La marcia su Roma per i fedelissimi del Duce ha sempre rappresentato un mito: è il giorno zero del calendario fascista e il momento che sancì il superamento della democrazia parlamentare in nome di quella che definivano una gagliarda rivoluzione fascista. Ma che cosa accadde per davvero quel 28 ottobre del 1922?
Oggi gli storici più che di marcia su Roma parlano di grande (e riuscito) bluff giocato da Mussolini, che non marciò su Roma in prima persona, ma assistette a Milano all'evolversi della situazione (arrivando nella capitale qualche giorno dopo). La marcia, inoltre, non durò un giorno solo, ma diversi giorni: dal 26 al 30 ottobre.
L'aNTEFATTO. La marcia avvenne dopo mesi di violenze squadriste contro sedi e iscritti di partiti e sindacati di sinistra, e in un contesto democratico compromesso dal susseguirsi di governi deboli.
In quell'ottobre piovoso del 1922 a capo del governo c'era Luigi Facta, che per Mussolini era un personaggio ininfluente: "Quando lo vedo mi viene voglia di tirargli i baffi" diceva.
L'obiettivo del futuro Duce era estrometterlo e ottenere la guida del Paese forzando la mano al re, Vittorio Emanuele III, che avrebbe dovuto decidere, durante lo svolgimento di quella manifestazione eversiva, se cedere alle pressioni dei fascisti e incaricare Mussolini di formare un nuovo governo o dichiarare lo stato d'assedio, rischiando la guerra civile.
verso la capitale. La marcia iniziò il 26 ottobre, con Perugia come quartiere generale dell'iniziativa. Da qui i quadrumviri (tra i quali Italo Balbo) nominati qualche giorno prima da Mussolini coordinavano le operazioni.
Il 27 ottobre circa ventimila camicie nere partirono da Santa Marinella, Tivoli, Monterotondo e dal Volturno e, requisendo convogli ferroviari, si diressero verso la capitale, difesa a sua volta da 28.400 soldati.
Mussolini non era con loro: tesseva le fila della sua ascesa al potere da Milano, dove aveva la direzione del giornale Il popolo d'Italia. Ogni ora che passava il clima diventava sempre più incandescente: da diverse regioni d'Italia squadre di combattimento provavano a raggiungere Roma requisendo i treni (ma spesso trovavano i binari divelti dai militari decisi a boicottare la marcia).
il giorno più lungo. Alle 6 del mattino del 28 ottobre il governo dichiarò lo stato d'assedio, ma il re (alle 8 e 30) si rifiutò di controfirmarlo e Luigi Facta si dimise: il Paese era senza governo (e fuori controllo). Mentre le camicie nere entravano nella capitale, minacciando di occupare i ministeri, Mussolini fu convocato dal re. Giungerà a Roma il 30 ottobre (viaggiando in treno, in vagone letto): solo allora il re gli conferirà ufficialmente l'incarico di formare un nuovo governo di coalizione.
Mussolini era riuscito nel suo piano: spaventare le istituzioni e prendere con la forza il comando del Paese. Durante il suo discorso di insediamento davanti alla Camera dei deputati (il 16 novembre) si presenterà con l'ormai famoso discorso del bivacco: "Avrei potuto fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli. Potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto".
Il fascismo era ufficialmente cominciato.