Nei primi 10 mesi del 2012 (gli ultimi per i quali ci siano dati disponibili), gli italiani si sono giocati 70 miliardi di euro, con un aumento di oltre il 10% rispetto ai 62 miliardi dello stesso periodo del 2011. Una parte di quei soldi sono tornati indietro sotto forma di vincite, ma oltre 14 miliardi sono stati il ricavo di chi in Italia opera nel settore del gioco, primo fra tutti lo Stato.
Che cosa è veramente "azzardo"? Secondo Marina d'Agati, ricercatrice della cattedra di sociologia alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Torino e che dal 1999 si occupa di questi temi, «la definizione di gioco d'azzardo data dal legislatore, ossia un'attività che prevede una scommessa su un evento dall'esito incerto con una posta che solitamente è in denaro, per alcuni studiosi è troppo ristretta perché la posta può essere non in denaro. Possono infatti esserci aspetti non direttamente economici, come nel combattimento tra galli che, in alcune popolazioni primitive, metteva in palio il prestigio all'interno della comunità. Le persone però», prosegue d'Agati, «spesso non considerano d'azzardo giochi che invece lo sono: nelle mie interviste a diversi scommettitori ippici, questi non consideravano la loro scommessa un azzardo perché secondo loro l'azzardo non prevede una componente di abilità. Quindi, per molti, il gioco d'azzardo è quello di pura alea, cioè interamente affidato alla sorte. Va detto che c'è comunque uno scarto tra la percezione oggettiva e soggettiva dell'azzardo: spesso neanche i giocatori del lotto o superenalotto si considerano giocatori d'azzardo».
Partendo proprio da questa soggettiva percezione del gioco proponiamo in queste pagine un approccio ragionato (scientifico e matematico) ad alcuni concetti fondamentali. Il primo tra questi è che c'è qualcuno che vince sempre, e il suo nome è...
Non tutti i giochi sono uguali: se li consideriamo dal punto di vista del giocatore, alcuni offrono buone probabilità di vincita. Tuttavia, qualsiasi gioco di denaro organizzato (escludiamo le partitine casalinghe con gli amici) è concepito in modo da garantire un guadagno sicuro a qualcuno, e questo qualcuno non è il giocatore.
Se partecipiamo a qualsiasi gioco in cui ci sia un banco, cioè un gestore (che sia un casinò fisico, un sito internet o un intermediario di qualsiasi genere), dobbiamo aspettarci che il totale dei premi assegnati ai giocatori sia inferiore di una certa percentuale a quanto complessivamente si è speso per giocare. Questa percentuale è il margine del banco e serve a pagare croupier e impiegati vari, tasse e bollette piuttosto che la gestione di un sito web e così via. Oltre a rappresentare il guadagno di chi organizza il gioco.
Sempre dal punto di vista del giocatore, un approccio consapevole al gioco deve quindi partire dalla constatazione che vincere è un fenomeno locale, una anomalia in un sistema concepito per fare vincere comunque il banco. Certo, a volte capita che sia il giocatore a vincere, per un colpo di fortuna o, magari, in giochi dove conta anche la strategia, perché alla fortuna si è accompagnata anche l'abilità. Ma, come vedremo, non è questa la regola.
Possiamo decidere di uscire una sera a cena oppure di impegnare la stessa somma per tentare la fortuna: in quest'ultimo caso, persa la cifra - quella impegnabile senza conseguenze sulla vita quotidiana-, bisognerebbe smettere. L'idea dell'adesso mi rifaccio, tipica dei giocatori accaniti, è quanto di più pericoloso ci possa essere.
Ma dove e come sfidare la fortuna e provare il brivido dell'azzardo? Per un giocatore consapevole un fattore fondamentale consiste nel saper valutare dal punto di vista matematico in quali giochi ha meno da perdere. Abbiamo sentito il parere di Dario De Toffoli, esperto di giochi e titolare di Studiogiochi e autore del libro Il giocatore consapevole.
