Il festival della fotografia etica di Lodi 2013
L’Amazzonia accoglie la più grande foresta pluviale del mondo, il suo fiume più lungo e probabilmente la più grande porzione del pianeta terra che il genere umano fa ancora fatica a comprendere
Il libro Amazonas e la mostra di Lodi descrivono il viaggio di Mads Nissen in queste terre selvagge. Nissen racconta: "Mi sono preso la libertà di mettere assieme foto scattate in diversi anni, diversi stati e diverse situazioni perché è in questo modo che ho vissuto l’Amazzonia. Non come qualcosa di statico e frammentato ma come qualcosa di fluido e coerente".
Visita guidata alla mostra con l’autore Domenica 20 Ottobre, ore 17.00
Nella foto una indigena Yanomami di nome Zoila Junuma Cobepeteri. Siamo sul Río Siapa, Maraca in Venezuela.
Foto: © Foto di Mads Nissen
Nissen racconta: «Ogni volta che torno in Amazzonia, cerco un piccolo sentiero che mi guidi, fino a quando la foresta non mi avvolge. Cerco di non pensare a come l’uomo stia distruggendo la natura; Sono consapevole che alla fine avrà il sopravvento. Ho visto piante che germogliano dalle chiazze di olio e so che gli scarafaggi possono sopravvivere al plutonio. Questo placa la mia mente».
Foto: © Foto di Mads Nissen
Un giovane minatore a Garimpo Eldorado do Juma, la più grande miniera d'oro del Brasile.
Foto: © Foto di Mads Nissen
Brent Stirton è uno dei più affermati fotoreporter naturalistici. I suoi lavori sono stati pubblicati su National Geographic Magazine, Focus, Human Rights Watch, Newsweek, Time, The New York Times Magazine, The Sunday Times Magazine, Geo, CNN, e molte altre testate di fama mondiale.
La visita guidata della mostra con l’autore è prevista Sabato 19 Ottobre, ore 11.30 all'Ex Chiesa di San Cristoforo – via Fanfulla, 14 a Lodi. Da non perdere.
Nella foto, scattata nel luglio 2007, il corpo morto di un gorilla di montagna viene portato via dal Virunga National Park, in Congo. In quella circostanza 4 gorilla di montagna vennero misteriosamente uccisi.
Foto: © Foto di Brent Stirton
Un rarissimo rinoceronte bianco.
Foto: © Brent Stirton
Un'inchiesta che ha fatto scalpore sulle uccisioni degli elefanti per ricavare oggetti sacri dal loro avorio è valsa a Brent Stirton due premi POYi 2013.
Una bambina ascolta la lezione del maestro nella scuola del villaggio, ospitata in una tenda. Qui infatti non si possono realizzare costruzioni, pena il rischio di vederle distrutte.
Questa foto e le seguenti fanno parte di Work for Hope, una campagna multimediale basata sul progetto di 'cash-for-work' che la Commissione Europea (ECHO - Dipartimento aiuto umanitario e protezione civile) e COOPI - Cooperazione Internazionale stanno conducendo nei territori Palestinesi occupati (Striscia di Gaza e Cisgiordania, inclusa Gerusalemme est).
L'intervento consiste nella creazione di impieghi temporanei, coinvolgendo i capifamiglia e le comunità più vulnerabili, allo scopo di migliorarne le condizioni e la qualità di vita.
Work for Hope è un progetto di costruzione della speranza.
Foto: © Foto: Alessandro Gandolfi per COOPI/ECHO
Due bambine beduine giocano nel recinto delle capre. Le famiglie beduine affittano la terra per portare i loro animali a pascolare, ma nessuno qui può costruire. Non c’è elettricità e perfino le tende sono illegali.
