Curiosità

Si può ruttare nello spazio, ma è meglio non farlo

Ecco perché è piuttosto spiacevole ruttare negli ambienti a gravità ridotta, come sulla Stazione spaziale internazionale.

Il nostro stomaco contiene un misto di succhi gastrici, cibo masticato e aria entrata con esso. Di solito l'aria va alto e il resto in basso, ma nello spazio manca il peso che fa rispettare quest'ordine. Così, quando la "bocca dello stomaco" si apre, non esce solo aria.

Oltre a respirare sempre la stessa aria, gli astronauti bevono sempre la stessa acqua. Samantha Cristoforetti (in foto) ci riporta un modo di dire della ISS: "Il caffè di ieri sarà il caffè di domani". (Per saperne di più) © Esa/Nasa

Sottosopra. L'ha spiegato di recente l'astronauta canadese Chris Hadfield su Twitter. Il tre volte passeggero della Stazione spaziale internazionale ha raccontato che «se rutti è come se ti vomitassi in bocca. Quindi, indovinate dove finisce tutta l'aria deglutita?».

Sopra o sotto? L'aria ingerita ha ovviamente solo due modi per uscire dal corpo umano: se la prima è poco educata, la seconda è decisamente spiacevole per chi ci sta attorno. Questo è ancora più vero se ci si trova a bordo di un veicolo spaziale, dove non si può abbassare il finestrino per "cambiare l'aria".

Filtri. Probabilmente questa spinta alla flatulenza è una delle cause degli sgradevoli odori di cui si sono più volte lamentati gli astronauti della ISS.

Naturalmente, a bordo ci sono dei filtri per i componenti dell'aria indesiderati. Sono questi filtri, ad esempio, a impedire che gli astronauti soffochino nella CO2 da loro stessi prodotta.

Ingegno. Inoltre, come si legge nel libro What's It Like in Space? (Ariel Waldman, 2016), l'astronauta Jim Newman riuscì ad escogitare un modo per ruttare solo aria. Spingendo con le gambe su una parete, Newman creava una falsa gravità temporanea che ricollocava tutti i fluidi nella giusta posizione, dando all'astronauta qualche prezioso attimo per espellere l'aria in eccesso. Gli astronauti sono persone brillanti.

13 novembre 2018 Davide Lizzani
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