«Escluderei i giochi pubblici, cioè lotterie, lotto e via dicendo», esordisce De Toffoli. E questo è già sorprendente. I giochi pubblici sono quelli in cui lo Stato ha il guadagno più elevato, che agiscono come una sorta di tassa non dichiarata per cercare di far quadrare i bilanci del nostro Paese. «Il motivo si capisce facilmente con un esempio. Prendiamo il lotto: la giocata più semplice è la puntata su un numero singolo su una sola ruota, per esempio il 10 su Torino. È chiaro che abbiamo 5 possibilità di vincere (perché 5 sono i numeri estratti) su 90 (il totale dei numeri), quindi 5 su 90, che equivale a 1 su 18. Però, se il nostro numero esce, veniamo pagati poco più di 11 volte la puntata (esattamente 11,232 volte, con le regole attuali), ossia molto meno delle 18 volte che rappresentano la vincita equa, cioè legata al fattore probabilità. Facendo i conti, si vede che il margine di ciò che è chiamato banco (e che comprende lo Stato, la ricevitoria eccetera) è del 37,6%. Per la cinquina il margine del banco sale addirittura a un vertiginoso 86,3%».
Il margine a favore del banco rappresenta il guadagno statistico dei diversi giochi. Per esempio, la roulette francese ha un margine del 2,7%: sul lungo periodo rende perciò ai giocatori il 97,3% di quanto giocano. È utile sottolineare che, sul lungo periodo, ogni euro giocato restituisce al massimo 97,3 centesimi (come abbiamo già detto, le vincite sono anomalie). Lo schema che segue fa il riepilogo delle percentuali di margine del banco per i giochi più diffusi.
Un buon esempio del significato di margine del banco è rappresentato dalle lotterie istantanee, ossia i cosiddetti gratta e vinci.
Una versione attuale molto popolare è Mega turista per sempre: con un tagliando da 10 euro si ha la speranza di vincere 200.000 euro subito, 15.000 euro al mese per 20 anni e un bonus finale non inferiore a 100.000 euro.
Dal Decreto direttoriale 2012/1157 del 13 gennaio 2012 che ha istituito il gioco, si deduce che sono stati stampati 34.560.000 biglietti (per un valore di 345,6 milioni di euro) e che sono previsti premi per 257,75 milioni, pari al 74,6% della raccolta. Il margine del banco, nel caso tutti i tagliandi siano venduti e tutti i premi incassati, è del 25,4% circa. Ma la cosa più interessante è la struttura dei premi, illustrata dallo schema qui sotto:
Verrebbe quasi da dire... bravi! Hanno fatto un sacco di tagliandi vincenti per dare a tutti la soddisfazione di portare a casa qualcosa. Vi sono infatti ben 11.551.218 biglietti che prevedono una vincita: vuol dire che si ha quasi una probabilità su 3 di trovare un biglietto che paga. Se però si guarda bene, si scopre che la struttura è perfida: c'è infatti una quantità enorme di biglietti vincenti con i premi minori (10 e 20 euro), che messi insieme fanno 150,9 dei 257,7 milioni del montepremi, cioè quasi il 60%.
Il trucco: gioco e rigioco. Adesso immaginiamo di entrare in tabaccheria a comprare un biglietto: lo grattiamo e scopriamo di aver vinto 10 euro. Siamo in pari. La soddisfazione è scarsa, quindi decidiamo di darlo al tabaccaio in cambio di un altro biglietto. Perdente.
E proprio il rigioco fa la differenza. Quasi tutti i biglietti con le vincite più basse tornano in mano al rivenditore, trasformandosi in altri tagliandi finché si perde. Supponendo (ottimisticamente) che solo il 50% degli italiani che con questo gioco vincono 10 o 20 euro li riconverta in biglietti fino a perdere, si scopre che altri 75 milioni spariscono dal montepremi, alzando il margine del gioco per il banco dal 25,4% al 47,3%.
Per fortuna dei giocatori ci sono anche situazioni a loro più favorevoli. Tra i giochi da casinò, per esempio, uno di quelli che ha il margine minore per il banco è la roulette francese: indovinando un numero si incassa 36 volte la puntata. Considerando che vi sono 37 numeri (da 1 a 36 più lo 0) e che il premio è pari a 36 volte la posta (la puntata iniziale più 35 volte la stessa), il margine del casinò è di 1/37, cioè del 2,7%.
