Betlemme. Nella Basilica della Natività c’è una stella d’argento su cui è incisa la scritta: “Qui dalla Vergine Maria è nato Cristo Gesù”. Per entrare in quel luogo bisogna inchinarsi: l’unico portone d’accesso è alto 1 metro e 20. L’ingresso così basso impediva che si entrasse in chiesa a cavallo. Ma è davvero qui che il Salvatore è apparso sulla Terra? Chi erano i suoi genitori, dove sono vissuti? Si può ricostruire la loro storia?
Lo pose in una mangiatoia. Innanzitutto bisogna partire dai vangeli. "In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra (...). Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nazaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio".
L’evangelista Luca racconta tutto sulla nascita di Gesù: il nome dei genitori, il momento e il luogo. Matteo, l’unico altro evangelista che parla della Natività, si limita a dire che Gesù nacque a Betlemme al tempo del re Erode. Sommando le due storie, si ottiene il presepe perfetto. Ma già pieno di misteri. A cominciare da mamma e papà.
Maria, la madre di Gesù, concepì il bambino senza perdere la verginità (e attenzione non è l'Immacolata Concezione). Lo racconta Luca e lo conferma Matteo, che narra l'apparizione dell'angelo a Giuseppe ("Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo"). Sulla verginità di Maria dopo il parto «insiste anche un vangelo apocrifo che ha avuto un influsso enorme, il Protovangelo di Giacomo scritto verso il 150 d. C.» nota Mauro Pesce, docente di Storia del cristianesimo all'Università di Bologna.
La veriginità di Maria. Per giustificare il miracolo, Matteo cita il profeta biblico Isaia: "Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele (Dio con noi)". L'obiettivo è chiaro: «Una parte dei primi cristiani» dice Pesce «era convinta che le Sacre scritture ebraiche avessero riferimenti precisi a Gesù.
Così interpretavano gli antichi testi biblici in modo da adattarli alla contemporaneità».
Alla base di tutto, però, c'è una probabile forzatura: nel passo di Isaia, la parola ebraica almàh significa sì "vergine", ma nel senso di "giovane donna", senza precisarne la condizione sessuale. Ma nel 2° secolo d. C., alcuni cristiani, influenzati da filosofie ellenistiche, guardavano con sospetto la materia e la sessualità: così, traducendo almàh, preferirono accentuare quella sfumatura. «E la verginità di Maria è servita a rafforzare una visione antisessuale», dice Pesce.
Nessun testo dice che Maria fosse di Gerusalemme. Anzi, l'angelo la va a trovare a Nazaret, paese di Giuseppe, quando ella è già sua promessa sposa. Così narra Luca, che prosegue con la storia della visitazione di Maria alla cugina Elisabetta, anch'ella protagonista di una gravidanza miracolosa perché era già anziana. Sebbene le due donne si incontrino fuori dalle mura cittadine , Elisabetta abitava di certo poco distante da Gerusalemme, poiché era la moglie del sommo sacerdote Zaccaria, che al tempio doveva per forza recarsi. Inoltre, per Luca questa coppia è essenziale ai fini del messaggio che vuole inviare: da Elisabetta e Zaccaria nascerà Giovanni il Battista, il profeta che riconoscerà Gesù come il Messia, ma anche suo cugino. Una parentela di santità assoluta, insomma.
Il Protovangelo di Giacomo colloca la famigliola di Maria a Gerusalemme. Giuseppe, invece, abitava a Nazaret. Ma come s’incontrarono? L’autore del Protovangelo cercò di unire tutti i fili del racconto: Maria nasce a Gerusalemme e trascorre l’intera infanzia nel tempio dove “riceveva il cibo dalla mano di un angelo”. In seguito sarà data sposa a Giuseppe, che la condurrà a Nazaret. Qui la troverà l’angelo dell’Annunciazione e da qui partirà per cercare Elisabetta. E, a questo punto, il Protovangelo deve prendersi cura del papà di Gesù, che diventa una figura cardine.
I vangeli di Matteo e di Luca pongono Davide, re e messia d’Israele, fra gli avi di Giuseppe. Ma, oltre a questa genealogia, sul padre putativo di Gesù gli evangelisti dicono ben poco: si sa che era un tékton, termine greco per molto tempo tradotto come “falegname”, ma in realtà significa “carpentiere”: non fabbricava armadi, ma lavorava nell’edilizia.
Secondo il Protovangelo, invece, quando Maria compì 12 anni, il sacerdote Zaccaria ordinò che tutti i vedovi di stirpe reale giungessero a Gerusalemme, affinché uno di loro fosse scelto da Dio come sposo della giovane, che da tempo viveva nel tempio in odor di santità.
