Per la maggior parte di noi le mummie sono quelle avvolte nelle bende dell’antico Egitto. In realtà, i resti umani arrivati ben conservati fino a noi, in modo intenzionale o meno, sono tanti altri. Tra i meno noti e più misteriose ci sono le cosiddette “mummie di palude”.
Questi corpi mummificati scuri, che sembrano fatti di cuoio, sono stati ritrovati casualmente, nel corso del tempo, nelle torbiere in molte parti del nord-Europa, soprattutto in Gran Bretagna, Irlanda, Danimarca e Germania. Sono probabilmente oggi alcune centinaia, anche se quelli studiati attentamente sono poche decine. La maggioranza risale a un periodo che va dall’800 a.C. al 400 d.C., ma ce ne sono anche datate fino a 8.000 anni fa, e alcune sono di epoca medievale. Da anni rappresentano un enigma per gli studiosi, che si chiedono il perché di questa particolare sepoltura.
Come si sono conservate? Le mummie delle torbiere, come vengono anche chiamate, sono arrivate a noi grazie alle particolari condizioni del luogo in cui sono stati deposti i corpi: la mancanza di ossigeno tipica delle acque di palude, che non consente la sopravvivenza dei microrganismi che decompongono i materiali organici, ha permesso la conservazione quasi perfetta della pelle, dei capelli, a volte anche del cervello o del contenuto dello stomaco, e spesso perfino dei vestiti.
Lo scheletro, invece, si è quasi sempre dissolto, a causa dell’acidità delle acque, che ha anche contribuito a dare alle mummie il loro colore e aspetto caratteristico, simile a cuoio. Il cosiddetto uomo di Tollund, che visse nel IV secolo a.C, e aveva circa 40 anni al momento della morte, è arrivato fino a noi quasi perfettamente integro, con perfino i lineamenti riconoscibili, tanto che al momento della scoperta, nel 1950, fu scambiato per la vittima di un omicidio recente.
Chi erano quegli individui? E perché sono stati sepolti in una palude? Già lo storico romano Tacito aveva ipotizzato che si trattasse di persone condannate per qualche reato, messi a giacere nella torbiera e non cremati secondo l’uso delle popolazioni dell’epoca nel nord-Europa. E l’ipotesi che si trattasse di criminali è sostenuta ancora oggi da alcuni studiosi. I corpi, in particolar modo quelli dell’età del ferro, presentano spesso segni di morte violenta, gola tagliata o ferite alla testa. La teoria è che fossero persone sacrificate in riti rivolti alle divinità, e che la palude all’epoca rappresentasse una sorta di ingresso verso l’aldilà. Secondo nuove indagini, la sepoltura nella palude potrebbe essere proprio un rito funebre ma per membri considerati speciali nelle loro comunità.
Dallo studio recente dei resti dei vestiti di alcune mummie, in particolare quella della donna di Huldremose e di quella di Haraldskær, è emerso che si trattava di capi sofisticati, che denotavano ricchezze. Inoltre, l’analisi delle fibre degli abiti dimostrerebbero che venivano da posti diversi e lontano da quello in cui erano stati seppelliti: forse la sepoltura nella palude riguardava stranieri o persone non perfettamente integrate nella comunità in cui erano arrivati. Altra ipotesi ancora è che i corpi delle paludi fossero stati sacrificati in qualche rito.
Suicidi e soldati. Alcuni corpi più recenti, come quello della donna di Meenybradden trovato in Irlanda e risalente al Sedicesimo secolo, si ipotizza siano suicidi, sepolti in territorio sconsacrato invece che nel cimitero. Sono diventate mummie di palude anche alcuni cadaveri di soldati russi e tedeschi nella prima guerra mondiale: morti nella battaglia dei laghi masuri, in Polonia.