L'Ufficio per l'Aiuto umanitario e la Protezione civile della Commissione europea (ECHO) che organizza questo progetto di "soldi per lavoro", è stato fondato nel 1992 come espressione della solidarietà europea nei confronti delle persone che, in tutto il mondo, versano in stato di bisogno. Nei suoi 20 anni di vita, ha fornito assistenza umanitaria alle vittime di conflitti e calamità in 140 paesi, per un valore di 14 miliardi di euro. Nel corso degli ultimi cinque anni, il bilancio annuale di ECHO si è attestato in media su 1 miliardo di euro.
Nel solo 2011, i fondi hanno raggiunto quasi 150 milioni di persone tra le più vulnerabili di 80 paesi.
Oggi, oltre 300 persone lavorano nella sede centrale ECHO di Bruxelles e oltre 400 persone in 44 uffici situati in 38 paesi.
Foto: © Foto: Alessandro Gandolfi per COOPI/ECHO
Um Ahmad, una donna beduina, è in piedi sotto la tenda nella quale produce formaggio. Suo marito ha lavorato con COOPI per recuperare una sorgente d’acqua un tempo inutilizzabile: “Quella sorgente è tutto, per noi – spiega la donna – L’acqua la usiamo per noi stessi, per gli animali, per pulire la casa e i nostri vestiti”.
COOPI – Cooperazione Internazionale è un'organizzazione umanitaria, laica ed indipendente, che lotta contro ogni forma di povertà, per migliorare il mondo. Fondata nel 1965 da Vincenzo Barbieri, COOPI ha base a Milano e sede in 23 paesi del Sud del mondo. Interviene per assistere le popolazioni in caso di emergenza (catastrofi e conflitti) e per favorire lo sviluppo civile, economico e sociale delle comunità.
È impegnata in Africa, America Latina, Medio Oriente con le realtà locali (società civile, amministrazioni pubbliche, ecc.), con 210 progetti. I suoi settori di intervento sono molteplici: sicurezza alimentare, acqua, servizi socio-economici, assistenza umanitaria, salute, educazione, energia, migrazioni, governance e diritti umani.
L'organizzazione è sostenuta da autorevoli fonti istituzionali, enti pubblici, fondazioni, aziende e cittadini - tra i principali finanziatori, spicca la Commissione Europea (Dipartimento per l’aiuto umanitario e la protezione civile).
Foto: © Foto: Alessandro Gandolfi per COOPI/ECHO
Fabio Bucciarelli ha vinto il premio World.Report Award 2013 con questo reportage,
Battle to Death, realizzato ad Aleppo durante l’autunno del 2012.
Dopo aver documentato le cosidette ‘Primavere Arabe’ e la guerra Libica
da prima dell’intervento NATO fino alla morte di Gheddafi, il fotografo si è recato in Siria per coprire il conflitto più sanguinoso degli ultimi
anni. Partito dalla Turchia, è entrato in Siria dal nord del paese verso Aleppo dove durante l’ottobre del 2012 si
combatteva la battaglia più sanguinosa fra l’esercito di Assad ed i
guerriglieri del Free Syrian Army.
Visita guidata della mostra con l’autore Sabato 19 Ottobre, ore 16.00.
Collegio San Francesco – via San Francesco, 21.
Foto: © Foto di Fabio Bucciarelli
Un combattente dell’Esercito Siriano Libero durante gli scontri con le forze del governo siriano nel quartiere Sulemain Halabi di Aleppo.
Foto: © Foto di Fabio Bucciarelli
Un’anziana donna che trasporta delle borse della spesa attraversa la strada vicino a un lungo telo nero utilizzato per separare la zona dal fuoco dei cecchini del governo siriano, nel quartiere Bab el-Adid di Aleppo.
Foto: © Foto di Fabio Bucciarelli
Caliber 3 è un centro di training dove si impara a sparare, a lottare con la disciplina del Grav Maga, per difendersi dai terroristi. Le lezioni sono tenute da ex ufficiali I.D.F., le forze armate israeliane.
