Unione legale tra persone dello stesso sesso, liberalizzazione delle droghe “leggere”, pantaloni alla caviglia e risvoltini: fino a qualche decennio fa erano tabù inaccettabili mentre oggi sono diritti acquisiti e mode consolidate.
David Centola, un sociologo dell’Università della Pennsylvania si è domandato qual è il numero magico che trasforma un comportamento considerato “originale” in un fenomeno di massa comunemente accettato. Lo scienziato ha insomma provato a capire quante persone servono per diffondere un’idea.
Secondo Centola è sufficiente far accettare il proprio punto di vista al 25% della popolazione che si vuole influenzare e il gioco è fatto.
Cervello collettivo. Per arrivare a questa conclusione il ricercatore ha chiesto aiuto a 200 persone che sono state invitate a partecipare a un gioco online. Scopo del gioco era quello di attribuire un nome alla faccia che veniva mostrata a schermo.
Alla fine di ogni round la lista dei nomi scelti veniva resa pubblica: dopo una decina di tornate gli scienziati hanno notato una forte polarizzazione di alcuni nomi rispetto ad alcuni volti.
E dopo 25 giri alcune immagini avevano raccolto lo stesso nome da ogni partecipante al test.
Complessi calcoli, che potete trovare qui, incrociati con i dati di un gruppo di controllo hanno permesso ai ricercatori di concludere che per modificare un’opinione all’interno di una popolazione occorre almeno il 25% del consenso.
Questo processo spiega dunque il diffondersi di mode come i jeans strappati che avrebbero fatto inorridire le nostre nonne o l’invasione delle nostre spiagge da parte di unicorni e fenicotteri gonfiabili.
La politica no. Lo stesso Centola spiega però come queste dinamiche non possano essere applicate in maniera semplicistica alla sfera politica o religiosa, più difficili da influenzare perché profondamente radicate nell’ideologia delle persone.
Il lavoro di Centola evidenzia quindi come la nascita di una moda non sia legata solo a ciò che le persone desiderano, ma anche a profonde dinamiche sociali.