Abbiamo provato a vivere (per poche ore) come chi non vede né colori né immagini, alla scoperta di com'è riempito questo vuoto. Tutto grazie all’Istituto dei Ciechi e all’iniziativa Dialogo nel buio.
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Dialogo nel Buio a Rio, in Brasile, in occasione del IV Congresso Mondiale delle Scienze (2005). |
di Raymond Zreick
Chiudi gli occhi e ascolta. Per sentire le parole degli altri lasciando "fuori" le apparenze: così nei suoni scopri i sorrisi, l'amicizia, la rabbia, la paura e tutto il resto. Poi riapri gli occhi e torni alla normalità. Tu. Ma c'è anche chi, a occhi aperti o chiusi, resta nel buio tutta la vita. Come si vive in questo mondo? Per scoprirlo siamo andati all’Istituto dei Ciechi di Milano dove si trova Dialogo nel buio, una mostra percorso... dove non si vede nulla.
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Qui dentro i ruoli si invertono
La guida si muove con disinvoltura, tiene unito il suo gruppo (composto da un massimo di otto persone), lo "comanda", attira l'attenzione sui dettagli... mentre il "vedente", in un'ora o poco più, riesce a capire quanto vale il suo vantaggio naturale e quanto devono essere forti e motivate e desiderose di normalità le persone a cui invece manca la vista. L'ultimo ambiente di Dialogo è un bar. Sarebbe uguale a qualunque altro bar se non fosse per l'assoluta mancanza di luce, ma ci sono musica, caffè, bibite... e, soprattutto, è un'occasione di conoscenza tra la guida e il suo gruppo, seduti insieme attorno a un tavolo.
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Il nostro racconto
Quello che segue è la cronaca del nostro personale percorso attraverso Dialogo nel buio: Gian Mattia, Federica e Raymond, l'intera redazione di Focus.it!, alla scoperta di una dimensione di vita diversa grazie a un'esperienza che abbiamo scoperto bella e preziosa e che vorremmo consigliare a tutti. On line possiamo solo raccontartela, e se alla fine avrai l'impressione che manchi qualche dettaglio, è vero: non c'è proprio tutto quello che abbiamo trovato lì dentro per non guastarti il piacere della scoperta.
Ancora non lo sappiamo, ma quello che ci aspetta è un bel passaggio energico in un frullatore di emozioni.
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1988: il primo allestimento di Dialogo, a Düsseldorf. |
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Giardini senza luce
Inizia così la nostra visita a Dialogo nel Buio, mostra itinerante inaugurata in Germania nel 1988, con lo scopo, almeno agli inizi, di fare conoscere ai "vedenti" i problemi e le difficoltà in cui si muovono tutti i giorni i "non vedenti" e le persone con gravi difficoltà visive (ipovedenti). «Abbiamo però presto capito che questa breve escursione nel buio ha, per i nostri visitatori, molti signif icati. E che ha un valore persino superiore a quello del "semplice" farci conoscere», dice Franco Lisi, responsabile del centro informatico dell'Istituto dei ciechi di Milano, che ospita la mostra. Che cosa succede per davvero nel buio? Per capire devi cambiare prospettiva.
Pochi passi che non riesco a contare perché il cervello mi urla in testa che non ci vede. Rosanna non ha smesso di parlare un secondo, per farsi seguire e per tranquillizzarci. Ci chiama spesso per nome, e mentre Giamma e Federica sono pronti a rispondere per farsi localizzare, io mi trastullo con un pensiero traditore: se sto zitto, mi perderò qui?... Poi penso alla dozzina di adolescenti chiassosi che, subito dopo di noi, aspettano il loro turno per entrare e provo un brivido... «sono qui Rosanna...». Lei mi strattona (a parole, e anche prendendomi per un braccio) e mi riporta all'ordine. Mi guardo attorno con quello che resta dei miei sensi. Siamo nel Buio Assoluto, in un giardino.
Dialogo è un'area perfettamente isolata dalla luce e dai rumori, divisa in una serie di ambienti separati dove si vivono esperienze sensoriali differenti e assolutamente realistiche, e anche "uniche" per il modo in cui sono condotte e vissute.
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1992: Dialogo apre ad Amburgo. |
Lungo il percorso la guida invita a toccare a mano aperta tutto quello che c'è (che è poi quello che si "incontra" in questo cammino a tentoni), per riconoscere le piante, il tipo di terreno, l'esposizione di frutti sulle bancarelle di un mercato invisibile, l'ostacolo improvviso lungo una strada di città. Procedendo, a poco a poco tatto e udito diventano gli strumenti per orientarsi tra i suoni della natura e nel caos cittadino degli ambienti sintetici, e si fa sempre più forte il bisogno di stare insieme e vicini.
Quanto è grande Dialogo? Un migliaio di metri quadrati, ma quando ci sei dentro ti sembra dieci volte tanto, e non solo perché mancano i riferimenti visivi: complici gli effetti audio e l'ottima preparazione delle guide, brave ad attirare la tua attenzione sui dettagli della "scenografia" (il vento, l'acqua, le foglie...), gli ambienti hanno dimensioni variabili, molto soggettive. Sono quasi piccoli quando li vivi bene, interminabili quando capisci quali sono le difficoltà e da che cosa derivano (e non vedi l'ora di uscirne).
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Anche "fare altro" è non vedere
Quando infine torniamo alla luce, poco più di un'ora dopo esserne usciti, ci sentiamo colpiti da questa originale esperienza e anche un po' diversi. Franco Lisi qualcosa me l'aveva anticipata, ma non abbastanza da rovinarmi la sorpresa: «Capire le difficoltà dei ciechi era l'unico scopo di Dialogo, all'inizio. Ma poi la gente ha cominciato a dirci che voleva tornare, parlare ancora con la guida, ritrovarsi al buio. E così che Dialogo si è trasformato nella metafora di un mondo abitato da persone che non si vedono, perché distratte o impegnate "a fare altro". Non si vedono gli uni con gli altri e non vedono se stessi. Finché non arriva un'emozione forte a ricordare loro che non sono soli. Anche solo per un'ora...» Sorride, e afferma categorico che però non è loro intenzione offrire un'ora di psicanalisi. A 12 euro, poi!