Mistero

Da Frankenstein agli androidi del cinema: tutte le creature dell'uomo

L'uomo ha sempre sognato di plasmare esseri viventi dal nulla, e da sempre questo sogno è anche il suo incubo.

Tutti conoscono la tragica storia del dr. Frankenstein, l'uomo che nell'omonimo romanzo di Mary Shelley (1818) riusciva a riportare in vita un cadavere, salvo poi perderne il controllo. Ma l'idea di creare artificialmente un essere vivente è molto più antica della creatura che animò gli incubi dei vittoriani.

Formula segreta. Nell'antica tradizione ebraica c'è infatti il golem, un gigante creato per magia. La sua prima apparizione è nella Bibbia, e precisamente nel Salmo 139, dove golem significa embrione, massa informe: quella usata da Dio per plasmare Adamo, il primo uomo. Ma in che modo? Secondo il Libro della creazione, un testo esoterico della kabbalah (VI-II secolo a. C.), per creare il mondo Dio usò le 22 lettere dell'alfabeto ebraico, e ne svelò la formula ad Abramo.

Perciò, qualunque sapiente avrebbe potuto dar vita a una creatura se conosceva una determinata formula magica. L'idea ebbe fortuna: il Talmud narra la storia del rabbino Rava che creò un uomo artificiale per mezzo di pratiche magiche. Fino al Medioevo, però, queste creature erano immagini eteree ottenute con l'energia-mentale di un sacerdote. Poi, dal XII secolo, in Europa centrale si sviluppò il mito del golem come creatura di argilla, forte e ubbidiente, che si può attivare scrivendogli sulla fronte emeth (verità); mentre cancellandogli la prima lettera, lo si disattiva (meth significa "morto").

Rabbini potenti. In una versione della leggenda ambientata nella Polonia del '600, si racconta di un golem che crebbe a dismisura, diventando ingovernabile per il suo padrone. Allora questi, il rabbino Elija Ba'al Schem di Chelm, pretese che il golem gli togliesse le scarpe, e in quel momento gli cancellò dalla fronte la parola "vita". Il golem morì ma cadendo travolse il rabbino uccidendolo. La versione più nota della storia risale invece al 1800 ed è ambientata nel ghetto di Praga. Qui il golem, creato dal rabbino Judah Loew ben Bezalel agli inizi del '600, era un protettore del popolo ebraico dalle persecuzioni.

Frankenstein junior del 1974 diretto da Mel Brooks.
Una scena da Frankenstein Junior (Young Frankenstein), il film del 1974 diretto da Mel Brooks. © Wikipedia

Esempi di creature artificiali con sembianze umane, comunque, si trovano anche nella mitologia greca. Cadmo, il fondatore di Tebe, seppellì denti di drago che si trasformarono in soldati. Efesto, il dio del metallo, creò servi meccanici: damigelle dorate dotate di intelligenza e tavoli a tre gambe che si spostavano di propria volontà. Anche il poeta latino Ovidio aveva narrato nelle Metamorfosi (8 d.C.) la trasformazione di un corpo inanimato in una creatura viva.

Pigmalione, re di Cipro e scultore, aveva modellato nell'avorio una statua femminile. L'aveva chiamata Galatea e se ne era innamorato, considerandola superiore a qualsiasi donna reale. Così pregò la dea Afrodite perché gli concedesse di sposare Galatea e la dea lo accontentò: lentamente la statua iniziò a respirare e aprì gli occhi.

Plasmata da Pigmalione. Con questo mito, Ovidio voleva sottolineare la dedizione dell'artista alle sue creazioni, che si animano grazie alla bellezza e all'amore, incarnati da Afrodite. E le creature artificiali sono presenti anche in culture lontane: in Canada e in Groenlandia, le leggende inuit raccontano del Tupilaq, un mostro vendicatore creato da uno stregone per dare la caccia a un nemico. Ma il Tupilaq può essere un'arma a doppio taglio, in quanto una vittima ferrata in stregoneria può fermare la creatura e "riprogrammarla" per distruggere il suo creatore.

terminator
Arnold Schwarzenegger in una scena di Terminator (The Terminator), film del 1984 di James Cameron.  © Focus

Sant'Alberto e l'androide. Nel XIII secolo, il teologo e scienziato S. Alberto Magno fu il primo a usare il termine "androide" per definire esseri viventi creati dall'uomo per via alchemica. Secondo una leggenda, Alberto Magno avrebbe costruito un androide di metallo, legno, cera, vetro e cuoio, con il dono della parola, che avrebbe dovuto fare il servitore nel monastero domenicano di Colonia. E fu proprio nel Medioevo che la tecnologia permise di immaginare e costruire i primi automi meccanici: figurine mobili che ornavano i campanili e gli orologi delle chiese.

Anche Leonardo da Vinci si interessò alla questione: un suo progetto del 1495 raffigura un cavaliere meccanico in armatura. Nelle sue intenzioni la figura doveva potersi alzare in piedi, agitare le braccia, muovere testa e mascella ed emettere suoni dalla bocca grazie a un meccanismo di percussioni localizzato nel petto. Solo a partire dal '700, gli automi sarebbero diventati figurine raffinate, capaci di compiere capriole, scrivere, danzare, giocare a scacchi, suonare strumenti musicali e presentare giochi di prestigio.