Sharon Galit, l’ideatore di questo centro che è il più conosciuto in Israele, addestra agenti di polizia, di sicurezza privata e ‘settlers’ che stanno costruendo ovunque in West Bank e hanno facile accesso ai permessi per detenere armi.
Visita guidata della mostra con l’autore Venerdì 18 Ottobre, ore 18.00.
Museo Ettore Archinti – viale Pavia, 26.
Nella foto, lezioni di Crav Maga in palestra.
Foto: © Foto di Gianluca Panella
Nella foto, la spiegazione per usare il fucile mitragliatore M16.
Foto: © Foto di Gianluca Panella
Nella foto, una famiglia israeliana ascolta la spiegazione della posizione di attacco. Sullo sfondo un bersaglio.
Foto: © Foto di Gianluca Panella
La mostra Libya – Off the Wall è un racconto per immagini di Giovanni Diffidenti. Nasce dall’esigenza giornalistica di documentare la Primavera araba del febbraio 2011 e prosegue, nei mesi successivi all’insediamento del Governo di Liberazione, con il desiderio di scoprire fino in fondo la realtà libica. Al lavoro di inchiesta sociale, svolto in collaborazione con il Cesvi, le Nazioni Unite e diverse Ong internazionali, si abbina una ricerca iconografica sulla cultura e sul paesaggio libico.
Visita guidata della mostra con l’autore Giovedì 17 Ottobre, ore 18.00.?Liceo Classico Verri – via San Francesco, 11.
Nelle foto, Tripoli Street dopo la liberazione a Misurata e un momento di preghiera a Benghazi
Foto: © Foto di Giovanni Diffidenti
Partita di calcio nel quartiere di Sabaa October a Tripoli e combattimenti per conquistare la città di Zlitan
Foto: © Foto di Giovanni Diffidenti
Mercato degli uccelli di Misurata e le foto dei caduti al Palazzo della Giustizia di Benghazi.
Foto: © Foto di Giovanni Diffidenti
Giovedì 17 ottobre, ore 21.00, presso il Teatro alle Vigne, via Cavour, 66 a Lodi è prevista la serata con l’Agenzia fotografica Echo, tra le più impegnate nella fotografia etica.
Foto: © Foto: agenzia Echo
Foto: © Foto: agenzia Echo
Evros Porta d'Oriente. Un muro contro l'immigrazione è la mostra a cura di Sandro Iovine con il reportage di Mauro Prandelli.
Un fiume, confine naturale lungo 160 chilometri, separa la Grecia dalla Turchia, l’Europa dall’Asia. Sulle rive di questo fiume, l’Evros, che da circa il 2007 è diventata una delle vie preferenziali per l’immigrazione verso l’Europa, era prevista la costruzione di un fossato di cui sono stati consegnati i primi 15 km ad agosto 2011. Considerato troppo dispendioso, il progetto è stato modificato in una doppia barriera di reticolato e filo spinato.
Così, 250 persone al giorno (dati Eulex)
provano, con l’aiuto di trafficanti di uomini definiti “agenti” dai
migranti, ad entrare in Grecia alla ricerca di una vita normale.
Visita guidata della mostra con l’autore Sabato 19 Ottobre, ore 14.00.
Associazione Clam – Via Fascetti, 34.
Nella foto, gruppi di migranti che hanno appena attraversato il fiume sono a Prangio, sulla strada che collega Orestiada ad Alessandropoli. Chi si è cambiato, chi ha freddo, chi è stanco, chi non mangia da giorni, tutti hanno rischiato la vita. Sulla strada, gli abitanti della regione ogni giorno, vedono passare gruppi disorientati in cerca della strada per Atene.
Foto: © Foto di Mauro Prandelli
Un uomo corre stremato dopo ore di cammino confidano nella sua fede che lo protegge durante il cammino a Petrades. Dall’Evros, accedono all’Europa migranti asiatici, medio orientali africani e sudamericani. Dalla Repubblica Dominicana alla Somalia, dalla Somalia in Turchia fino in Europa.
