I Romani erano tolleranti in fatto di sessualità, però erano anche molto conservatori e maschilisti: viene quindi da chiedersi come trattassero i maschi che non si sentivano tali.
Protetti da Cibele. La risposta l'ha data Tina Chronopoulos, della Binghamton University (Usa). «Nonostante il culto della virilità imperante a Roma, fu comunque trovato un modo non violento di rapportarsi con chi virile non voleva essere. Gli uomini che andavano in giro acconciati come donne erano oggetto di derisione, che potevano però evitare se si mettevano sotto la protezione di Cibele, dea della Natura di origine anatolica».
Il mito. Perché proprio sotto la protezione di Cibele? In uno dei suoi miti, la dea induce il semidio Attis a evirarsi, a Roma venne considerata la protettrice di chi rinunciava alla propria virilità.
Celebrazioni. «E così intorno ai templi di Cibele si raccoglievano le comunità di "Galli", donne trans (alcune delle quali si facevano castrare per onorare la dea), che li tenevano puliti e organizzavano musiche e danze alle sue celebrazioni o a feste private. In questo ruolo parasacerdotale il rispetto della società era assicurato», conclude Chronopoulos.