Il 5 marzo 1953 moriva Stalin, l'uomo che aveva tenuto in pugno l'Unione Sovietica per quasi trent'anni, vincitore della guerra contro Hitler ma persecutore del proprio popolo. Il giorno dopo l'Unione Sovietica si risvegliò disorientata, scioccata, piena di incognite. Che cosa aveva rappresentato per l'Unione Sovietica quel "Piccolo padre", come la propaganda chiamava Stalin? E che cosa rappresenta ancora oggi? Ce lo spiega su Storia in Podcast lo storico Andrea Romano, docente di Storia contemporanea all'Università Roma Tor Vergata.


LE ULTIME ORE. Stalin era stato colpito da un ictus verso le 18:30 del 1° marzo 1953, nella sua dacia fuori Mosca. Le guardie se ne accorsero solo verso le 10 di sera. Il dittatore fu trovato a terra in pigiama e maglietta, in mezzo alla propria urina. Furono subito avvisati i vertici dell'Urss, tra i quali il ministro degli Interni Berija e l'astro nascente Nikita Krusciov. Dodici ore dopo il colpo apoplettico erano intorno al leader agonizzante sul divano. Ma solo la mattina seguente decisero di chiamare i medici.
Fu un ritardo voluto? Gli storici si interrogano ancora oggi. Alcuni, in realtà senza prove concrete, sostengono la tesi di un avvelenamento, orchestrato da Berija, per anni a capo dei servizi di sicurezza sovietici e quindi "esperto" di veleni a lunga azione. Secondo le fonti più attendibili, invece, i fedelissimi di Stalin, si presero un po' di tempo per trovare un accordo sulla gestione del Paese e la futura distribuzione del potere.
FACENDO I CONTI… Stalin aveva iniziato la sua scalata dopo la morte di Lenin (1924): uscì vittorioso dalla lotta per la successione che si era aperta, sfruttando ogni mezzo, persona e occasione. E, poco alla volta, accentrò tutti i poteri nelle proprie mani, cancellando qualsiasi oppositore. "Stalin era un ragno e chiunque si fosse avvicinato alle sue tele doveva morire", fu la descrizione postuma che ne fece il compositore russo Dmitrij Šostakovich.
Si stima che sarebbero 20 milioni le vittime complessive della dittatura di Stalin tra la fine degli Anni '20 e il 1953. La cifra comprende le persone liquidate con le "purghe staliniane" (i processi-farsa che miravano a epurare dal partito comunista gli elementi "controrivoluzionari"), i morti nei gulag e quelli provocati dalle carestie indotte dalla collettivizzazione forzata.