«C'è un pilota a bordo?», è uno di quegli annunci che non vorremmo mai ascoltare mentre siamo in volo su un aereo. Vorrebbe dire che entrambi i piloti si sono sentiti male e non sono più in grado di far atterrare il velivolo. Dunque c’è bisogno che qualcuno ne prenda il posto. Eventualità molto remota e mai successa, ci spiega il comandante Giuseppe Vallone, pilota dell’Alitalia e responsabile del dipartimento tecnico dell’associazione nazionale piloti: «Per evitare di sentirsi male contemporaneamente, sia il comandante sia il copilota hanno l’obbligo di consumare pasti diversi e di non condividere le bevande».
Tuttavia, in una situazione del genere una persona normale sarebbe in grado di far atterrare un aereo di linea senza avere nessuna esperienza e formazione? «Teoricamente sì», aggiunge Vallone. «In casi limite gli aerei sono ormai in grado di atterrare quasi da soli, grazie al volo strumentale, ma occorre sempre che ci sia qualcuno in cabina».


MAYDAY. Un conto, però, è la teoria; un altro è la pratica. Per rispondere alla domanda, dunque, abbiamo chiesto l’aiuto al centro di simulazione di volo DastyFlySim, vicino a Bergamo, e abbiamo riprodotto una situazione limite: un fantomatico volo proveniente da Innsbruck (Austria) e diretto a Genova ha “perso” i suoi due piloti a nord di Bolzano: entrambi sono svenuti. Non c’è nessun altro pilota a bordo; gli assistenti di volo – che non hanno una specifica formazione per pilotare un velivolo in queste situazioni – chiedono aiuto ai passeggeri.
Entriamo dunque nella cabina di pilotaggio. O meglio, in quella di un simulatore che riproduce fedelmente la cabina di un Boeing 737 NG, un aereo a fusoliera stretta lungo circa 40 metri e in grado di trasportare fino a 180 persone. Uno dei più comuni aerei utilizzati per le tratte medio lunghe e su cui probabilmente siete stati anche voi almeno una volta.
Prendiamo le cuffie, lanciamo il Mayday (da ripetere 3 volte) e ci facciamo guidare via radio da terra.
Sì, un passeggero può riuscire a far atterrare un Boeing. Il racconto completo lo trovate sul numero 325 di Focus in edicola dal 22 ottobre al 20 novembre 2019. Nel video in apertura invece, abbiamo documentato senza alcuna interruzione tutto il volo... che si è concluso bene.
Gli aerei di linea hanno sia il pilota automatico, che permette di raggiungere l'aeroporto, sia un sistema di autoland (atterraggio automatico) che "dialogando" con i sistemi di atterraggio strumentale (ILS) più sofisticati (quelli detti CAT III B) degli aeroporti, consentono di portare a terra il velivolo in modo automatico.
Ideati per guidare con precisione gli aerei in condizioni di scarsa visibilità, sono in grado di farli toccar terra con un errore di circa 20 centimetri dal punto esatto della pista in cui bisogna atterrare. E questo sistema, in caso di emergenza e in alcune circostanze, può essere sufficiente per salvare i passeggeri.
COME SI RIESCE AD ATTERRARE. In circa 30 minuti (vedi video in alto) siamo riusciti a fare atterrare un Boeing 737 senza schiantarci. Ci sono però tre aspetti fondamentali che ce lo hanno permesso: il fattore umano, quello tecnico e infine il meteo. Partiamo da quest’ultimo.
Il sistema di autoland è stato introdotto a partire dal 1965 per atterrare in condizioni di scarsa visibilità, ma sono sufficienti 25 nodi di vento trasversale per renderlo inefficiente. E infatti, una leggera brezza spinge la maggior parte dei piloti ad atterrare manualmente o a manovrare e correggere la traiettoria. Nella nostra simulazione, il vento era assente e questo ha reso tutto più semplice.
Anche da un punto di vista tecnico tutto è filato liscio: nessun guasto, nessun intoppo, neppure un piccolo allarme. Ai più scettici potrebbe sembrare inverosimile. Ma è successo davvero. In una situazione reale forse sarebbe stato tutto un po’ più complicato. Sia perché l’ipotesi di partenza, ovvero che i due piloti stiano male contemporaneamente, si vede soltanto nei film come L’aereo più pazzo del mondo, «mentre in realtà l’equipaggio è sottoposto a scrupolosi controlli. Sia perché gli imprevisti e le insidie che si possono presentare in fase di atterraggio sono centinaia e soltanto un pilota esperto è in grado di accorgersene immediatamente e di agire tempestivamente», puntualizza il Comandante Alessandro Bruni, ispettore di volo di Enac. «Insomma, non banalizzerei così tanto uno dei momenti più critici di un volo». Eppure siamo riusciti ad atterrare.
Infine c’è l’ultimo aspetto, quello umano, forse ancora più importante. Il pilota che ci ha guidato via radio e il giornalista in cabina sapevano di non mettere a rischio la vita di nessuno. Il pilota magari è abituato a mantenere i nervi saldi; per quanto riguarda il giornalista non ne siamo certi. In qualche circostanza ha faticato a trovare velocemente le manopole, ogni tanto è stato assalito dai dubbi, una volta a terra è stato lento a spegnere i motori, proprio perché non aveva capito bene che cosa doveva fare.
Come avrebbe reagito in una situazione reale? Si sarebbe fatto prendere dal panico, diventando lo sciagurato protagonista di una puntata di Indagini ad alta quota, il documentario sugli incidenti aerei? Alla fine, ci piace pensare di no