Il primo passo sulla Luna fu fatto da un uomo, ma il successo della missione Apollo 11 si deve anche a una squadra tutta femminile: un gruppo di operaie tessili che garantì l'affidabilità dei sistemi informatici di bordo e contribuì ad evitare che i sovietici facessero fallire la missione. Ecco la loro storia. (Franco Severo, 20 luglio 2009)
Se il 20 luglio del 1969 l’uomo è atterrato sulla Luna deve dire grazie a una donna, o meglio, a numerose donne: le pazienti operaie che a partire dal 1960 in una fabbrica poco fuori Boston hanno iniziato ad assemblare i circuiti integrati all’interno dei quali era annidato il software di navigazione dell’Apollo 11.
10 0 11 01. Siamo nel 1960, il presidente Kennedy ha appena varato il programma spaziale Apollo e i computer sono grandi come intere stanze. Rispetto ai suoi simili, quello che guiderà Aldrin e colleghi sulla Luna è piccolissimo: meno di mezzo metro cubo. E pur avendo solo 160 kilobytes di memoria (un milionesimo rispetto a quella di un iPhone) riuscirà, in totale autonomia e senza bisogno di intervento umano, a fare il viaggio Florida-Luna e ritorno. Tutti i comandi necessari alla storica missione sono contenuti in milioni di istruzioni scritte in codice binario, cioè in sequenze di zero e uno. Si tratta però di un software molto diverso rispetto a quelli cui siamo abituati oggi.
Software da toccare. Niente CD o DVD, ma grossi banchi intessuti di memorie a filo: circuiti integrati costituti da spirali di rame avvolte attorno ad un cuore magnetico. Erano memorie di tipo fisico: se il filo di rame veniva fatto passare per il centro del magnete l’istruzione veniva letta come uno, altrimenti come zero. E ogni sequenza di zero e uno costituiva un comando per la navicella Apollo. Dalla Russia con invidia. Una programmazione fatta con questo sistema era molto complessa ma affidabile ed estremamente robusta: non vi era modo di guastare il software se non rompendo materialmente gli avvolgimenti. E metteva la NASA al sicuro da eventuali sabotaggi da parte dei sovietici: le memorie a filo non erano soggette alle interferenze radio che il Cremlino avrebbe potuto utilizzare per disturbare le comunicazioni e far fallire la missione.
Vecchiette nello spazio. Questo tipo di circuiti erano chiamati anche !memorie LOL", dalla sigla Little Old Ladies, letteralmente "vecchiette", come affettuosamente venivano chiamate le operaie addette alla loro produzione. Queste donne, che con la loro pazienza e precisione hanno contribuito in modo determinante al successo della missione, erano ex operaie tessili, reclutate dagli esperti del MIT già nel 1960. Lavoravano a coppie attorno a ogni banco di memoria, avvolgendo metri e metri di filo di rame attorno al cuore magnetico dei circuiti. Era un lavoro estremamente dispendioso in termini di tempo e di risorse umane: ogni singolo circuito prima di essere installato a bordo dell’Apollo era controllato da 3 o 4 persone.
Errare è… maschile. Ma tutto funzionò alla perfezione: le analisi fatte dalla NASA nei mesi seguenti alla missione hanno dimostrato che tutte le anomalie e gli errori registrati dal computer di bordo nel corso del viaggio erano riconducibili ad errori fatti dai tre astronauti. Tutti uomini.
Una sonda sulla Luna 40 anni dopo lo sbarco che ha ripreso i luoghi dello sbarco.
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