Una nuova bevanda, impropriamente chiamata "latte", si propone come altamente proteica e del tutto priva di allergeni, a differenza delle alternative vegane al latte - come le bevande a base di soia o derivate dalla frutta secca. Il prodotto è il risultato della ricerca di Sophie's Bionutrients, start-up nel settore delle nuove tecnologie per l'alimentazione, che lo ricava da farina di microalghe grazie a un processo molto veloce ed economico.
Le microalghe sono coltivate in bioreattori, su substrati (la base di nutrienti su cui si sviluppano) derivati dagli scarti dell'industria alimentare, come il grano esausto (le trebbie, scarto dei birrifici), la polpa di soia, la melassa (dalle raffinerie di zucchero). L'intero processo richiede solo tre giorni e una frazione dello spazio necessario all'allevamento: per ottenere 1 tonnellata di proteine di origine bovina occorrono 140 ettari di terreno (1.400.000 metri quadri), mentre l'equivalente derivato dalle alghe richiede 200 metri quadri di spazio nei bioreattori (equivalenti a 0,02 ettari). L'elevato tenore proteico, infine, permette di utilizzare la farina di microalghe come base per molti alimenti, dal latte agli hamburger.
Bioreattori come allevamenti: è questa la risposta vincente al problema della sovrappopolazione e alla mancanza di risorse per il fabbisogno alimentare globale? Di sicuro c'è che la ricerca scientifica si muove in questa direzione. In Europa il programma Horizon 2020 finanzia due progetti sull'alimentazione a base di microalghe. Il primo, ProFuture, mira allo sviluppo della filiera produttiva di alimenti e mangimi con quattro specie di microalghe: capofila italiano del progetto è la divisione Food & Agriculture Requirements di Wiise Srl. Il secondo progetto, NextGenProteins, coordinato dall'azienda islandese Matís, studia modelli di produzione alimentare basati su biomasse, proteine monocellulari (microalghe) e insetti.
Il rapporto The World in 2050 (ONU) stima una popolazione globale di 9,7 miliardi nel 2050 e di 11 miliardi a fine secolo: numeri che il nostro attuale sistema alimentare non può sostenere. Ecco perché si investe tanto sulle proteine alternative, dalle colture monocellulari agli insetti edibili, tutti potenziali alimenti altamente proteici e a basso impatto ambientale.