Un prodotto “senza glutine”, per essere definito tale, deve contenere una quantità di glutine inferiore ai 20 ppm. 20 ppm significa “20 Parti Per Milione” e corrisponde a una concentrazione di 20 mg (di glutine) su 1 kg (di alimento). Questa soglia limite è stata individuata attraverso studi scientifici e adottata dalle legislazioni di tutto il mondo per individuare un alimento adatto ai celiaci. La dicitura “senza glutine” è di natura volontaria: qualsiasi alimento del libero commercio e della ristorazione, per cui le aziende o i ristoratori possano garantire l’assenza di glutine (glutine < 20 ppm), può riportare la dicitura “senza glutine”. Ciò significa garantire non solo l’assenza di glutine o cereali contenenti glutine tra gli ingredienti, ma anche l’assenza di potenziali fonti di contaminazione durante tutto il processo produttivo. Quindi le aziende che volontariamente decidono di apporla, sanno di dover garantire questo limite e di essere responsabili di tale requisito.
L’indicazione “senza glutine, specificamente formulato per celiaci” o “senza glutine, specificamente formulato per persone intolleranti al glutine”, diventa obbligatoria per i prodotti inseriti nel Registro nazionale degli alimenti senza glutine, erogabili al celiaco attraverso il SSN.
E “può contenere tracce”?
“Può contenere tracce di…” è una dicitura volontaria utilizzata dalle aziende per indicare una potenziale presenza di glutine per contaminazione accidentale, ma è importante sottolineare che la normativa non regolamenta questo claim. La legge infatti prevede l’obbligo di segnalare il glutine solo se presente come ingrediente, mentre non è obbligatorio dichiarare l’eventuale presenza potenziale di glutine per contaminazione accidentale.
E “prodotto in uno stabilimento che utilizza glutine”?
L’AIC non approva l’uso di frasi quali “Prodotto in uno stabilimento che utilizza glutine” o “Nello stabilimento può essere utilizzata farina di frumento etc”: questa dicitura viene inserita per tutelare l’azienda rispetto a eventuali casi di malesseri che possono insorgere a causa dell’ingestione da parte di soggetti allergici di prodotti contaminati da allergeni. In realtà, non è significativa: la sola presenza di allergeni nello stabilimento di produzione non implica necessariamente il rischio di presenza accidentale di uno di essi nel prodotto finito. Questo tipo di diciture non forniscono una reale informazione al consumatore, ma creano unicamente allarmismo e riduzione dell’accessibilità alimentare alle persone che soffrono di specifiche allergie o intolleranze alimentari.