Foto: © Foto di Mauro Prandelli
I migranti arrivano ad Atene, una città con quasi 700.000 abitanti di cui più del 10% migranti. Il 30 marzo, con l’azione di polizia denominata “Atene pulita”, sono stati arrestati quasi 500 migranti senza permesso di soggiorno.
L’attraversamento del fiume Evros è solo il primo degli ostacoli che i migranti clandestini devono attraversare per entrare in Europa.
Foto: © Foto di Mauro Prandelli
La giovane fotografa milanese Albertina d’Urso ha realizzato il progetto Nuestros Pequeños Hermanos per la Fondazione Nava.
La mission di Nuestros Pequeños Hermanos ™ (NPH), che in italiano significa “I nostri piccoli fratelli e sorelle”, è di fornire ai bambini orfani o abbandonati di Nicaragua, Honduras, El Salvador e Guatemala una casa e l’affetto di una vera famiglia.
I ragazzi e le ragazze sono cresciuti in un ambiente amorevole, nella certezza che non saranno mai costretti a lasciare la casa, separati dai loro fratelli, né dati in adozione.
Oltre al cibo, al vestiario, all’alloggio, alle cure mediche e ad una buona educazione, le necessità spirituali ed emotive dei figli sono sempre ben nutrite, preparandoli per l’età adulta e dando loro gli strumenti per rompere il ciclo di povertà che un tempo sarebbe stato il loro destino.
Albertina d’Urso ha raccontato tutto questo.
Visita guidata della mostra con l’autore Giovedì 17 Ottobre, ore 17.00.
Foto: © Foto di Albertina d’Urso
Mattina presto nella casa di NPH in Honduras.
Foto: © Foto di Albertina d’Urso
La scuola della casa di NPH in Nicaragua.
Foto: © Foto di Albertina d’Urso
Ricoperto per due terzi circa dal deserto, il Mali è caratterizzato da un paesaggio piuttosto arido. L’unico corso d’acqua presente è il Niger, che per buona parte del suo percorso segna il confine tra il Sahara e il Sahel.
Le temperature medie sono molto alte, attorno ai 40 gradi.
Durante i mesi invernali il Mali è spazzato dall’harmattan, il vento caldo del deserto.
Si può sostenere che le condizioni climatiche più avverse si trovino in questo paese.
Il tasso di mortalità infantile è pari all’11% ed è spesso causato da infezioni dovute alla mancanza d’acqua potabile.
I numeri che si riflettono sull’indice di sviluppo umano, collocano il Mali al 174esimo posto su 177 stati.
Il progetto è stato realizzato grazie al sostegno di Alì 2000 Onlus, un'associazione no-profit che sviluppa l’accesso all’acqua nei villaggi dell’Africa Occidentale e in particolare in Mali.
Dal 2000 a oggi questa associazione ha realizzato circa 35 pozzi a grande diametro nell’area di Bandiagara al confine con il Burkina Faso.
Questa foto (e le due seguenti e comunque quelle della mostra) fanno parte di un progetto, sotto la mia direzione artistica, dove bambini dei villaggi di Niongonò, Bolimbà e Pah (Pays Dogon – Repubblica del Mali) si sono ritratti con delle fotocamere Fuji Instax (tipo Polaroid) e hanno fotografato liberamente il loro ambiente con delle piccole fotocamere usa e getta.
Visita guidata della mostra con l’autore Sabato 19 Ottobre, ore 15.00.
Foto: © Foto di Elena Givone - Ali’ 2000
Missiri Traorè ha rittratto questa studentessa a Pais Dogon nel Mali.
Foto: © Foto di Elena Givone - Ali’ 2000
Un Baobab del Mali.
