OMS, Unicef e la rivista scientifica The Lancet hanno stilato una classifica dei paesi dove i bambini possono crescere meglio, tenendo in considerazione diversi parametri, tra cui tasso di sopravvivenza delle madri, qualità della sanità, povertà, educazione, crescita e nutrizione, violenza e libertà riproduttiva. L'Italia si piazza al 26mo posto, prima di Nuova Zelanda (trentaduesima) e Stati Uniti (trentanovesimi). Sul podio salgono due paesi europei: al terzo posto i Paesi Bassi, e al primo la Norvegia; tra loro, la Corea del Sud. Ultimi i paesi africani, fanalino di coda la Repubblica Centrafricana. Ma secondo gli esperti il Paese dei Balocchi non esiste: soprattutto chi si posiziona in alto nel ranking generale, scende in picchiata quando si prendono in considerazione clima e sostenibilità.
Prosperi, clima a parte. Il child flourishing index, ovvero "indice della prosperità di un bambino", è stato creato apposta per questa ricerca, pubblicata su The Lancet, per stabilire quali siano i paesi dove i bambini possono vivere meglio. Nonostante la vetta sia occupata da paesi ad alto reddito, quando si parla di crisi climatica la classifica si ribalta: i più ricchi sono anche quelli che inquinano di più emettendo gas serra (il contributo umano al riscaldamento globale). La classifica dei paesi in base all'indice di sostenibilità globale, infatti, sembra andare al contrario rispetto al child flourishing index: al primo, secondo e terzo posto rispettivamente Burundi, Chad e Somalia; Norvegia, Corea del Sud e Paesi Bassi si posizionano al 156mo, 166mo e 160mo posto; l'Italia al 134mo.
Futuro incerto. Se da un lato, quindi, in alcuni paesi i bambini vivono meglio ora, dall'altro quegli stessi paesi non assicurano un futuro roseo alla nuova generazione: «Nessuna nazione si trova nella posizione ideale per far vivere bene i nostri figli ora e in futuro, e questo mi ha sorpreso», ha affermato Stefan Peterson, capo della sanità all'UNICEF. Secondo gli esperti anche cibo spazzatura e alcol sono una minaccia per la salute e il futuro dei più giovani, che iniziano a bere sempre prima e vengono bombardati da pubblicità di aziende che li invitano a mangiare cibi poco sani.