Il fanciullino perfetto. Ma rimanevano creature meccaniche manovrate dall'uomo, senza una propria volontà. Non come l'homunculus, che secondo gli alchimisti, sarebbe un essere vivente creato in vitro. Lo svizzero Paracelso redasse nel '500 una ricetta per ottenerlo: bisognava lasciar imputridire lo sperma umano in un alambicco, al calore del ventre di un cavallo e nutrendolo con sangue umano. In 40 settimane si sarebbe generato un fanciullino perfetto, molto più piccolo di un neonato e privo di anima.

Il golem sarebbe rinato all'inizio dell'800, in piena rivoluzione industriale, anche grazie agli esperimenti di Luigi Galvani, che nel 1791 utilizzando archi elettrici riusciva a infondere il movimento in un cadavere.

Ma soprattutto grazie al romanzo Frankenstein, o il moderno Prometeo (1816) di Mary Wollstonecraft Shelley. La storia è nota: uno scienziato svizzero, Victor Frankenstein, sconvolto dalla morte della madre, coltiva il sogno di creare un essere umano intelligente, dotato di salute perfetta e lunga vita. I suoi studi illeciti, tra cui la dissezione di cadaveri trafugati al cimitero, gli permetteranno di ottenere le conoscenze necessarie per rendere il sogno realtà.

Frankenstein e Pinocchio. Ma la creatura, deforme e con una forza sovrumana, sfuggirà al suo creatore. Ancora più del golem, la figura di Frankenstein (nome spesso confuso con quello del mostro) si è trasformata in un mito moderno, animato dal timore che lo sviluppo tecnologico possa sfuggire di mano all'uomo. Non a caso, è considerato il primo romanzo di fantascienza. E ha ispirato, nel 1800, molti racconti su insolite creature meccaniche o artificiali. Ne L'uomo della sabbia (1817), E. T. A. Hoffmann narra l'amore tra un uomo e una bambola meccanica. Ed Edward S. Ellis in The steam man of the prairies (1865) racconta di un grande uomo meccanico a vapore usato per trainare carri nelle praterie.

Lo scrittore Usa Luis Senarens nel 1885 immaginò il primo uomo meccanico mosso dall'elettricità in Frank Reade and his electric man. Mentre, l'anno successivo, il francese Mathias Villiers de l'Isle-Adam utilizzò per primo il termine androide in un romanzo, Eva futura, dove immaginava l'inventore Thomas Edison creare una donna artificiale.

Pinocchio
Pinocchio, il bambino di legno più famoso al mondo, nel Parco di Pinocchio situato a Collodi (Pescia). Collodi è il paese dove l'autore delle Avventure di Pinocchio, Carlo Lorenzini, trascorse l'infanzia e da cui trasse il suo pseudonimo. © Shutterstock

Incubi tecnologici. Anche in Italia l'argomento affascinava i letterati. Ippolito Nievo, nel romanzo Storia filosofica dei secoli futuri (1860), ipotizzava la costruzione di "omuncoli o uomini a macchina", un'invenzione che «sorpassa pel miracolo della causa e per grandiosità degli effetti qualunque altra opera abbia mai adescato l'immaginazione umana». Più modestamente Carlo Collodi immaginò nel 1883 che un blocco di legno potesse prendere vita e trasformarsi in un bambino, Pinocchio. Una favola che contiene già tutti gli ingredienti dei futuri racconti sugli androidi: non a caso, Steven Spielberg ne ha tratto ispirazione per il film A.I., intelligenza artificiale (2001).

I primi robot in senso moderno, tuttavia, sono apparsi nel 1921, nel dramma del ceco Karel Capek intitolato R.U.R. (Rossum's Universal Robots), ovvero: I robot universali di Rossum. Questi robot sono il prodotto della fabbrica Rossum e sono usati come forza lavoro a basso costo. Sogno del suo fondatore, Domin, è infatti quello di liberare la razza umana dalla schiavitù della fatica fisica.

Ma gli effetti sono catastrofici: l'umanità reagisce abbandonandosi al vizio e all'indolenza, lascia che i robot prendano il sopravvento e si dirige verso l'estinzione.

Schiavi del futuro. Ma se R.U.R. ha introdotto per primo il termine robot (dal ceco robota, schiavitù), il più famoso androide degli anni '20 fu Maria, il robot-femmina del film di Fritz Lang Metropolis (1927): una creatura malvagia, con il compito di seminare la discordia tra le masse in rivolta. Ma quello di Lang non è il primo automa del cinema: il primato va al mago Houdini che, nel 1919, ne inserì uno nel film The master mystery. Qui, il robot, Automaton, è al servizio di una banda di criminali: alla fine Houdini riesce a distruggere la corazza del robot e scopre che era manovrato dal capo dei banditi.

Dunque, quasi un cyborg, un organismo cibernetico, mix di organi artificiali e biologici. Dagli anni '30, il replicante diventò una costante nella fantascienza: onnipresente nei libri di Isaac Asimov fino ai film (Il mondo dei robot, Guerre Stellari, Terminator, Blade runner) l'argomento non ha mai smesso di affascinare. E continuerà a farlo, almeno fino al giorno in cui i robot saranno tanto diffusi da non meravigliare più nessuno. Se mai quel giorno arriverà.

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Di Massimo Polidoro. Tratto da Le creature dell'uomo, da Focus 197. Leggi anche il nuovo Focus in edicola!

17 gennaio 2022
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