I risultati delle elezioni in Usa si prestano ad alcune semplici considerazioni a cavallo tra statistica e politica. La prima notizia (buona) è che ha vinto il candidato che ha preso più voti popolari. Una cosa non ovvia nel sistema elettorale americano. Nel 2000, per esempio, Al Gore ottenne oltre mezzo milione di voti in più rispetto a Gorge W. Bush (il 48,38% contro il 47,87%) ma perse nel computo dei grandi elettori, sia pure dopo un lungo e contrastato conteggio delle schede elettorali. Barack Obama ha invece ottenuto circa 2,5 milioni di voti in più rispetto a Mitt Romney: il 50,3% del totale contro 48,1% dell'avversario.
La seconda cosa che si nota è che gli elettori americani sono molto conservativi. Esistono Stati tradizionalmente democratici e altri tradizionalmente repubblicani. Gli Stati della costa occidentale e quelli delle grandi metropoli del nord-est (New York, Boston, Washington), per esempio, sono roccaforti democratiche; tutti gli Stati della fascia centrale sono repubblicani, Colorado e New Mexico a parte. Anche in questo caso la tendenza si conferma: rispetto alle elezioni di 4 anni fa, 48 Stati su 50 hanno votato allo stesso modo (guardando più indietro, non era andata molto diversamente neanche nel 1992, quando Bill Clinton sconfisse Gorge Bush padre). Le uniche differenze riguardano Indiana e North Carolina, che allora furono appannaggio del democratico Obama e quest'anno invece sono passati al repubblicano Romney.
Il secondo punto ci porta automaticamente al terzo. Gli statunitensi hanno rinnovato la fiducia al loro primo presidente di origine afroamericana, ma con riserva. Obama, rispetto a 4 anni fa, ha perso voti praticamente in tutti gli Stati. In media è calato del 2-3%, in qualche caso anche del 5. In sostanza, la vittoria è stata molto più risicata rispetto a 4 anni fa. E questo si riflette anche sulla composizione del Congresso, che in questa consultazione elettorale vedeva l'elezione di tutti i membri della Camera dei Rappresentanti e di 33 senatori su 100. Il risultato è che i repubblicani hanno confermato la maggioranza alla Camera che avevano conquistato con le elezioni di medio termine, due anni fa, mentre al Senato la maggioranza è democratica, ma di pochissimo: Obama potrà contare su un numero di senatori compreso tra 51 e 54, a seconda di come si concluderà lo spoglio. In ogni caso non servirà a molto: il regolamento del Senato Usa prevede infatti che per arrivare a votare una proposta servano 60 senatori favorevoli. È grazie a questo meccanismo che in questi anni il Senato ha bloccato molti progetti di legge di Obama.