La norma è contenuta nei regolamenti delle federazioni nazionali. Per esempio, l’articolo 66 del regolamento italiano, intitolato “Contegno e comportamento verso l’arbitro durante il match”, recita al comma 15 che «non è consentito al pugile uomo portare la barba e/o baffi salvo previa autorizzazione dell’arbitro».
Anche il Comitato olimpico internazionale (Cio) vieta barba e baffi alle Olimpiadi. L’intento è evitare che una peluria eccessiva possa arrecare danno all’avversario, soprattutto nel corpo a corpo.
Discriminazioni? Proprio per questa ragione, nel gennaio 2010, al campionato di boxe per dilettanti di Bolton (Regno Unito), è stato impedito di combattere al venticinquenne Mohammed Patel, inglese di religione musulmana.
La scelta ha sollevato un vespaio di polemiche e l’Associazione pugilistica amatoriale inglese l’ha spiegata adducendo due ragioni: «La nostra commissione medica ha ritenuto che la peluria del viso possa causare abrasioni al volto del rivale e, più importante, i dottori affermano che la rasatura permette di vedere i tagli durante il combattimento».
In India un gruppo di pugili sikh raccolse della documentazione per indurre il Cio a rivedere le regole, permettendo così la loro partecipazione ai Giochi di Londra 2012, ma il comitato è stato irremovibile.