Tra costoro c'era anche Giuseppe: la sua prima moglie (di cui si ignora il nome) era morta, lasciandolo padre di più figli: 4 maschi (Giuda, Giuseppe, Giacomo e Simone) e più femmine, almeno 2. Anche in questa storia l'intento è chiaro: giustificare i fratelli di Gesù presenti nei vangeli, senza contaminare il mito della Vergine.
Che Gesù avesse dei fratelli, infatti, nessuno l’aveva negato: nel Vangelo di Marco (6,3-4) e di Matteo (13,55-56) sono citati per nome. «E dopo la morte di Gesù» spiega ancora Pesce «il fratello Giacomo ebbe un ruolo importante nel gruppo dei seguaci a Gerusalemme. Secondo gli Atti degli Apostoli, è addirittura a capo della comunità. Il problema, semmai, era capire se i figli fossero di Maria o di un’altra, come afferma il Protovangelo di Giacomo. Io credo che siano tutti fratelli di sangue. Nessun testo canonico, quando parla di loro, nega che siano figli di Maria e di Giuseppe». Eppure, nell’iconografia la sacra famiglia è sempre composta da mamma, papà e bambino. «Fratelli e sorelle sono stati eliminati dal quadro familiare» spiega Pesce «per privare di significato la figura storica di Gesù ed esaltarne la figura divina».
Un analisi, questa, che però non convince tutti gli esperti, perché si scontra su un aspetto linguistico fondamentale: al tempo e in quei luoghi, il termine fratello aveva un significato molto più ampio di quello che abbiamo oggi. Un po' come quando i giovani di oggi si salutano dandosi del fratello o bro'... pur non essendo affatto fratelli.
Ad ogni modo, ora occorreva il posto giusto per far venire al mondo Gesù. Il luogo ideale era Betlemme, dove era nato re Davide. Su questo insistono Matteo e Luca: nascere nella città di Davide, appartenendo alla sua stirpe, costituisce una conferma che fosse l'atteso Messia. Tanto che Flavia Giulia Elena, la madre dell'imperatore Costantino, nel 327 giunse in pellegrinaggio nei luoghi della passione di Gesù. E proprio a Betlemme si fece indicare da gente del posto dove fosse nato il Salvatore. Trovò così una grotta dietro a un altare romano dedicato ad Adone : un posto ideale per farci nascere Gesù. Qui fu costruita la Basilica della Natività.
La penna di Matteo e Luca, insomma, vuole offrire a Gesù quegli aspetti divini che i fedeli si attendevano fin dall’Antico Testamento. E così, se in Matteo i genitori di Cristo sembrano spinti dal destino a Betlemme proprio quando Maria deve partorire, Luca fornisce una spiegazione più terrena: erano a Betlemme perché c’era un grande censimento, che obbligava tutti a tornare dove erano nati. Ma c’è un problema: il censimento di Augusto dell’8 a. C. riguardava solo i cittadini romani. Il censimento di cui parla Luca fu invece di Quirinio, governatore della Siria, del 6 d. C.: forse lo scrittore forzò le date pur di collocare la nascita a Betlemme. Altri storici invece pensano che il censimento citato sia quello del 6 a. C., sempre dello stesso Quirinio, quando era un semplice funzionario. Ma ciò che importa, alla fine, è salvare la simbologia: come ha un valore simbolico il suo giorno di nascita, collocato, nel 4° secolo, al 25 dicembre . Del resto, gli evangelisti qualificano Gesù come “nazareno”: probabilmente il vero luogo di nascita fu dove Gesù trascorse la giovinezza.
Fonti storiche. «Nei testi più antichi non c'è grande interesse per il padre e la madre di Gesù, né sugli eventi della nascita» precisa Pesce. «L'interesse per la sacra famiglia nacque attorno agli anni 70-80, quando furono scritti i vangeli di Luca e Matteo, e poi coi vangeli apocrifi. Tutti assieme, ricostruendo gli avvenimenti come potevano, fondarono il loro presepe. Un presepe fatto di fede, più che di storia.
«Nessuno dei vangeli è opera di apostoli o di testimoni oculari, bensì di anonimi seguaci: li redassero fra il 70 e il 150 d. C. usando testi sui detti di Gesù che circolavano fra i primi cristiani. Perciò non possiamo risalire fino a ciò che ha effettivamente detto e fatto Gesù. Possiamo ricostruire la forma che le sue parabole, i suoi detti o i racconti su di lui avevano prima che fossero rielaborati nei vangeli. Ma fra queste ricostruzioni e Gesù c'è una distanza non colmata da testimonianze storiche». Così resta ancora più fitto il mistero sulla giovinezza di Gesù: quali incontri formarono il suo carattere, oltre a Giovanni Battista? Come maturò la sua formazione culturale e religiosa il figlio di un umile carpentiere? Le domande resteranno senza risposta. Forse per sempre.
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Di Giorgio Giorgetti. Leggi il nuovo Focus Storia in edicola!