Si stima che in tutti gli oceani e i mari del mondo ci siano da uno a tre milioni di resti di imbarcazioni affondate nei secoli. Il NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) degli Stati Uniti spiega che tutti i relitti finora rinvenuti rappresentano meno del 10% del totale. Le cose, però, stanno cambiando. Il mutamento climatico da una parte e la crescente spinta tecnologica dall'altra, ci stanno facendo entrare in una sorta di età dell'oro per l'esplorazione dei fondali oceanici.
Ricerca tecnologica. La sciagura del Titan (di cui si è ampiamente discusso) costituisce l'eccezione alla regola, date le vecchie tecnologie utilizzate e le norme di sicurezza non rispettate. Ormai, non è necessario recarsi di persona nelle profondità marine per scoprire o esplorare "nuovi" relitti, quello – semmai – continueranno a farlo i cercatori di tesori.
Gli scienziati, invece (in rispetto alla convenzione dell'Unesco del 2001 volta a proteggere i ritrovamenti dai saccheggiatori), si limiteranno a scovare, schedare e osservare vecchie imbarcazioni per mezzo di avanzatissimi strumenti: natanti robot, in grado di raggiungere ogni profondità marina e di esplorare anche al di sotto delle calotte polari; satelliti intelligenti, capaci di rilevare la posizione di un relitto studiando lo spostamento dei sedimenti che gli si muovono intorno; e poi internet.
Da remoto. La digitalizzazione degli archivi storici e l'uso diffuso di sistemi di telepresenza, consentono a numerosi esploratori di scandagliare i fondali marini in 4K restando comodamente seduti nei loro studi e manovrando le strumentazioni da remoto.
Tempeste rivelatrici. Anche i cambiamenti climatici fanno la loro parte. La presenza sempre più frequente di eventi meteorologici estremi ha riportato in superficie vecchi natanti scomparsi da secoli. Si moltiplicano, così, i ritrovamenti, come è accaduto lo scorso gennaio in Canada dopo il passaggio dell'uragano Fiona, quando un relitto del XIX secolo si è arenato in una remota ansa di Cape Ray (Terranova). Lo stesso era accaduto anche nel 2020 in Florida, dove una coppia che camminava sulla spiaggia di St. Augustine, dopo il passaggio della tempesta tropicale Eta, rinvenne i resti di quella che molto probabilmente era la Caroline Eddy, una vecchia nave della Guerra Civile affondata nel 1880.
Ritrovamenti per tutti. Un tempo, la possibilità di esplorare i fondali era prerogativa di poche e facoltose compagnie che perseguivano i propri interessi alla ricerca di tesori e di fortune nascoste. «Oggi, invece, la tecnologia è più adeguata ai budget degli scienziati ed è dunque possibile campionare aree sempre più grandi dell'oceano», spiega J.
Carl Hartsfield, direttore del laboratorio oceanografico presso la Woods Hole Oceanographic Institution del Massachusetts.
Misteri risolti. E così, grazie al moltiplicarsi dei progetti di ricerca, è aumentato il numero dei relitti scoperti, di diversa importanza storica (dal noto veliero a motore Endurance di Ernest Shackleton che affondò nel 1915 nel corso delle sue esplorazioni dell'Antartico e che fu rinvenuto nel 2022, fino a una chiatta di nome Ironton che trasportava 1.000 tonnellate di grano, inabissatasi nel gigantesco lago Huron nel 1894), inaugurando un capitolo senza precedenti nell'esplorazione dei misteri sottomarini.