Un nuovo tassello si aggiunge al quadro, non ancora del tutto chiaro, della misteriosa sindrome che, a partire dal 2016, ha interessato in diversi episodi il personale federale di Stati Uniti e Canada in vari sedi diplomatiche sparse per il mondo.
Il malessere (un insieme di sintomi che includono vertigini, nausea, mal di testa, spossatezza, alterazioni dell'udito e dell'equilibrio, perdite di memoria) soprannominato "sindrome dell'Avana" (Havana Syndrome) perché inizialmente denunciato da funzionari e diplomatici USA di stanza nella capitale cubana, non sembrerebbe lasciare segni permanenti nel cervello. A dirlo sono un paio di studi effettuati e pubblicati sulla rivista JAMA dagli stessi National Institutes of Health (NIH) statunitensi.
Mistero sull'origine. La sindrome dell'Avana ha interessato negli anni circa 1500 persone in totale coinvolte in vari uffici federali non solo a Cuba ma anche in Austria, Cina, Russia, Germania e Colombia. Negli anni è stato attribuito alle cause più disparate: da un attacco con armi soniche non meglio precisate (ipotesi poi scartata) allo stress per la vita non proprio rilassante dei diplomatici, dalle frequenze disturbanti del canto di un grillo alle conseguenze delle esalazioni di potenti prodotti chimici contro le zanzare.
Nel 2023 il direttore dell'intelligence nazionale degli Stati Uniti ha reso noto che cinque delle agenzie di intelligence USA sulle sette che si erano occupate del caso avevano ritenuto "molto improbabile" che i problemi di salute fossero stati causati da Paesi avversari degli Stati Uniti (come Russia o Cina, inizialmente sospettate di aver architettato una guerra di spionaggio).
I segni? Assenti o scomparsi. Queste conclusioni hanno lasciato insoddisfatte le vittime degli attacchi, che hanno riportato sintomi debilitanti senza trovare spiegazioni convincenti. In questo contesto si inseriscono i due nuovi studi, che però non hanno trovato alcuna traccia di lesione cerebrale né di altre anomalie biologiche nel cervello e nell'organismo delle persone toccate da sindrome dell'Avana rispetto a volontari sani.
Gli scienziati hanno sottoposto 80 soggetti (tra personale federale e i loro familiari) che avevano riferito eventi sospetti a una serie di esami, come diversi tipi di risonanza magnetica cerebrale, test neuropsicologici, visivi, auditivi, di equilibrio, esami del sangue e valutazioni cliniche. Il gruppo di controllo includeva volontari impegnati in simili compiti ma che non avevano avuto eventi avversi.
Un disturbo reale. Il team ha riconosciuto l'assoluta veridicità dei sintomi, nella maggior parte dei casi simili a quelli della dizziness posturale-percettiva persistente, un tipo di disequilibrio cronico caratterizzato dalla percezione persistente di instabilità o rotazione, nonché la loro debilitante "coda" sulla qualità di vita degli interessati: in molti hanno riportato infatti stanchezza cronica, disturbo da stress post-traumatico e depressione, perché temevano per la propria salute e per il proprio futuro.
Nessuna risposta. Tuttavia, secondo gli scienziati, se i sintomi sono stati causati da qualche fenomeno esterno, questo non ha lasciato cambiamenti fisiopatologici persistenti o individuabili nella struttura del cervello delle persone colpite.
Insomma se anche ci fosse stato un evento neurologico, non ha prodotto i cambiamenti a lungo termine tipicamente osservabili negli esami di neuroimaging di chi ha avuto un ictus o una lesione cerebrale da trauma. Il che da un lato è rassicurante e dall'altro aumenta la frustrazione sull'impossibilità di risalire alle cause della sindrome dell'Avana. Infine, è anche possibile che le tracce di questi eventi semplicemente ci fossero un tempo, ma non siano più rintracciabili.