Foto: © Foto di Elena Givone - Ali’ 2000
Il reportage di Liz Hingley sulla famiglia Jones, due genitori e sette figli, ha vinto il World Report Award 2013 per aver saputo raccontare il disagio attraverso una scelta stilistica originale.
L’autrice si sofferma su una situazione di vita familiare restituendone un quadro completo, dettagliato e intimo, con immagini “delicate” ma al contempo fortemente documentative, per una tematica importante, necessaria e attuale.
Di notevole forza espressiva e funzionale è l’uso di un cromatismo attento e coinvolgente che diventa, insieme a una composizione evocativa e “sottile”, la cifra stilistica del reportage.
Visita guidata della mostra con l’autore Sabato 19 Ottobre, ore 16.00.
Collegio San Francesco – via San Francesco, 21.
Foto: © Foto di Liz Hingley
La famiglia Jones vive in un quadrilocale nella città industriale di Wolverhampton, nel Regno Unito. Questa è la prima casa in cui la famiglia può vivere da tre generazioni; la madre e il padre sono cresciuti in caravan, così come lo sono stati i loro genitori. La casa è molto preziosa per questa famiglia e racchiude molti ricordi, al punto che, nonostante sia troppo piccola per loro, essi si rifiutano di trasferirsi in spazi più ampi.
Foto: © Foto di Liz Hingley
Liz Hingley ha seguito la famiglia Jones dal 2010 al 2012.
Foto: © Foto di Liz Hingley
Portraits of a Land è un progetto fotografico, pubblicato da Around Gallery, che si pone a metà strada tra il viaggio di formazione e la ricerca giornalistica proponendo una riflessione sulla semplificazione e distorsione iconografica talvolta messa in atto dal mondo dell’informazione nella diffusione delle notizie.
Il soggetto è lo Stato d’Israele, forse il campo più caldo al mondo: un Paese conteso, multietnico e al centro di controverse dinamiche politiche, tanto interne quanto internazionali.
Booksigning e presentazione del libro Domenica 20 Ottobre ore 16.00.
Foto: © Foto di Milo Sciaky
Milo Sciaky è nato nel 1983 a Milano.
Foto: © Foto di Milo Sciaky
Milo Sciaky ha voluto proporre allo spettatore un viaggio visivo, organizzato in un contemplativo susseguirsi di paesaggi e vedute,.
Foto: © Foto di Milo Sciaky
L’11 marzo 2011, alle ore 14.45, uno dei più violenti terremoti e Tsunami di sempre ha colpito il Giappone e l’impianto nucleare di Fukushima Daiichi danneggiando i suoi sistemi di sicurezza e di raffreddamento. In pochi giorni il “core” dei reattori numero 1, 2, 3 ha iniziato a fondersi con il rilascio nell’aria e nell’oceano di massicce quantità di radionuclidi radioattivi.
Il governo giapponese ha creato un’area di evacuazione di 20 km di diametro intorno alla centrale nucleare di Fukushima Daiichi. Dal 20 aprile il governo giapponese ha vietato l’ingresso nella zona di esclusione a chiunque, specialmente a giornalisti e fotografi. Ma… dai primi giorni di luglio 2011 fino ad oggi Pierpaolo Mittica è entrato nella “No-Go Zone” diverse volte per documentare la situazione. La mostra racconta quello che ha visto.
Visita guidata della mostra con l’autore Venerdì 18 Ottobre, ore 17.00.
Nella foto, Makomi Tsuruta in cerca di animali abbandonati, Odaka, Fukushima No-Go Zone, Giappone, Luglio 2011
Foto: © Foto di Pierpaolo Mittica
Residenti che rientrato alle loro case per riprende i propri effetti personali. Tomioka, Fukushima No-Go Zone, Giappone, Luglio 2011
Foto: © Foto di Pierpaolo Mittica
Il signor Matsumoto mentre prega sulla tomba di famiglia all’interno della zona di esclusione, Futaba, Fukushima No-Go Zone, Giappone, Luglio 2011
Foto: © Foto di Pierpaolo Mittica
“Fever” è il primo grande capitolo di una ricerca più ampia che il suo autore, Paolo Marchetti, sta affrontando negli ultimi anni: cercare di approfondire il sentimento primordiale che sta caratterizzando sempre più i nostri tempi, la rabbia.
