C'era una volta la carota, ma non era arancione. Il colore tipico di questo ortaggio fu infatti deciso a tavolino dai contadini olandesi nei secoli XVI e XVII per rendere omaggio a Guglielmo d’Orange, il capostipite dell’attuale dinastia regnante in Olanda che nel 1568 diede il via alla storica rivolta dei Paesi Bassi contro il dominio spagnolo (il conflitto si concluderà nel 1648 con l’indipendenza della regione).
Agricoltori olandesi. Le varietà originarie, provenienti dall’Afghanistan, erano per lo più tra il porpora e il viola, ma ne esistevano anche di gialle, rosse o nere, e attraverso una serie di incroci di sementi, gli zelanti agricoltori riuscirono a virarne il colore verso l’arancione che tutti noi conosciamo (che contraddistingue, non a caso, anche le nazionali sportive olandesi).
La nuova carota arancione si diffuse quindi nel resto del mondo, riscuotendo maggior successo delle antenate violacee, sia per il sapore, che risultava più dolciastro, sia perché considerata più gradevole alla vista.
Quelle violacee. Le semenze afgane non sono quasi più usate, ma non si sono estinte: alcuni agricoltori europei continuano infatti a coltivarle anche perché sono ricche di sostanze antiossidanti e quindi sono tornate in auge negli ultimi anni.
In Italia, esistono coltivazioni di carote viola in Puglia, nei pressi di Polignano a Mare (Bari) e di Tiggiano (Lecce).