I moderni alchimisti del cocktail sono chiamati mixologist e coniugano il sapere tradizionale con l'approccio scientifico e nuove tecniche d'avanguardia. Non stupitevi se dietro il bancone di uno dei locali più "cool" di New York, il Booker and Dax, vedete contenitori di azoto liquido e altri apparecchi hi-tech: il proprietario, Dave Arnold, tiene un corso di "scienza del cocktail" alla prestigiosa Harvard University, a Cambridge!
Un po' di sale. La prima rivelazione dei maestri mixologist è quasi sorprendente. Gadget e add-on, per quanto avveniristici, non miglioreranno mai il nostro aperitivo quanto un umile e inaspettato ingrediente: il sale. Uno studio del 2010 ha indagato il modo in cui i recettori sulla lingua rispondono ai sapori fondamentali: acido, amaro, dolce, salato, umami. A seconda della concentrazione e di come si combinano, certi sapori verranno accentuati o moderati. Per esempio, una nota acida in un drink amaro esalterà l'amaro, ma una dose più intensa ne attenuerà l'amarezza.
Allo stesso modo un pizzico di sale (dev'essere impercettibile al palato) ridurrà l'amaro ed esalterà le note acide e dolci, rendendo più intenso il sapore del cocktail. Provate la differenza, che sarà evidente anche con il più semplice degli aperitivi italiani.
La Prima Legge del Cocktail. Per definizione, gli ingredienti di un cocktail classico sono: alcolici, analcoli e ghiaccio a 0°. Malgrado nella lista venga per ultimo, il ghiaccio nella preparazione di un drink è talmente importante che la legge fondamentale dei cocktail tradizionali, che suona un po' come una legge della termodinamica, ruota proprio attorno al cubetto freddo: "non c'è raffreddamento senza diluizione, e non c'è diluizione senza raffreddamento".
In parole quasi banali, la verità è che un drink più freddo è inevitabilmente anche più annacquato, per via dello scioglimento del ghiaccio nel bicchiere. Ma se utilizzassimo cubetti appena prodotti, potremmo rinfrescarlo senza diluizione? Sì, ma non significativamente.
Il motivo è controintuitivo: il ghiaccio, quando è molto freddo, raffredda più lentamente di quello più "tiepido", dato che fino a 0° non scioglie, ma assorbe calore per variare la propria temperatura. Solo dopo aver raggiunto 0° il calore assorbito verrà utilizzato per liquefarsi, sprigionando il potere di raffreddamento. Per esempio, lo scioglimento di solo 9,5 grammi di ghiaccio è equivalente al potere di raffreddamento di ben 150 grammi di ghiaccio a -10 °C.
Per lo stesso motivo, se teoricamente preparassimo un drink e lo versassimo in due bicchieri contenenti quantità di ghiaccio diverse, a parità di temperatura, per esempio -2 °C, i due cocktail sarebbero diluiti allo stesso modo e avrebbero lo stesso identico sapore.
Agitato, non mescolato. Non è mai bello far crollare un mito, ma purtroppo va detto: James Bond aveva torto! L'agente al servizio segreto di Sua Maestà è noto per chiedere il proprio Martini shakerato. Un errore, secondo Arnold, che è anche autore della bibbia dei mixologist, Liquid intelligence: «C'è un motivo se un Martini va mescolato e un Daiquiri agitato. Entrambe le tecniche raffreddano, diluiscono e amalgamano gli ingredienti, ma hanno effetti sul sapore e la consistenza che si adattano a ben specifiche ricette».
Agitare un drink, spiega Arnold, lo raffredda e pertanto lo diluisce più di quanto avverrebbe mescolandolo. Ma visto che la percezione del sapore, specialmente della dolcezza, è attenuata a temperature più basse, un drink shakerato ha bisogno in partenza di essere significativamente più dolce del suo equivalente mescolato. Agitare inoltre aumenta la consistenza della bevanda, il che è positivo se si prepara un cocktail con ingredienti come latte, bianco d'uovo o succo di frutta.
Ma non lo è quando si mescola un liquore con un amaro o un distillato, come nel caso del Martini.
L'ora del cocktail dura un minuto. Ma il cocktail, come andrebbe bevuto? Chiacchierando e senza fretta, oppure senza perdere tempo? Diluendosi e intiepidendosi, il cocktail è inevitabilmente destinato a perdere l'iniziale armonia tra i sapori: non dovremmo tirarla troppo per le lunghe, soprattutto nel caso dei drink shakerati.
Un drink shakerato,
nel momento in cui viene servito sta già morendo.
Parola di Arnold
Insomma, la fisica, la chimica e altre discipline scientifiche hanno molto da insegnarci, quando siamo alla ricerca del cocktail perfetto. Ma c'è una verità scomoda che molti barman e mixologist fanno sempre fatica ad accettare: il drink perfetto è sempre quello che ci piace di più. Da questo punto di vista siamo tutti un po' James Bond.
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