economia sovietica e quella degli Stati satelliti. Ogni nazione, dopo aver subìto processi di statalizzazione dei mezzi di produzione, fu obbligata a commerciare in modo bilaterale con l'Urss.
L'eccezione di Tito. Solo la Iugoslavia, che era riuscita a sconfiggere i nazisti senza l'aiuto dell'Armata Rossa ed era dominata dal dittatore Tito, si sottrasse al giogo e ruppe le relazioni con Mosca. La Iugoslavia fu espulsa dal Cominform nel 1948 e l'accusa di "titoismo" divenne un'arma che Stalin utilizzò contro i politici non allineati, che venivano giustiziati dopo processi farsa come accadde nel 1949 al bulgaro Traicho Kostov o all'ungherese László Rajk.
Lo smacco, per il "generalissimo", fu grande. Anche se non cambiò la sostanza: alla sua morte, nel 1953, mezza Europa era controllata dall'Urss.
L'EUROPA COMUNISTA. «La nascita dell'impero esterno sovietico», spiega Alberto Basciani, professore di Storia dell'Europa Orientale all'Università di Roma Tre, «rispose in primo luogo all'ossessione di Stalin di assicurare una sorta di cordone di sicurezza ai confini dell'Urss. D'altro canto la formazione delle cosiddette democrazie popolari rappresentò anche l'occasione per esportare il modello sovietico così come era stato forgiato da Stalin: il partito comunista unico attore posto al centro del sistema politico e statale, la distruzione fisica delle classi sociali considerate nemiche e il terrore assunto a metodo di governo, la completa statalizzazione, infine, delle risorse economiche. Fino al 1953, i Paesi comunisti dell'Est erano poco più che delle province del grande impero sovietico, con spazi di autonomia interna e internazionale fortemente ridotti; essi simboleggiavano l'immagine della superpotenza sovietica e la sua ambizione di rappresentare un'alternativa al modello capitalista».
Alternativa al capitalismo. Ovunque vennero soppresse le libertà civili, politiche e religiose. E, nonostante i grandi progetti di industrializzazione, si registrò un progressivo calo del tenore di vita generale. Nel 1955 tutti gli Stati satelliti furono inclusi nel Patto di Varsavia: un'alleanza militare varata in risposta alla Nato occidentale.