Ecco il pc nato dall'intuizione di alcune menti geniali: filosofi, guru dell'informatica e della cibernetica, medici ricercatori, sociologi... Convinti, con l'OLPC, di favorire l'istuzione nei Paesi del terzo mondo e unire popoli e persone attraverso Internet. Sognatori? La risposta non è scontata come sembra.
Riccardo Meggiato, 1 marzo 2008
![]() |
A vederlo sembra un giocattolo: l'OLPC è grande poco più di un'agenda, con forme arrotondate in plastica colorata. Il nome, che sta per One Laptop Per Child (un computer per bambino), e il prezzo denunciano gli obiettivi (e i sogni) dei suoi inventori e sponsor: questo è un computer che, al costo di 100 dollari (circa 67 €), ha l'ambizione di volersi diffondere nei Paesi meno sviluppati e dare il via a un processo di informatizzazione senza precedenti.
Di' qualcosa di sensato!
Io me ne sono procurato uno aderendo alla campagna "Give One Get One", valida fino alla fine dello scorso anno: con 400 dollari si riceveva un OLPC e se ne donava uno a un bambino di un Paese del terzo mondo. Ok, fanno 200 dollari per me e altri 200 devoluti, ma che cosa non si farebbe per una "giusta causa"? Il problema, casomai, è quanto giusta sia, questa causa... Non nego di avere qualche perplessità: il computer costa poco, certo, e viene venduto ai governi dei Paesi in via di sviluppo (non a singole persone), ma a quel punto che cosa succede? È un pc da bere o da mangiare? Può essere efficacemente usato per filtrare l'acqua o tenere lontane le zanzare? A tutte queste domande (ingenue, lo ammetto) non so che cosa rispondere, e dalla piccola valigetta hi-tech bianca e verde non mi arriva ancora nessun aiuto. Eppure, dicono, dentro ha pure Internet! Ma funziona?
![]() |
![]() |
![]() | |||
![]() |
![]() | ||||
|
Facciamo finta, per un attimo, che l'idea di un pc come questo sia assolutamente e completamente giusta, e su misura e tempestiva per questo momento della storia dell'umanità. Per fare un deciso passo in avanti. Ma come impareranno quei bambini a utilizzare l'OLPC? La scheda che accompagna il computer è un vero miracolo di comunicazione universale, bisognerebbe spedirla a chi scrive i "manuali rapidi" dei nostri elettrodomestici, perché impari qualcosa. A colpo d'occhio ho capito - guardando solo le figure - come caricare la batteria e accenderlo. E poi ho scoperto Sugar, l'interfaccia del sistema operativo (ossia il software che fa funzionare il computer, come Windows, per esempio), comandato e controllato tramite icone. Il sistema è di una semplicità esemplare, frutto del genio di miti come Nicholas Negroponte (uno dei fondatori del MediaLab del Mit - il Massachusetts Institute of Technology - e della prestigiosa rivista Wired), Jim Gettys (uno dei "papà" di Internet, esperto - anche - in sistemi informativi per l'educazione), Antonio Battro (processi percettivi dell'età evolutiva e membro permanente della Pontificia Accademia delle Scienze) e altri mostri sacri dello stesso calibro.
Dai fatti alle parolacce
Sugar ha a che fare con Linux, software da sempre gratuito ma non famoso per la sua semplicità. Perciò ho voluto una prova della sua facilità d'uso al di là di ogni ragionevole dubbio: ho dato l'OLPC in mano a una persona che non ha mai usato un computer e non conosce l'inglese. Una cavia perfetta (mio padre, per inciso), che all'inizio ha brontolato e infine accettato a patto che rimanessi lì vicino «perché non si sa mai che cosa può succedere...». Tempo un minuto d'orologio l'aveva aperto, acceso e scritto FESSO in caratteri cubitali col software di serie. Fortuna che non sa che cosa sono le chat e non si è soffermato su quell'icona per me invece così evidente...
Va in Rete, e un po' disegna e suona
L'icona a fumetto per la chat e quella col mondo per l'accesso a Internet vanno spiegate, perché l'OLPC va in Rete se c'è una rete (è naturale!), e non c'è da sperarci troppo nei Paesi per cui è pensato. Ma i suoi inventori gli hanno messo in memoria una quantità di pagine web: dizionari, schede di scienza, enciclopedie... tutto "materiale web" che si può consultare sempre, anche senza essere online. Non è come Internet, ma è comunque un bell'archivio da usare con l'aiuto di quallcuno che sa farlo. Più facile (almeno per me) è la tavolozza a colori che invita a disegnare - più o meno come col Paint di Windows - e quell'altra, a forma di nota musicale, che apre TamTamEdit. Un software per suonare e fare un po' di composizione! I suoni, però, sono decisamente "occidentali": niente ritmi tribali profondi né arpeggi di sitar. Non so se è l'idea giusta...
Energia. Acqua!
Come pc devo riconoscergli il merito di proporre soluzioni sorprendenti, come la possibilità di passare - con un pulsantino - dalla "modalità a colori" a quella in bianco e nero e guadagnare 6 ore di autonomia (provato di persona). Oppure l'assenza del disco fisso: per il tuo software, i documenti e tutto quanto usi una scheda di memoria, e così non ci sono parti in movimento (come il disco, appunto) a succhiare energia; un altro contributo al risparmio energetico viene dal processore, che si disattiva in pochi minuti, quando non è utilizzato, e si riattiva al volo (provato di persona) al primo segno di attività. Un altro segno distintivo è l'assoluta robustezza della struttura, e l'impermeabilità. Ho cinicamente versato un mezzo bicchiere d'acqua sulla tastiera, e confermo che è davvero impermeabile. Chissà come sarebbero contenti i bimbi africani nel metterlo alla prova con una bella una pioggia battente!
Che futuro?
Ammetto di avere ceduto un po' troppo alla tentazione di criticare l'idea, e forse l'oggetto e il progetto non lo meritano. Le questioni sul tavolo sono tante e complesse, e l'OLPC non è responsabile di nulla, anzi: i suoi geniali inventori/sognatori hanno dimostrato che non ci vuole molto denaro per avere un pc in ogni casa del mondo ed essere tutti in rete. Spero però che non si mangi risorse che oggi dovrebbero essere trasformate in acqua, cibo, salute, servizi... Spero sinceramente che un giorno tutti i bambini del mondo possano avere (anche) un oggetto del genere, capace di "unire" attraverso Internet, ma, intanto, che abbiano almeno i loro diritti.