Ovviamente non bisogna farsi prendere la mano. Un tipo di giocata tra i più pericolosi è quello del raddoppio, che si può fare puntando sulle cosiddette chance semplici: rosso e nero, pari e dispari, manque (i numeri da 1 a 18) e passe (da 19 a 36). Se per esempio puntiamo 1 euro sul rosso ed esce un numero di questo colore, incassiamo 2 euro (quello di partenza più 1). Se perdiamo, per rifarci, possiamo pensare di rifarci raddoppiando la puntata a 2 euro. Se perdiamo ancora a 4, e poi a 8, 16 eccetera. Se esce lo 0 la puntata rimane sul tavolo, non si vince e non si perde.
L'idea del giocatore "poco consapevole" è che non può uscire sempre rosso o sempre nero; prima o poi ci si deve azzeccare.
Di per sé non è sbagliata, ma ci sono due fattori da considerare. Il primo è che, quando alla fine vincerà, magari dopo essere arrivato a puntare 32 euro, vincerà solamente 1 euro, perché nelle giocate precedenti ne ha persi 1+2+4+8+16=31. Un rischio molto alto per una vincita molto piccola!
Il secondo fattore è che se è impossibile che escano serie infinite di rossi o di neri consecutivi, niente impedisce che esca lo stesso colore (quello sbagliato...) 10 o 15 volte di fila. Questo implica che, per continuare a raddoppiare, il nostro giocatore dovrà arrivare a fare puntate che possono superare i limiti consentiti dal tavolo da gioco o, più semplicemente, le sue stesse possibilità.
Un errore comune di molti giocatori occasionali, poi, è di pensare che se al giro precedente è uscito il rosso, in quello successivo è più probabile che esca il nero. Non è vero. I colpi della roulette sono del tutto indipendenti l'uno dall'altro e non si influenzano reciprocamente.
Accade lo stesso con le estrazioni del lotto: puntare sui numeri ritardatari non ha alcun senso. Un numero ritardatario può tardare fino al punto che per giocarlo col meccanismo delle puntate al raddoppio o al rialzo ci si rovini senza che questo vada contro ad alcuna statistica sul breve termine.
Skill Games. Un altro gioco abbastanza onesto è il blackjack, il cui scopo è fare un punteggio il più vicino possibile a 21 senza superarlo (altrimenti si "sballa"). «Il margine del banco in questo gioco può essere inferiore all'1%», spiega De Toffoli. «Però siamo in un altro ambito: non è un gioco di azzardo puro, perché il risultato è determinato anche dalle scelte effettuate dal giocatore. Il margine del banco rimane basso solo se si segue uno schema di gioco molto preciso, che non lascia spazio all'improvvisazione». Perché l'altro punto importante da capire è proprio questo: ci sono i giochi di azzardo puro (come il lotto o la roulette) e quelli in cui il "fattore umano" conta, come il blackjack o il poker.
Secondo la legge italiana, un gioco, per essere definito d'azzardo deve avere due caratteristiche: la prima è che deve essere totalmente (o quasi) casuale, la seconda è che deve esserci coinvolto del denaro. I giochi d'azzardo sono quindi la maggioranza: gli altri sono definiti skill games, ossia giochi di abilità. Ne sono esempi la maggior parte dei giochi di carte, poker compreso, e il backgammon. Negli skill games, in particolare nel poker, cambia tutto: il fattore fortuna fa la differenza su una singola mano o una inconsueta serata, ma nel lungo periodo i giocatori migliori emergono.
Ci sono due tipi di slot machine: new slot e videolottery. La differenza principale è che le videolottery costituiscono una rete globale, prospettano vincite fino a 5.000 euro per giocata e jackpot nazionali che possono arrivare a 500.000 euro. Le new slot invece consentono vincite modeste, fino a 100 euro. Nel complesso queste cosiddette macchinette costituiscono la voce più importante del bilancio del gioco nel nostro Paese: circa il 55% del totale. Non è un caso che negli ultimi due anni le sale slot si siano moltiplicate: ormai sono ovunque. E spesso attirano le ire degli abitanti delle zone dove sono ubicate, perché inducono a giocare ragazzini all'uscita della scuola oppure anziani che sperperano la pensione appena ritirata.
Quali margini trattengono le macchinette? Quello delle videolottery è di circa il 10%, mentre per le new slot siamo intorno al 25%. Se si gioca online il margine si riduce di molto: difficilmente supera il 3%.