La mostra può essere visitata con l’autore Domenica 20 Ottobre, ore 11.00.
Nella foto, membri di uno storico gruppo Skinhead italiano, qui durante l'Hawaian party, una festa annuale organizzata in spiaggia (sulle coste laziali) dove gli invitati devono indossare camice Hawaiane. Giugno 2010.
Foto: © Foto di Paolo Marchetti
Giovani appartenenti alla fazione di "Forza Nuova" qui durante un concerto nazi-rock. Perugia, gennaio 2010.
Foto: © Foto di Paolo Marchetti
Il garage privato di un esponente storico di estrema destra, in Italia. Qui vengono organizzati corsi di autodifesa e tecniche di combattimento con gli amici camerati. Roma, maggio 2010.
Foto: © Foto di Paolo Marchetti
La mostra "Condemned – salute mentale nei paesi Africani in crisi" di Robin Hammond racconta la discriminazione e l'abbandono che subiscono le persone con disturbi mentali in Africa.
Nella foto, uomini e donne con gravi problemi mentali vengono incatenati e rinchiusi nella prigione di Juba Central per anni e anni. La nuova nazione del Sudan del Sud affronta un tremendo sfida: costruite un paese moderno, capace di prendersi cura dei suoi cittadini.
Foto: © Foto di Robin Hammond
Molti Somali portano i malati mentali della loro famiglia da curatori tradizionali o da curatori coranici.
Foto: © Foto di Robin Hammond
Questo quattordicenne è stato tenuto legato per sei anni. Sua madre si rifiuta di mandarlo all’ospedale di Gulu che è a soli due chilometri di distanza.
Foto: © Foto di Robin Hammond
La mostra, frutto dell’unione di due distinti lavori, si propone di mostrarci come Trieste, terreno in cui si sono svolte le principali battaglie di Franco Basaglia, abbia ancora oggi mantenuto una sorta di familiarità con la follia. Non a caso un detto popolare recita “Ogni bar ga il proprio matto…”. Certo, la frase non sottende necessariamente una conclamata malattia mentale, ma a volte, sfumando i confini delle definizioni, si riferisce al discostarsi di alcuni da consolidate norme di comportamento.
Visita guidata della mostra con l’autore Domenica 20 Ottobre, ore 10.00.
Convivio artistico F. De Lemene – Via San Giacomo, 27.
Nella foto un ritratto di Paolo che di sé racconta: “Vivo a Trieste. Son solo, vedovo. Vengo in questo bar perché il proprietario è molto cordiale, mi chiede come sto, come va la mia salute e tutto questo mi fa molto piacere…” “Non vengo seguito da nessun Centro o perché non mi capiscono o non prendono il mio caso con la dovuta serietà… e quindi me la cavo in gran parte da solo… Passo le mie giornate molto lunghe da solo…”
Foto: © Foto di Carlo Gianferro
Dal 1985 sono in cura. Ho avuto un grave incidente stradale il 19 settembre 1979… Frattura esposta tibia e perone, doppio trauma cranico, due operazioni… Quando ho battuto la testa sull’asfalto, si è mezzo scassato il cervello… Prima stavo bene. L’incidente stradale catastrofico mi ha rovinato… Ero trasportato su una Vespa 125 primavera e ci siamo scontrati in Piazza Venezia con una Citroen di un fiorentino… Tutto è cambiato quel giorno…
Foto: © Foto di Carlo Gianferro
Donatella e Gabriele ai moli di Trieste. In lontananza si intravede il vecchio porto in disuso.
Foto: © Foto di Carlo Gianferro