Si dice che chi va con lo zoppo impara a zoppicare: e chi mangia in compagnia di un grassone? Non sappiamo se questo sia stato lo spunto per la ricerca condotta da Brian Wansink, direttore del Cornell University Food and Brand Lab, ma certo qualcosa deve averlo spinto ad approfondire la questione. Sta di fatto che con il suo team ha organizzato una serie di test che hanno visti coinvolti 82 studenti e un personaggio di riferimento, un'attrice, scelta di corporatura medio-piccola: 1,63 metri di altezza per 57 kg di peso.
L'attrice doveva giocare due ruoli, grassa e normale. In una prima fase di test (grassa) doveva indossare una speciale tuta che le regalava un'evidente abbondanza, oltre 20 kg in più almeno. In mensa, questo personaggio poteva scegliere tra insalata (per la categoria "piatto più salutare") e pasta, a rappresentare la categoria opposta. A seconda delle fasi di osservazione programmate, l'attrice si serviva abbondantemente dell'una o dell'altra.
Gli studenti, inconsapevoli dello scopo del test, sono stati divisi in quattro gruppi per altrettante sessioni d'osservazione: attrice con abito ingrassante e cibo sano oppure insano (lo definiamo così per praticità, ma certo non consideriamo insana la pasta); e poi attrice al naturale e cibo sano o insano. La donna attirava l'attenzione su di sé e si serviva. Alla fine del pasto gli studenti dovevano rispondere a un questionario.
Il risultato è curioso: chi sedeva accanto alla donna "ingrassata" che mangiava molta pasta faceva lo stesso, ma non la imitava se mangiava insalata né quando indulgeva con la pasta senza la tragica tuta. Insomma, più che la dimensione del piatto poté quella della donna. La morale, dicono i ricercatori, non è evitare i grassoni a tavola ma avere le idee chiare su quanto e cosa si vuole mangiare. Buon pranzo.