Un tipo di macchinette che ha particolare successo è quello dei videopoker, dove la fortuna si accoppia alla strategia del giocatore. I videopoker presenti nei casinò italiani sono programmati per trattenere circa il 10% mentre quelli sulle navi da crociera il 15%, ma se prendiamo i casinò di Las Vegas, per esempio, troviamo videopoker che hanno un margine anche solo del 3% perché la concorrenza è molto elevata e devono attrarre i giocatori.
Le slot, di qualsiasi tipo siano, rappresentano un tipo di gioco "mordi e fuggi". Bastano pochi secondi per far girare le ruote scintillanti, e perdere 1 o 10 o più euro. In pochi minuti si possono dilapidare in modo insensato cifre molto importanti.
Oggi non ci sono solo i casinò "terrestri": ci si può giocare una fortuna 24 ore su 24 online, o perdere tutta la pensione alle slot machine del bar sotto casa. Non a caso, il gioco d'azzardo patologico, un disturbo comportamentale catalogato fra quelli ossessivo-compulsivi, è diventato più evidente, trasformandosi in un problema sanitario di grande rilevanza. L'Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa calcola che 3 milioni di italiani siano a rischio di sviluppare una dipendenza dal gioco. E il rapporto Gioco & Giovani di Nomisma ha rilevato che ben il 5% dei giovani 16-19enni è "in situazione di criticità". Tutti abbienti? No, l'industria del gioco coinvolge soprattutto le fasce più deboli: secondo i dati Eurispes il 47% degli indigenti, il 56% degli appartenenti al ceto medio-basso, il 66% dei disoccupati. I sintomi della dipendenza sono facilmente identificabili: il giocatore aumenta sempre più la "dose" per ottenere lo stesso livello di eccitazione. Se tenta di smettere sviluppa i sintomi dell'astinenza: nervosismo, ansia, tremori. L'unico rimedio è rivolgersi al Sert (servizio per le tossicopendenze) o ai Serd (servizi per le dipendenze) di una qualsiasi Asl [Amelia Beltramini].
Ancora e ancora e ancora... Questo del "mordi e fuggi" si lega a un aspetto del gioco spesso trascurato, la ripetitività. Nel senso che alcuni giochi promettono un rendimento buono, come la roulette, ma spingono a fare molte giocate in un tempo breve. L'accanimento, però, porta alla rovina, tanto che i matematici hanno inventato il teorema della rovina del giocatore, il quale afferma che, anche in un gioco equo, se il nostro avversario ha una disponibilità di denaro superiore alla nostra siamo destinati a perdere. In altre parole, chi ha più soldi vince, e quello che ha più soldi è sempre il casinò.
Un esempio: giochiamo a testa o croce con un amico, puntando 1 euro ciascuno a ogni lancio della moneta. Chi vince prende i 2 euro. Il gioco è perfettamente equo: abbiamo entrambi il 50% di possibilità di vincere e non paghiamo alcuna tassa al banco. Però io ho a disposizione per il gioco 5 euro, il mio amico 20. È possibile allora dimostrare matematicamente che le sue probabilità di mandarmi sul lastrico sono molto più elevate delle mie. Perché se è vero che a lungo termine la partita è in parità, vi saranno sempre oscillazioni intorno al pareggio e, quando una di queste oscillazioni supera la mia disponibilità di denaro, io sono rovinato.
Il gioco online. Da quando, nel 2011, nel nostro Paese sono stati legalizzati i casinò in rete, il mercato si è arricchito di sempre nuove versioni e possibilità. Oggi si può giocare stando comodamente seduti in casa non soltanto a poker, ma anche ai classici giochi da casinò tradizionale, come blackjack, roulette e baccarat, e persino a bingo, briscola, tressette, domino, scopa, burraco...
Anche i mezzi di supporto, facilitatori del gioco, si stano evolvendo: ci sono app per smartphone, per farci giocare sempre e ovunque, e canali televisivi tematici dove croupier in carne e ossa fanno girare la pallina della roulette in tempo reale, mentre i telespettatori puntano da casa.
Tutto questo fa girare la testa e fa perdere di vista che il gioco, per essere bello, deve rimanere un gioco.