Si è sempre creduto che sincronizzare le braccia con il movimento delle gambe durante la corsa aiutasse gli atleti ad andare più veloci: uno studio pubblicato su Gait & Posture smentisce questa visione sostenendo che, in uno sprint, la differenza di velocità tra chi corre muovendo le braccia e chi non lo fa è minima. «I risultati del nostro studio dimostrano che l'idea che l'ondeggiare delle braccia influenzi la performance non è ben supportata», afferma Peter Weyand, uno degli autori.
Meno veloci, ma di poco. Per arrivare a queste conclusioni, i ricercatori hanno cronometrato diciassette atleti durante uno scatto di corsa sui 30 metri: i partecipanti hanno prima corso con le braccia bloccate, e poi con le braccia libere di muoversi. In media, non poter ondeggiare le braccia ha fatto rallentare gli atleti di 0,08 secondi, segnando un -1,6% sulla velocità raggiunta con le braccia libere.
Si tratta di numeri trascurabili in senso assoluto, ma che possono fare una grande differenza in una gara ad alti livelli: basti pensare che alle Olimpiadi di Tokyo 2020 la differenza tra la medaglia d'oro e quella di bronzo dei 100 metri maschili è stata di appena 0,09 secondi.
Dondolando. Quando gli atleti correvano senza poter muovere le braccia, ruotavano il torso a destra e a sinistra in modo molto più pronunciato del normale: «Crediamo che si tratti di un movimento di compensazione atto a mantenere il corpo orientato verso avanti», spiega Lance C. Brooks, coordinatore dello studio. Muovere le braccia è dunque il modo più semplice e naturale per mantenere, durante la corsa, il corpo in posizione frontale ed evitare di sbilanciarsi, ma può essere compensato da altri movimenti del torso, più scomodi e meno funzionali.