Da sempre i fiori (e in generale il mondo vegetale) sono l’immagine della vita: emblema della rinascita del ciclo stagionale, simbolo di gioia e di lutto, di amore terreno e celeste. Ed è questo il motivo per cui in tutto il mondo vengono usati nelle cerimonie.
Sono numerosi gli esempi del simbolismo floreale nella letteratura classica (fra gli altri, Lucrezio, “De rerum natura” e Ovidio, le “Metamorfosi”) e nella Bibbia. Girasole era una fanciulla di nome Clizia che respinta da Apollo, dio del Sole, continua a desiderarlo e a seguire il suo carro che attraversa il cielo. Consumata dal dolore Clizia si trasforma in fiore. Narciso era un giovane di straordinaria bellezza condannato a invaghirsi della sua immagine; Iris “ammantata di mille colori” è la personificazione dell’arcobaleno e messaggera degli dei.
Nella Bibbia il mandorlo, per la sua fioritura precoce, è il simbolo della vita nuova (Geremia), e il giglio e l’issopo di purezza (Cantico dei cantici, Salmi). Nei primi secoli del cristianesimo la Chiesa aveva deprecato l’uso dei fiori nella liturgia, temendo connessioni con il mondo pagano. Ma già nel IV secolo Giovanni Crisostomo ne raccomandava l’uso nei matrimoni e nei funerali e San Gerolamo era favorevole all’usanza di cospargere di fiori e foglie le cappelle dei santi. I fiori simboleggiavano il Paradiso, la misericordia di Dio e Maria Vergine e, nel giorno di Pentecoste, una pioggia di fiori rappresentava la discesa dello Spirito Santo.
L’elaborazione del significato dei singoli fiori è il prodotto della cultura occidentale, che faceva riferimento al mondo classico e alla tradizione biblica.