Le Olimpiadi di Rio vedono per la prima volta la partecipazione di un Team Rifugiati (Refugee Olympic Team, ROT), che non rappresenta una singola nazione, ma le migliaia di persone che fuggono dalla guerra e dalla povertà.
I 10 atleti provenienti da Siria, Etiopia, Sud Sudan e Repubblica Democratica del Congo, impegnati nell'atletica, nel judo e nel nuoto, hanno sfilato sotto alla bandiera Olimpica durante la cerimonia di apertura. Ma se uno di loro dovesse vincere l'oro, quale inno sarebbe suonato sul podio?
Inno "in prestito". Il protocollo prevede che venga suonato l'inno ufficiale delle Olimpiadi, così come accadrebbe in caso di vittoria di un atleta olimpico indipendente. Quando il 10 agosto Fehaid Al-Deehani, tiratore del Kuwait, ha vinto la medaglia d'oro nel double trap maschile, durante la premiazione è stato suonato l'inno olimpico (gli atleti del Kuwait gareggiano sotto la bandiera olimpica perché il comitato olimpico del loro paese è stato sospeso, per interferenze governative).
Le proposte. Negli ultimi giorni un gruppo di supporter del Team Rifugiati, Refugee Nation, ha ideato - con l'appoggio di Amnesty International - una bandiera e un inno da proporre alla delegazione olimpica. Il vessillo, arancione e nero, si ispira ai colori del giubbotto di salvataggio e vuole essere un omaggio al coraggio di quanti hanno dovuto affrontare pericolosi viaggi per fuggire verso un futuro migliore.
Il compositore siriano Moutaz Arian ha scritto anche un inno per la squadra, ma questo, così come la bandiera, rimane per il momento non ufficiale e non ufficialmente approvato dal comitato olimpico.