Edgar Mitchell (a sinistra nella foto), ovvero il sesto uomo ad aver messo piede sulla Luna, è stato citato in giudizio dal governo degli Stati Uniti d’America, perché avrebbe cercato di vendere la macchina fotografica che utilizzò durante la missione Apollo 14 e che non restituì dopo l’atteraggio.
“Avrebbe tenuto per sé una fotocamera Hasselblad usata in missione”
Eroi al tramonto - Le poche persone che sono riuscite nell’impresa di sbarcare sulla Luna sono diventate degli eroi: tutti sanno, per esempio, chi è Neil Armstrong e la frase che ha proferito al momento dello sbarco (“Questo è un piccolo passo per l’uomo, ma un gigantesco balzo per l’umanità”) è entrata nei libri di storia. Ormai ne è passata di acqua sotto i ponti dagli anni della corsa allo spazio e quei valorosi astronauti si sono trasformati in pensionati ultraottantenni. Fossimo al posto loro, ci godremmo la meritata celebrità, magari scrivendo un bel libro di memorie, oppure andando di scuola in scuola a condividere queste esperienze memorabili con le nuove generazioni. Non dev’essere della stessa opinione Mitchell, che ora rischia davvero grosso per la sua “bravata”.
Appropriazione indebita - Parliamo di fatti avvenuti nel lontano 1971 e, stando a quanto sostiene Edgar, non si tratterebbe di un furto. La NASA gli avrebbe consegnato una bella Hasselblad prima del decollo, per poter immortalare la superficie del nostro satellite, ma al rientro sulla Terra non gli sarebbe stato chiesto di restituirla. Il pilota, per questo motivo, ha dato per scontato che la fotocamera fosse un regalo e si è sentito libero di proporla a un ricco collezionista, per la modica cifra di 80.000 dollari.
Segreto di Stato? - La situazione si è fatta francamente imbarazzante. Il presunto colpevole ha raggiunto la veneranda età di 81 anni e questi eventi hanno avuto luogo oltre 40 anni fa. Sappiamo bene, tra l'alto, che la crisi economica non ha risparmiato nessuno ed è comprensibile che un povero vecchietto abbia deciso di vendere i cimeli personali per poter continuare a vivere dignitosamente. Il governo statunitense è stato, però, intransigente e adesso vuole recuperare ciò che, a suo dire, sarebbe coperto dal segreto di Stato. La prima sentenza del tribunale della Florida ha dato ragione alla Nasa e, così, la palla passa all’astronauta, il quale dovrà dimostrare che l’oggetto in questione gli è stato effettivamente donato e non è stato, invece, trafugato senza autorizzazione dalla navicella spaziale.
Altri furti spaziali - Per dovere di cronaca, precisiamo subito che Mitchell non è stato l’unico a macchiarsi di colpe simili.
Altri suoi colleghi, in passato, avevano già tentato di “grattare” pezzi dello zaino PLSS (Primary Life Support System) in dotazione alle missioni Apollo 12 e 15, ma l’hanno sempre fatta franca. Al contrario, non osiamo pensare alle punizioni che potrebbe infliggere il governo cinese ai suoi cosmonauti qualora cercassero di fare altrettanto: fortunatamente il modulo Tiangong-1 non ha equipaggio a bordo. (sp)