La capacità di resistenza in caso di digiuno varia da una persona all'altra ed è condizionata da più fattori, che vanno dall'età allo stato di salute, dal peso corporeo alla stabilità psichica. Oltre a ciò, bisogna considerare l'ambiente nel quale si rimane sprovvisti di cibo e la temperatura che lo caratterizza (col freddo si ha più fame, mentre quando la temperatura si alza è meglio mangiare meno). Nel complesso, un essere umano può sopravvivere oltre 20 giorni senza nutrirsi, mettendo però a serio repentaglio la propria salute.
Il cibo dà energia. Quando il numero di calorie giornaliere diminuisce considerevolmente, il corpo inizia infatti a trarre energia dalla massa grassa, dopodiché passa ai muscoli e alle stesse pareti dello stomaco, causando patologie che portano al decesso (può trascorrere oltre un mese prima che questo si verifichi). Le cose peggiorano se oltre al cibo scarseggia l'acqua. In tal caso un uomo difficilmente può arrivare a sopravvivere più di due settimane, soffrendo già dopo pochi giorni di deficit cognitivi, ansia e vertigini.
Inoltre, il digiuno peggiora l'umore. Il motivo è presto detto: il mancato apporto di triptofano, un amminoacido che viene assunto con l'alimentazione, grazie al quale avviene la sintesi della serotonina, detta anche "ormone del buonumore": il digiuno abbassa infatti i livelli di serotonina nel cervello, condizionando il funzionamento di regioni cerebrali che regolano la rabbia e scatenando il malumore.
Fame arrabbiata. Alcuni ricercatori dell'Università di Cambridge (Uk) lo hanno osservato con la risonanza magnetica funzionale in un gruppo di volontari: a causa dei bassi livelli di serotonina, la loro corteccia prefrontale (regione deputata al controllo) aveva minore capacità di modulare le emozioni di rabbia prodotte dall'amigdala. Questo però è vero soprattutto nelle persone che normalmente hanno più tendenza all'aggressività.